Buttare l’Italicum e gli opportunismi

29 Giugno 2016

Domenica 19 giugno le candidate e i candidati del Movimento 5 Stelle sono arrivati al ballottaggio in 20 Comuni e ne hanno vinti 19. Subito dopo sono ricominciate le richieste da più parti di ritoccare la legge elettorale nazionale detta Italicum per impedire l’ eventualità che il ballottaggio per la conquista del governo nazionale avvenga fra il M5S e Pd. Renzi si è affrettato a rispondere che non sono previste modifiche. Si vedrà.

Comunque, il principale problema dell’Italicum è che è una legge elettorale fatta su misura del Pd di maggio (2014, quando nelle elezioni europee il partito superò il 40% dei voti) con il consenso di Berlusconi, allora convinto che sarebbe stato il suo centrodestra ad arrivare al ballottaggio, e di Alfano, che chiese e ottenne una clausola di accesso al Parlamento non più alta del 3% (come in Spagna, circa 15 milioni di elettori meno dell’ Italia, e non 4 come in Svezia: meno di 10 milioni di elettori).

Tanto Berlusconi quanto Alfano vollero la possibilità di candidature multiple (non più in tutte le circoscrizioni, ma “solo” in dieci) e parlamentari nominati (adesso capilista bloccati in tutte le circoscrizioni) cosicché l’ Italicum che, persino secondo Napolitano, dovrà essere sottoposto alle “opportune verifiche di costituzionalità”, assomiglia molto al Porcellum, smantellato dalla Corte Costituzionale. In buona sostanza, l’ Italicum è un porcellinum, con le preferenze e con il ballottaggio che deve avvenire, a causa dell’ ossessione anti-coalizioni di un capo di governo che vuole essere l’ uomo unico al comando, fra i due partiti o le due liste più votate, a meno che un partito o una lista ottenga al primo turno il 40% dei voti più uno.

Già alcuni renziani si affrettano a sostenere che la lista può anche essere composta da più partiti, ma questo sarebbe uno stravolgimento dello spirito della loro legge (e delle intenzioni personalistiche di Renzi) nonché una molto dubbia, forse improponibile, interpretazione della lettera.

Queste sembrano e, sostanzialmente, sono quisquilie e pinzillacchere. Né le leggi elettorali né i ritocchi cosmetici alle leggi esistenti debbono essere fatti con riferimento ai desideri e alle preferenze dei partiti e dei loro dirigenti. L’ Italicum è una legge di parte che non può essere modificata per convenienze di parte, ma che deve essere cestinata. Punto e a capo.

Nel frattempo, pendono anche alcuni ricorsi alla Corte costituzionale su diverse clausole della legge.

Il criterio con il quale valutare qualsiasi legge elettorale non è mai il tornaconto dei partiti esistenti, ma il potere degli elettori. L’ Italicum migliora il Porcellum grazie sia al ballottaggio sia alla possibilità di esprimere uno o due voti di preferenza, ma, a causa dei capilista bloccati e come conseguenza dell’ ingente premio in seggi consegnato a un partito/lista che ottenga anche soltanto poco meno o poco più del 30% al primo turno (quindi, quasi raddoppiandone la rappresentanza parlamentare), rimane molto al di sotto quanto a potere degli elettori tanto del sistema maggioritario francese quanto del sistema proporzionale personalizzato tedesco.

Nel maggioritario francese a doppio turno (non ballottaggio poiché al secondo turno possono esserci tre, se non quattro candidati) in collegi uninominali, gli elettori hanno il potere di eleggere il candidato preferito oppure, quanto meno, di sconfiggere il candidato più sgradito. E i partiti ottengono importanti indicazioni anche per la formazione delle coalizioni di governo. Nella rappresentanza proporzionale personalizzata tedesca, gli elettori hanno due voti sulla stessa scheda: uno per il candidato nel collegio uninominale, uno per il partito. Con il primo voto eleggono il loro rappresentante, con il secondo voto contribuiscono a determinare il bottino complessivo dei parlamentari del partito preferito purché abbia superato la soglia del 5% (la Germania ha circa 60 milioni di elettori).

Cestinato il sostanzialmente irriformabile Italicum è fra questi due ottimi sistemi elettorali che bisognerebbe scegliere, eventualmente introducendo correttivi giustificabili non come contentino ai dirigenti di partito, ma come variazioni che migliorano la rappresentanza politica senza frammentare il sistema dei partiti. Se queste scelte alternative non fossero praticabili nell’ attuale Parlamento non resterebbe che un ritorno al Mattarellum, un sistema sostanzialmente conquistato nel 1993 attraverso un referendum popolare, “probabilmente” già sufficientemente noto all’ inquilino del Colle il quale potrebbe anche cominciare a fare sentire la sua voce, utilizzato con risultati soddisfacenti in tre elezioni generali: 1994, 1996, 2001.

Con l’eliminazione delle liste civetta e una migliore definizione del recupero proporzionale, il Mattarellum consente agli elettori di eleggere i rappresentanti che preferiscono e dà loro un doppio voto che conta e pesa. Il resto (della discussione fra opportunisti elettorali) è fuffa oppure truffa.

Il Fatto Quotidiano, 29 giugno 2016

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