Errani: «Renzi dialoghi con chi dice No. Pronto a dare un contributo»

18 Agosto 2016

L’ex presidente della Regione Emilia Romagna, dopo l’assoluzione, pronto a tornare in campo: «Dire che l’Italicum non c’entra niente con la riforma non convince. Alle feste sento disagio»

Vasco Errani, è tornato in campo?
«Tre processi per falso ideologico. È stata una sofferenza vera, ma sono sereno e contento della piena assoluzione e non rimpiango di aver lasciato la presidenza dell’Emilia-Romagna».

Renzi ricorda alla minoranza che il congresso è una volta ogni quattro anni.
«Io mi chiedo, non basta il risultato elettorale? Non è chiaro che, al di là delle cose buone fatte, non siamo riusciti ad affrontare la questione sociale che rischia di produrre uno sbocco populista?».

È un cavallo di battaglia di Bersani e Speranza…
«Affrontare questi nodi non significa dare ragione a questa o a quella parte, ma porsi il problema dell’Italia per come è fuori dalla narrazione. Il Pd è nato per cambiare le cose ed è una sfida che riguarda tutti. “Non cambio nulla” non dovrebbe essere nel nostro vocabolario. Esiste una destra profonda e se la vogliamo contrastare dobbiamo avere una sinistra che si dà un progetto di cambiamento radicale».

Le sue priorità per la legge di Stabilità?
«Alcuni interventi pluriennali che possono aprire una fase nuova. Nel Jobs act ci sono cose buone, ma potremo fare un bilancio dopo i tre anni, senza pregiudiziali. Sui voucher bisogna intervenire perché profilano una dimensione di subalternità nel lavoro. È in corso una nuova rivoluzione industriale, industria 4.0 che rischia di ridurre i posti di lavoro. Servono nuove relazioni e una politica industriale che promuova investimenti e nuove filiere, superi gli incentivi a pioggia e premi chi investe».

Il governo ha aperto un tavolo sulle pensioni.
«Bene, ma sono sette anni che non ci sono i contratti per la sanità e per la Pubblica amministrazione, bisogna farli. È fondamentale rilanciare il welfare andando oltre i bonus e sostenere il credito alle piccole imprese. La sanità? Gli italiani spendono più di 30 miliardi nel privato e tanti nemmeno si curano più. Il welfare universalistico è un tratto identitario del Pd, che ci differenzia dalla destra».

Come vede il referendum?
«Prendo atto dell’autocritica di Renzi. Anche se c’è chi gli ha detto, prima delle elezioni, che personalizzare era un errore. Ascoltarsi è importante e uno contro tutti è sbagliato, tanto più sulla Costituzione».

Anche lei invoca legittimazione per il No?
«Bisogna svelenire il confronto, dialogare anche con le ragioni del No e fare la legge su come si eleggono i consiglieri regionali. Lasciamo stare l’Anpi e evitiamo che la guerra delle dichiarazioni produca una rottura profonda. Se una parte del Pd pone un problema non è per mettere i bastoni fra le ruote. Io giro per le feste e sento anche disagio e posizioni verso il No, liquidarle come una bega interna è ingiusto e pericoloso. Noi, il Pd, dobbiamo dare risposte».

Se l’Italicum non cambia anche lei voterà No?
«C’è un problema di equilibrio del sistema e non è una novità, Speranza si è dimesso per coerenza. Dire che l’Italicum non c’entra con la riforma è una risposta non convincente. Andare dritti a prescindere, come direbbe Totò, ci farà del male e non potrà essere una sorpresa se ciascuno si sentirà libero di fare le proprie scelte. Il problema non può essere affrontato come una concessione o uno scambio. C’è tempo, ma occorre un’iniziativa vera».

Renzi vi accusa di alzare il prezzo, lui invece è «immune dalla sindrome Bertinotti».
«L’escamotage polemico e le battute non mi toccano. Renzi è il segretario, io lo riconosco. Ma sta a lui per primo tenere insieme la comunità».

Userete la Costituzione per tentare la spallata?
«No. Io parlo con Renzi. Dal leader mi aspetto che abbandoni il terreno dello scontro personale e valorizzi anche le ragioni di chi la pensa diversamente. Basta con i gufi, usciamo dall’ornitologia. Noi dobbiamo cambiare il Paese, andare oltre Tomasi di Lampedusa. Spero che ciascuno di noi pensi che ci sia bisogno dell’intelligenza di tutti».

Con Bersani e compagni sognate di rifare l’Ulivo?
«Tanti auguri a Prodi che ha compiuto gli anni. L’Ulivo è l’idea più avanzata degli ultimi 25 anni. Dico a Renzi, se discutiamo rispettandoci possiamo fare un passo in avanti. Non provarci sarebbe incomprensibile. C’è in gioco l’Italia».

La preoccupa lo stato di salute del Pd?
«Non può essere percepito come un comitato elettorale. Bisogna ricostruirlo, a partire dal territorio. Lavoriamo per rendere evidente che ci siamo perché ci occupiamo dei problemi reali delle persone».

Renzi la vuole al governo?
«Per me la politica viene prima di tutto. Poi sono pronto a dare il mio contributo, ma è una cosa che viene dopo e lo dico con una coerenza che credo di aver dimostrato».

Speranza sarà il candidato per la segreteria? O davvero pensate a Bianca Berlinguer?
«La leadership di quest’area per il congresso costruiamola insieme, partendo da un impianto politico che unisce».

Il logo della Festa dell’Unità è un volantino per il Sì…
«La Festa dell’Unità è il luogo del confronto. Quando ero ragazzo, la cosa fondamentale era abbattere i muri»
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Corriere.it, 11 Agosto 2016

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