Un’agenda per i diritti e le libertà

24 Maggio 2016

Quando il premier britannico Cameron ha detto che l’uscita del Regno Unito sarebbe l’inizio di una disgregazione dell’Unione Europea, che riproporrebbe il rischio di guerre europee, si può sperare che abbia esagerato il pericolo.

Ma è certo che egli si rifaceva a una storia di conflitti che il processo di unificazione europea ha chiuso, ormai da ininterrotti settant’anni. Un tempo di pace mai così lungo nella storia. Fin dall’inizio, alla fine degli Anni 40, i grandi che immaginarono il percorso avevano ben chiaro lo scopo di rendere impossibile la guerra in Europa, operando su due terreni. Il primo era quello dello sviluppo e dell’integrazione economica, il secondo quello di una «unione sempre più stretta» nella protezione dei diritti e delle libertà fondamentali. Quest’ultimo fu in verità il primo nel tempo, con la fondazione del Consiglio d’Europa e l’approvazione della Convenzione europea dei diritti umani. L’armonizzazione dei diversi sistemi statali nella difesa dei diritti fondamentali è indicata come scopo comune nei preamboli e nei testi di tutti i principali trattati su cui l’Unione Europea si fonda. Accanto al richiamo ai diritti e alle libertà, fin dall’inizio si affermò che era essenziale operare sul terreno della cultura comune. A insistere in tal senso fu in particolare lo spagnolo, oppositore del franchismo, Salvador de Madariaga, che già nel 1948, nel congresso da cui nacque il Consiglio d’Europa, sostenne che le istituzioni europee non avrebbero vissuto se non avessero potuto contare su un coerente tessuto culturale europeo. Ne nacque il Collegio d’Europa di Bruges e poi lo straordinario programma Erasmus, che ha mosso e fatto studiare in Europa migliaia di giovani. Ora assistiamo al risorgere di nazionalismi che si credevano scomparsi, che rivendicano talora immaginarie identità esclusive e pretendono sempre più ampi margini di discrezionalità, per differenziarsi anche nel campo dei diritti fondamentali. Ma la realtà europea fatta di scambi personali e culturali, stili di vita che consentono di sentirsi a casa anche fuori del Paese di origine, si può credere che sopravvivrebbe persino alla definitiva crisi delle istituzioni europee.

È così che ha senso la doppia cittadinanza riconosciuta a noi europei, quella dello Stato di origine e quella dell’Unione Europea. Ma va meglio sviluppata una comune visione dei diritti e delle libertà fondamentali, nella nozione che storicamente è nata in Europa. Una più profonda armonizzazione nel campo dei diritti e delle libertà individuali renderebbe concreto e ricco di significato il fatto legale e fisico dell’abolizione delle frontiere interne. Tanto da rendere impraticabile e intollerabile l’idea che possano essere ricostituite. Ma occorre che i diversi livelli e modi di protezione dei diritti in Europa non producano differenze tanto profonde da spingere a cercare altrove la tutela che la legislazione del proprio Paese non assicura. E’ ciò che è avvenuto fin quando l’Italia negava ogni riconoscimento alle coppie omosessuali; matrimoni ammessi in altri Stati europei e figli conseguenti dovevano poi, con difficoltà e polemiche, essere in qualche modo riconosciuti. Il libero movimento delle persone e il diritto di stabilimento in ogni Stato dell’Unione impedivano una compartimentazione insensibile a realtà costituitesi altrove.

La recente legge sulle coppie omosessuali rappresenta un importante passo avanti, non solo per il riconoscimento di diritti a persone cui finora erano negati, ma anche per l’integrazione dell’Italia nel contesto europeo. Certo vi sono ancora questioni che non possono rimanere senza risposta, come quelle che attengono alla fine della vita. Ha senso che italiani debbano trasferirsi in altri Stati europei per veder riconosciuto il loro diritto all’autodeterminazione? Ora il tema sembra venga messo in discussione in Senato. Tema difficile, ma ineludibile. Vi sono anche altre questioni gravi da affrontare, ma intanto si sono fatti passi avanti.

È previsto un incontro di leader socialisti europei. Il governo italiano si appresta a presentare un documento diretto ad affrontare i problemi economici e quelli legati alle immigrazioni. La credibilità acquisita con la legge sulle coppie omosessuali e l’inizio della discussione di una legge su aspetti del fine vita, potrebbe consentire al governo di farsi promotore anche di una iniziativa, parallela all’altra, che, spingendo verso l’armonizzazione dei diritti e delle libertà individuali in Europa, renda irreversibile la realtà dell’idea d’Europa, sul piano decisivo della vita degli europei.

La Stampa, 22 maggio 2016

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