La festa di apertura dell’hotel di lusso Pomegranate, sul mare della Grecia, era stata sontuosa. I suoi ricchi proprietari russi non avevano badato a spese per intrattenere centinaia di ospiti Vip volati lì soprattutto da Mosca. Si esibiva una delle più amate popstar russe e a salutare gli ospiti c’era Vladimir Medinsky, ministro della Cultura di Vladimir Putin.
C’erano champagne alla spina e originali fuochi d’artificio e un laser show che si era concluso con un gigantesco tricolore russo proiettato su tutto l’edificio. Anche il fioraio arrivava da Mosca.
In un primo momento l’apertura dell’hotel, due anni fa, sembrava l’ennesimo racconto, quasi un luogo comune, sui ricchi russi che spendono generosamente all’estero. Ma ora è al centro del più discusso caso di corruzione degli ultimi tempi che collega presumibilmente alti magistrati con una delle più scellerate bande criminali del Paese.
Ad avviare le indagini è stato Alexei Navalny, il più importante leader dell’opposizione russa. Gli attivisti della sua fondazione anticorruzione hanno indagato per nove mesi gli interessi commerciali dei figli di Yuri Chaika, procuratore generale della Russia. I loro risultati sono stati prontamente divulgati in un documentario di 45 minuti postato su YouTube.
Boom online
Nel video una delle accuse più devastanti è che Artyom Chaika – figlio maggiore del pubblico ministero e uno dei principali proprietari del Pomegranate – co-gestisca l’hotel con un partner commerciale che ha avuto legami con due capibanda condannati per un uccisione di massa di 12 persone, tra cui quattro bambini. Più significativo ancora della natura delle accuse è che 3,2 milioni di persone abbiano visto il filmato di denuncia nella prima settimana dalla divulgazione. Per tre giorni è stato il video più popolare sul web russo – il primo caso per un film che racconta una serie di complessi intrecci di corruzione.
L’interesse pubblico senza precedenti è notevole dato il controllo rigoroso del Cremlino sui media russi.
«Quando ho sentito parlare per la prima volta di legami criminali non ci credevo, non può essere vero, è troppo assurdo ho detto ai miei collaboratori», racconta Navalny. «Ma, incredibilmente, è tutto vero. È come un film di mafia. L’altra cosa che non mi aspettavo è la grande attenzione che abbiamo suscitato. Ha smosso gli animi perché è così scioccante e la gente lo guarda e dice: ok sappiamo che la corruzione è endemica, ma questo è davvero troppo».
Il film, che secondo alcuni è un «video bomba», sostiene che oltre a essere comproprietaria del Pomegranate con Chaika, Olga Lapatina, ex moglie di un sostituto procuratore, era in affari con le mogli dei due capi della banda Tsapok, che terrorizzò una regione nel sud della Russia con stupri e rapine.
Secondo l’inchiesta di Navalny inoltre, Artyom Chaika, 39 anni, risulta coinvolto nell’esproprio di una compagnia di navigazione nell’Estremo Oriente russo il cui direttore fu presumibilmente strangolato. Si sostiene che i pubblici ministeri locali la cui carriera dipende dal padre di Chaika aiutarono Artyom a strappare il controllo dell’azienda.
Il documentario sostiene anche che delle gare per contratti pubblici lucrativi sono stati truccate a beneficio del fratello di Artyom, Igor, 27 anni. «Quello che fa Artyom Chaika non ha alcun rapporto con gli affari», dice Navalny nel film. «È banditismo, è razziare e intimidire la gente usando l’ufficio del Procuratore Generale russo guidato da Yuri Chaika … Il figlio del procuratore capo è il fulcro di una vasta rete di corruzione costituita sotto la protezione del padre».
Il film, molto duro, sostiene che i fondi investiti da Artyom Chaika in conti bancari, attività commerciali e proprietà immobiliari in Grecia e Svizzera sono in parte il risultato di attività illegali. Il leader dell’opposizione ha passato le informazioni alle autorità svizzere dove, dice, Chaika ha preso la residenza, chiedendo loro di aprire contro di lui un fascicolo per riciclaggio di denaro. «Dovrebbero davvero agire, ma si tratta di una decisione politica», ha detto Navalny. Yuri Chaika ha denunciato il film come «menzognero e privo di fondamento».
Il Cremlino ha detto che le accuse formulate nel film non sono di alcun interesse, in quanto non riguardano la persona del procuratore generale – un commento che i critici di Putin hanno ampiamente ridicolizzato.
Il blogger condannato
Navanly, 39 anni, che è stato arrestato in numerose occasioni, è stato condannato per appropriazione indebita e frode a cinque anni con la sospensione condizionale della pena in un processo che la maggior parte degli osservatori giudicano dettato da motivi politici.
Per altri capi di imputazione suo fratello Oleg è attualmente in carcere con accuse parimenti inventate – una mossa del Cremlino, secondo Navalny, per cercare di metterlo a tacere. Finora questa tattica sembra solo aver ancora più motivato il leader dell’opposizione che ha oltre un milione di follower su Twitter.
La tv di Stato, che sotto Putin è dominata dalla propaganda, rimane la principale fonte di informazione per la maggior parte dei russi. Ma sempre più – come dimostra il pubblico record per il film su Chaika – milioni di russi si rivolgono a Internet per le notizie. «C’è un’altra Russia là fuori, che il Cremlino sta lottando per tenere sotto controllo», ha detto un sul web un imprenditore dell’opposizione.
In risposta il Cremlino ha approvato una serie di norme draconiane per regolamentare Internet, soffocare il dissenso e mettere al bando i contenuti politici sul web. Ha inoltre creato strumenti in grado di bloccare Twitter, YouTube e Facebook. «Ma ci sono tendenze impossibili da bloccare del tutto», ha detto Navalny. «Il film su Chaika e le reazioni che ha suscitato dimostrano che non ci ridurranno al silenzio e là fuori c’è un sacco di gente che vigila».
* Corrispondente da Mosca per il Sunday Times di Londra (traduzione di Carla Reschia)
La Stampa, 27 dicembre 2015