IL SILENZIO DELLA RAGIONE

IL SILENZIO DELLA RAGIONE

Le istituzioni che rendono civile la nostra convivenza – come l’imperio della legge,  la democrazia, la libertà di dissentire – hanno due modi principali di perire. Uno drammatico, l’altro apatico. Uno violento, l’altro astenico. Sono brutalmente soppressi, o si svuotano di senso e di spirito. La seconda morte è più radicale, anche se non sparge sangue. La memoria del senso di un’istituzione violentemente soppressa si conserva, come l’anima che si è piegata al terrore conserva il senso degli ideali che ha tradito, nel dolore di averli traditi, nella speranza di un futuro riscatto. Ma se i vincoli del senso si sciolgono con la grammatica e la sintassi, la logica e l’etica, le norme e gli ideali, allora nessuna memoria può conservarsi di ciò che è svanito, perché non c’è memoria del nonsenso, e nulla da trasmettere al futuro, ai figli. Con la memoria si azzera la speranza.

E’ questa seconda, la via che sembra aver imboccato l’Italia, dove le leggi si adattano ai fatti, o si cambiano.  L’imbocca decisamente la riforma costituzionale di iniziativa governativa. E’ persino ottimistico leggere un coerente disegno autoritario dietro di essa. O una riduzione di democrazia imposta dall´imperialismo finanziario americano. Ma porta con sé pericoli ben peggiori di questi: l’analfabetismo costituzionale e l’analfabetismo tout court. Perché, come è stato da più parti osservato, non è basata su alcuna idea portante, è macchinosa, farraginosa, confusa, scritta male. Le sgrammaticature però corrompono il senso e la norma delle parole solo se senso e norma non vivono più in noi. Perché le parole allora sono già  solo suoni. Purtroppo sembra che proprio questo stia accadendo. C’è silenzio, o qualche lievissimo sussurro, intorno al potere degli analfabeti prepotenti. Nelle Università, sui grandi giornali, nei grandi media, e da parte della maggior parte di noi che con le parole lavoriamo.

C’è silenzio nel Paese come c’è stato silenzio a Milano – in questa città che con l’elezione dell’ultimo sindaco vantava l’ultimo episodio di partecipazione morale e civile vera dei cittadini alla speranza ideale,– che si distingue dagli affari propri come le democrazie vere si distinguono dai comitati d’affari. A Milano se ne è creato uno, gigantesco e carico di pendenze giudiziarie – Expo. Il responsabile di questo comitato, e colui che a nome del Comune dovrà chiedergli conto di spese e pendenze, rischiano di essere la stessa persona, se il primo sarà eletto sindaco di Milano. Ma di fronte a questo controsenso istituzionale, a questa sgrammaticatura così gigantesca nell’abc della separazione di pubblico e privato, che parlare di conflitto di interessi è ridicolmente insufficiente: quante voci si sono pubblicamente levate, a Milano? Forse due o tre?

Non ci sono acquisti di civiltà definitivi, che ci vengono dal passato e che il presente non può dissipare. Una democrazia si svuota del suo senso, venendo meno non solo i meccanismi della rappresentanza, ma la stessa capacità che una classe politica ha di rappresentare parti della cittadinanza. Una costituzione si svuota del suo senso, se non solo non viene applicata, ma viene costantemente violata. Il potere legittimo si svuota del suo senso se non serve più come mezzo di distribuzione dei diritti e doveri reciproci, che tengono a bada la nostra sempre latente ferinità. Un partito si svuota del suo senso di associazione di rappresentanza politica di valori e interessi, se agisce solo in vista della riproduzione di se stesso. Il linguaggio pubblico diventa una poltiglia di luoghi comuni e di menzogne, se riesce a farsi pubblico solo dove si uniforma alle logiche dell’appartenenza. Ma come può accadere questo?

Non potrebbe senza l’omertà delle nostre menti. Che non si oppongono, non perché prigioniere dell’ideologia né sottomesse al terrore, ma perché liberamente si sono scrollate di dosso la responsabilità di distinguere il vero dal falso, il giusto dall’ingiusto e l’ideale dal reale. Allora queste distinzioni si cancellano dal linguaggio stesso, e non solo è cancellato dalla memoria il passato, ma cancellata è la stessa distinzione fra opinione e verità. E questo processo di auto-disfacimento dell’autonomia di giudizio sembra ben più radicale e irreversibile della prigionia ideologica o politica: poiché decostruisce i vincoli di senso della libertà, cioè l’etica e la logica stesse.

E’ tempo di rendersene conto: niente altro che questo nostro silenzio è l’acido corrosivo che sta sciogliendo i vincoli della sintassi e della semantica, della logica e dell’etica, delle norme e del diritto – per non parlare degli ideali di libertà e giustizia. L’acido corrosivo della nostra accidia. Perché una democrazia non è semplicemente una forma di governo – è una civiltà fondata sull’esercizio della ragione di tutti. Fondata sulle nostre domande.

 

9 commenti

  • Mala tempora currunt! Anzi, continuano a correre!

    Roberto Benigni, splendido, e apparentemente convinto, declamatore televisivo della “Costituzione più bella del mondo”, afferma che voterà sì al ref., Claudio Magris che fa lo stesso dalla Gruber, Milano che lascia tramontare la bella giunta arancione tra gli affari poco chiari dell’EXPO nell’apatia e nell’indifferenza…

    E mi sale alla mente il magistrato Antonio Caponnetto: ” E’ finito tutto…”

    Ero convinto che il cambiamento sarebbe avvenuto per l’impegno della Cultura in uscita dai suoi luoghi canonici per difendere la qualità della democrazia, ma pare che mi debba rassegnare all’ineluttabile sua decadenza, assieme a quella economica e finanziaria.

    E’ finito tutto un’altra volta.

  • Analisi lucida e raggelante. Come dire che un popolo non è mai migliore di chi lo governa, quando non sa o non può distinguere, per limiti etici, morali e culturali, l’autonomia dall’eteronomia, quando non sa o non può esercitare lo spirito critico che eleva l’individuo al rango di cittadino.

  • Da Monticelli parla di accidia, e pour cause.

    In questi giorni assisto incredulo al fenomeno di masse decerebrate che, entusiaste, celebrano i loro circenses – il festival delle canzonette – , inconsapevoli di ciò che prepara loro il futuro.

    Non sarà un caso che ad altri – più colti, più attrezzati criticamente, quindi più capaci di distinguere il vero dal falso – è dato seguire i Promenade Concerts, il Festival di Salisburgo, quello di Bayreuth…

  • Le masse che seguono sanremo non mi impensieriscono quanto certi luminari del Diritto, i cui interventi e interviste appaiono su questo sito….che come nulla fosse li pubblica senza commentarli….in modo che i semplici cittadini siano consapevoli del fatto che strenui sostenitori del NO alla riforma siano in realta’ convinti che: in essa non vi e’ nulla di autoritario; le probabilita’ che venga fermata col referendum siano molto basse; sia giusto cmq combattere per poter dire di aver fatto la propria parte e in modo che un giorno lontano i figli ce lo possano riconoscere….
    Dopo queste belle sparate lette qui, io personalmente ho girato al largo da questo sito per molti giorni. Se nel frattempo qualcuno si e’ consolato con sanremo o con un barile di ruhm….non posso certo dargli torto o attribuire a lui la responsabilita’ del generale degrado: suppongo abbia almeno l’attenuante di non essere un ferrato costituzionalista impegnato sul fronte del NO.

  • Le masse che seguono sanremo non mi impensieriscono quanto certi luminari del Diritto, i cui interventi e interviste appaiono su questo sito….che come nulla fosse li pubblica senza commentarli….in modo che i semplici cittadini siano consapevoli del fatto che strenui sostenitori del NO alla riforma siano in realta’ convinti che: in essa non vi e’ nulla di autoritario; le probabilita’ che venga fermata col referendum siano molto basse; sia giusto cmq combattere per poter dire di aver fatto la propria parte e in modo che un giorno lontano i figli ce lo possano riconoscere….
    Dopo queste belle sparate lette qui, io personalmente ho girato al largo da questo sito per molti giorni. Se nel frattempo qualcuno si e’ consolato con sanremo o con un barile di ruhm….non posso certo dargli torto o attribuire a lui la responsabilita’ del generale degrado: suppongo abbia almeno l’attenuante di non essere un ferrato costituzionalista impegnato sul fronte del NO.

  • Trovo un certo imbarazzo nel vedere in azione dei depistatori professionali che, grazie alla “democrazia” del web diffondono disistima e disinformazione. Veri agitprop del renzismo, passano notti insonni a scrivere commenti a ruota libera, pur di distogliere dalla sostanza: stiamo assistendo alla costruzione del consenso con l’inganno mentre demoliscono la Costituzione e mandano a remengo l’economia.

  • Caro Ferretti
    Di per sé, il suo commento non è degno di essere a sua volta commentato -l’ignoranza che lo muove é lapalissiana. Eppure, mostra allo stesso tempo come il pensiero critico vada coltivato perché le sue risorse si stanno sempre più affievolendo – la sua strategia argomentativa, infatti, é puramente sofista: che senso ha, infatti, cercare di invalidare la linea di pensiero presentata in questo articolo facendo appello ad elementi che NULLA hanno a che vedere con quanto è stato scritto sopra? Le vorrei ricordare, quindi, che è proprio a pensatori come Kant e tanti altri che abbiamo a disposizione gli strumenti per scoprire le fallacie che così spesso si infiltrano nel nostro pensiero (volutamente o meno – e nel sul caso mi auguro proprio che si tratti della seconda opzione)
    Saluti

  • “Contiamoci… Ma certo l’immagine sul suo post vale molto più della nostra disperanza. E dà più senso alla parola”. Ricopio quanto vedo scritto al seguito del mio commento nell’ambito del post dell’8 febbraio ore 21.39 di Guido Cusano su Facebook. Come si fa? Qualche idea è sparsa nel mio blog che ho in cura da una decina d’anni, e qui desidero aggiungere qualche considerazione partendo dall’articolo href=”http://www.lsblog.it/index.php/interni/6352-sanremo-e-l-ideologia-dell-amore” title=”Sanremo e l’ideologia dell’amore”> di Paolo Bonetti, pubblicato sabato scorso. “Noi, più modestamente, potremmo affermare che il festival di Sanremo è il selfie d’Italia, il ritratto che gli italiani si fanno ogni anno accorrendo in massa davanti ai televisori, non tanto per ascoltare alcune canzoni … ma per contemplare se stessi, quello che festival dopo festival sono diventati, insomma per trovare la conferma televisiva al senso comune della nazione”. Ecco “Senso comune della nazione”! Ma quanti sono questi sensi comuni? Vogliamo farne l’elenco? Il calcio, l’Orologio marcatempo, il Fascismo, il Comunismo, il Concertone, la prima della Scala … Se io (è pleonastico, ma insisto sull’io) non mi riconosco tra i frequentatori del festival di San Remo, né tra quelli che timbrano il cartellino in mutande, come posso esser tra quelli del selfie di queste persone? Ma quante Nazioni ci sono in Italia? Renzo Arbore dice “più siamo, meglio stiamo” ma Pappagone diceva anche “Siamo vincoli o sparpagliati”. Più che alla Nazione, pensiamo al Popolo italiano, alla sua storia, alla cultura, alla lingua e alle sue tradizioni. Se lo vorrete vi dirò perché il tasto 1 del mio telecomando è rimasto collegato dalle 20.30 a oltre mezzanotte di ogni giorno da martedì a sabato scorsi su RAI 1.

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