Quello che non era riuscito al governo Berlusconi è riuscito al governo Gentiloni-Renzi: una stretta sulle intercettazioni con una legge, a firma del ministro della Giustizia Andrea Orlando, su ampia delega parlamentare, piena di “contorsionismi” giuridici. E, infatti, il più contento è Angelino Alfano, oggi ministro degli Esteri del governo di centrosinistra e in passato ministro della Giustizia del centrodestra, alfiere di Silvio Berlusconi: “Ci sono voluti molti anni, ma alla fine la riforma delle intercettazioni sarà legge. La tenacia e il buonsenso hanno vinto”.
Il presidente dell’ Anm, il sindacato dei magistrati, Eugenio Albamonte parla di “sforzo apprezzabile. È stato centrato l’ obiettivo di piena tutela della privacy” ma dissente sulle modalità di uso del troyan, il captatore informatico: “Si tratta di un arretramento che non risponde allo spirito della giurisprudenza. Non si è compreso che questo strumento tecnico serve a mettere al passo coi tempi le capacità investigative”.
Secondo la nuova norma si può usare per reati di mafia e terrorismo ma per la corruzione ci sono dei paletti, gli stessi previsti per le ambientali: vietato attivarlo in un domicilio, tranne se è in corso un’ attività criminosa.
Questa legge preoccupa tutti i protagonisti principali: i pubblici ministeri e i giudici per le indagini preliminari, ad alto rischio condanna disciplinare perché devono riportare nei loro provvedimenti intercettazioni “essenziali” e gli avvocati difensori che in pochi giorni devono conoscere il materiale accusatorio e fare le loro valutazioni. Devono pure immergersi in un archivio segreto sotto la responsabilità del pm. Quanto ai giornalisti, non potranno conoscere, come avviene già adesso, le intercettazioni di fatti strettamente privati ma neppure quelle irrilevanti penalmente ma di interesse pubblico.
“L’approvazione delle nuove norme – dicono il segretario generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti -, non potrà mai far venir meno il diritto-dovere del giornalista di pubblicare qualsiasi notizia, anche coperta da segreto, che abbia rilevanza per l’ opinione pubblica e che implichi l’ interesse dei cittadini a esserne messi a conoscenza, così come ha più volte ribadito la Corte europea dei diritti dell’ uomo”.
E il sindacato dei giornalisti attacca: “Il giro di vite sulle intercettazioni non è stato però accompagnato da alcuna norma per tutelare i cronisti minacciati e scoraggiare l’ uso e l’ abuso delle cosiddette querele bavaglio”.
Il confronto di Orlando con l’ Anm, ha portato soltanto a far cancellare il divieto di riportare le intercettazioni nei provvedimenti se non per riassunto ma ora si stabilisce che pm e gip possono riportarle solo “quando è necessario” e solo “i brani essenziali”. Ma inserire per legge il concetto di essenziale, di necessario, ragionano diversi pm, può produrre ricorsi a pioggia perché sono concetti opinabili.
Sarà la polizia giudiziaria, senza il controllo del pm, a dover fare una prima scrematura delle intercettazioni, trascrivendo solo quelle che ritiene rilevanti, delle altre “irrilevanti ai fini delle indagini, sia per l’ oggetto che per i soggetti coinvolti, nonché di quelle, parimenti non rilevanti, che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge” la polizia giudiziaria dovrà segnare “solo data e ora e il dispositivo su cui è avvenuta la registrazione”. Il pm “con decreto motivato”, però, può ordinare la trascrizione solo “quando ne valuta la rilevanza per i fatti oggetto di prova”. Non potrà essere trascritta “neanche sommariamente” neppure la conversazione tra imputato e difensore.
Tutte le intercettazioni ritenute irrilevanti saranno custodite dal pm in un archivio e resteranno coperte da segreto anche se gli avvocati potranno ascoltarle ma non riprodurle.
Alla fine delle intercettazioni, entro 5 giorni, il pm dovrà elencare le registrazioni che ritiene “rilevanti ai fini di prova”, può ritardare “se c’ è un grave pregiudizio per le indagini” e se ha l’ ok del gip, gli avvocati potranno acquisire le intercettazioni “su supporto informatico”.
Il Fatto Quotidiano, 3 novembre 2017