Negli ultimi vent’anni un incessante susseguirsi di ministri dell’Istruzione, ciascuno con la sua “epocale” riforma da proporre e imporre, ha ridotto la scuola in condizioni tali che insegnanti e studenti vivono perennemente sull’orlo di una crisi di nervi.
Per questo motivo osiamo ricordare all’attuale responsabile del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli, che da femminista storica si offende se un povero cronista la chiama “ministro” invece che “ministra”, quanto scrisse alla vigilia della seconda guerra mondiale Virginia Woolf, sperando possa far capire come solo un modo diverso di formare uomini e –finalmente- donne, avrebbe potuto favorire un mondo libero da violenze e orrori.
Poiché il testo è vecchio, addirittura del 1938, consigliamo alla ministra di tenerne all’oscuro l’amato leader Matteo Renzi, come sappiamo esclusivamente volto al futuro e per questo forse volutamente ignorante del passato.
“Analizziamo il più brevemente possibile il tipo di istruzione che occorre. Dato che …la vecchia istruzione impartita nei colleges non genera particolare rispetto per la libertà, né particolare odio per la guerra, è chiaro che il (Suo) college va ricostruito su basi diverse. E’ un college giovane e povero, che tragga dunque vantaggio da queste qualità e sia fondato sulla povertà e sulla gioventù. Di conseguenza dovrà essere un college sperimentale, un college avventuroso. Diverso da tutti. Dovrà essere costruito non di pietra scolpita e di vetri istoriati, bensì di materiale economico, infiammabile, che non sia ricettacolo di polvere e culla di tradizioni. Non metteteci cappelle. Non metteteci musei e biblioteche con libri alla catena e prime edizioni in bacheche di vetro. Che libri e quadri siano nuovi e sempre diversi. Che sia affrescato di bel nuovo dalle nuove generazioni, con le loro stesse mani; con poca spesa. Il lavoro dei vivi costa poco; spesso essi non chiedono altro in cambio di poterlo fare. E poi, cosa si dovrà insegnare nel college nuovo, nel college povero? Certo non l’arte di dominare sugli altri; non l’arte di governare, di uccidere, di accumulare terra e capitale. Queste arti richiedono spese generali troppo elevate: stipendi, uniformi, cerimonie. Nel college povero si dovranno insegnare solo le arti che si possono insegnare con poca spesa, e che possono essere esercitate da gente povera: la medicina, la matematica, la musica, la pittura, la letteratura. E l’arte dei rapporti umani; l’arte di comprendere la vita e la mente degli altri, insieme alle arti minori che le completano: l’arte di conversare, di vestire, di cucinare. Lo scopo del nuovo college, del college povero, dovrebbe essere di non segregare e di specializzare, ma di integrare. Dovrà inventare dei modi per far lavorare insieme la mente e il corpo; scoprire da quali nuove combinazioni possono nascere unità che rendono buona la vita umana. E gli insegnanti dovranno essere scelti tra coloro che sono bravi a vivere oltre che a pensare. ….Se il college fosse povero non avrebbe nulla da offrire, la competitività sarebbe abolita. La vita sarebbe libera e facile. Coloro che amano imparare sarebbero contenti di venirci. Musicisti, pittori, scultori,…verrebbero a insegnare nel college perché vi troverebbero una società libera; una società che non è impacchettata in tristi ordini di ricchi e poveri, di intelligenti e stupidi, ma dove tutti i diversi gradi e tipi di valore della mente del corpo e dell’anima possono esprimersi ed integrarsi. Fondiamolo quindi questo college nuovo, questo college povero, dove si impara perché è bello imparare, dove l’esibizionismo è abolito…” (Virginia Wolf, Le tre ghinee, 1938).
Phenomenology Lab, 7 luglio 2017
(*) Carla Poncina, socia di LeG, è direttrice dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età contemporanea di Vicenza.