Elogio dei governi di coalizione

17 Marzo 2018

Domenico Gallo Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Dopo il 4 marzo sono cominciati i giri di valzer per la formazione di un nuovo governo, ma gli attori politici protagonisti della scena sembrano ispirarsi al titolo di un famoso film di Bernardo Bertolucci: io ballo da sola. In realtà le elezioni hanno suggellato il trionfo di due soggetti politici, la Lega, (all’interno del blocco di centro- destra) ed il Movimento 5 Stelle ed il tonfo del terzo soggetto, il PD. Entrambi i soggetti politici usciti rafforzati dalle urne rivendicano per sé, in contrapposizione fra di loro, il ruolo di governo.

Pur non avendo la maggioranza dei seggi, mentre il terzo soggetto, stizzito per l’insuccesso rifiuta (per ora) di partecipare al ballo. Tutti si dolgono della legge elettorale di impianto semi proporzionale ed auspicano che le prossime leggi elettorali contengano dei trucchi capaci di assicurare ad una minoranza più fortunata la maggioranza dei seggi in Parlamento. In realtà il rosatellum conteneva un trucco concepito allo scopo di danneggiare il Movimento 5 Stelle e assicurare un vantaggio al centro-destra.

Il trucco consisteva nella possibilità di far convergere sui candidati dei collegi uninominali, eletti col maggioritario, i voti di più liste alleate in coalizioni farlocche. A bocce ferme questo sistema metteva in difficoltà i soggetti non coalizzabili e quindi avrebbe dovuto garantire al centrodestra di conquistare la stragrande maggioranza dei collegi uninominali, così agevolando la possibilità di ottenere la maggioranza dei seggi in entrambe le Camere. E tuttavia, come spesso accade, gli architetti delle riforme elettorali, alla prova dei fatti hanno ottenuto risultati differenti da quanto immaginato.

Il tonfo del PD ha impedito al centro-destra di fare il pieno nei collegi uninominali ed ha consentito al Movimento 5S di sottrarre alla destra i collegi del Sud e delle isole. A conti fatti, la trasformazione dei voti in seggi è stata più proporzionale di quanto ci si potesse aspettare, con la conseguenza che nessuno degli attori politici più forti ha ottenuto la maggioranza dei seggi. Per l’effetto ci troviamo in un sistema sostanzialmente proporzionale in cui la composizione delle Assemblee parlamentari rispecchia grossomodo gli orientamenti presenti nel corpo elettorale.

Il problema è che i giocatori istituzionali, imbevuti della cultura del maggioritario, pretendono che chi si rappresenta come più forte debba schiacciare gli altri competitori, concentrare tutti i poteri nelle sue mani e governare da solo, senza mediazioni o compromessi. In questa visione il Parlamento non è il luogo del confronto democratico, della mediazione e della sintesi fra le diverse proposte o esigenze politiche, ma il luogo dove una maggioranza blindata esegue la volontà del governante, mentre le minoranze non giocano alcun ruolo.

Alla luce di questo scenario politico si può comprendere l’importanza della battaglia vittoriosa che minoranze illuminate hanno condotto prima contro il porcellum e poi contro l’italicum e la riforma della Costituzione. Se si fosse votato con l’italicum oggi un solo partito avrebbe avuto nelle mani la guida del Governo, il controllo della maggioranza parlamentare, la possibilità di eleggere il Presidente della Repubblica, di condizionare la Corte costituzionale e di cambiare le regole della Costituzione.

Per fortuna ciò non è possibile. Grazie al fallimento delle riforme istituzionali, gli aspiranti autocrati dovranno mordere il freno, accettare che si formino governi di coalizione, mediare fra i diversi interessi in gioco per ottenere il consenso del Parlamento. I governi di coalizione sono più rassicuranti dal punto di vista democratico. Sono più torpidi, lenti, non c’è dubbio, ma rischiano anche meno di schiantarsi. E soprattutto danno maggiori garanzie di pluralismo e di rispetto delle regole costituzionali.

Corriereirpinia.it

Magistrato, giudice della Corte di Cassazione. Eletto senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell’arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare del conflitto nella ex Jugoslavia.

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