Caro direttore, le Ong sono presenti nel nostro Paese da decenni, hanno vinto premi Nobel e godono del supporto attivo di milioni di persone in Italia e nel mondo. Difendono i diritti dei cittadini, proteggono le persone vulnerabili, assistono le vittime di guerre e disastri, lottano contro la povertà e l’ esclusione sociale. Sono un patrimonio della nostra società di cui essere fieri. Un Paese davvero democratico dovrebbe valorizzare e sostenere queste organizzazioni, che in molti casi si fanno anche carico di attività che dovrebbero essere svolte dagli Stati, sostituendoli laddove non sono in grado (o non vogliono) difendere, proteggere, assistere chi ne ha bisogno.
Nelle democrazie compiute dovrebbe essere lo Stato a garantire i diritti fondamentali delle persone, la sicurezza, il welfare, l’ informazione libera e trasparente. Non sempre accade. Le organizzazioni umanitarie, nello specifico – soggetti neutrali e imparziali – operano in base a rigorose norme concordate sul piano globale (in particolare, il Codice della Federazione internazionale della Croce Rossa) che sono state avallate dagli Stati sottoscrivendo convenzioni internazionali vincolanti in materia di diritti umani e diritto umanitario, riconosciute in sede di Nazioni Unite, riprese dall’ Unione Europea e nelle leggi nazionali.
Questi reciproci impegni sono la garanzia di un aiuto umanitario efficace e imparziale, e per questo utile non solo ad alleviare le sofferenze di tante donne e uomini, ma anche a limitare i danni delle crisi umanitarie.
Oggi, lo Stato italiano chiede a queste organizzazioni di disattendere alle norme che esso stesso ha sottoscritto in sede internazionale. Con l’ unico effetto di comprometterne la credibilità, pregiudicare la loro possibilità di fornire aiuti in contesti difficili, e renderne difficile o impossibile l’ azione dove è più necessaria per il bene di tutti.
Crediamo sia doveroso chiedere allo Stato di rispettare le regole internazionali che ha sottoscritto nell’ interesse di tutti. Le Ong che svolgono questo ruolo senza esitazioni sono un patrimonio della nostra società e vanno sostenute anche quando quello che dicono risulta scomodo. È necessario se vogliamo, da cittadini attivi, vivere una democrazia compiuta e non sbeffeggiata; se vogliamo costruire una società capace di rispondere alle grandi e drammatiche sfide del mondo moderno e di trasformarle in opportunità per crescere e svilupparci. A partire da coloro che dipendono dal nostro aiuto per sopravvivere e trovare la loro dignità. Se oggi la società civile «che aiuta e protegge» viene criminalizzata e intimidita si finisce con il produrre un danno grave per tutti. Un’ irresponsabile campagna di ostilità, opportunisticamente alimentata da tanti esponenti politici e opinionisti, dovrebbe trovare nelle istituzioni una ferma opposizione, non un inaccettabile avallo.
Inoltre, una cultura di governo che non distingue o non accetta nel cosiddetto «terzo settore» quei soggetti civici che vanno oltre la mera sostituzione dello Stato nella fornitura di servizi al welfare, difendendo la propria indipendenza sempre e comunque, è una cultura pericolosa per la qualità della democrazia. Lo osserviamo in decine di Paesi del mondo e contiamo che questo principio non prevalga nella nostra Italia.
(*) Marco De Ponte ActionAid Gianni Rufini Amnesty International Alessandro Bertani Emergency Gabriele Eminente Medici Senza Frontiere Roberto Barbieri Oxfam Italia.
il Corriere della sera, 11 agosto 2017