Presidente Privacy, Soro: “I diritti vanno bilanciati. Si rispetti la Costituzione, niente misure estreme”

28 Novembre 2015

Liana Milella

ROMA. Si agita non appena legge le dichiarazioni di Orlando. Subito il Garante della Privacy Antonello Soro pianta un paletto: «Rispetto a minacce enormi non sono giustificabili misure estreme. Sono possibili solo quelle che rientrano nel perimetro della nostra Costituzione». Promuove Renzi: «Ha avuto la saggezza di dire che contro il terrorismo faremo sì tutto il possibile, ma non cambieremo la Costituzione». Una scelta che Soro definisce «intelligente e lungimirante».
Contro il terrorismo intercettare tutto e tutti, che effetto le fa il piano di Orlando?
«Una premessa è obbligatoria. Il dualismo tra privacy e sicurezza è in qualche modo anacronistico per due ragioni: la privacy non è l’egoistica difesa di un privilegio personale opposto a interessi generali. La privacy è un diritto di libertà tutelato dalla Costituzione. Come tutti i diritti non è mai assoluto, va bilanciato anche con gli interessi collettivi, come accade già nel nostro ordinamento ».
Questo è ovvio, ma l’Europa è in guerra contro l’Is, e poliziotti e magistrati chiedono pienezza di mezzi.
«Certo. Ma i servizi segreti italiani, deputati alla prevenzione di rischi futuri, cioè a una sorveglianza funzionale e non all’accertamento di un reato commesso, hanno già un enorme potere, quello dell’accesso sistematico al traffico telefonico e telematico. Gli operatori sono tenuti a far accedere i servizi alla banche dati e a consegnare il materiale, con un filtro del procuratore generale di Roma che è solo estrinseco ».
Sta dicendo che i nostri 007, in chiave preventiva, hanno già tutti i poteri necessari, forse perfino troppi dal suo punto di vista?
«Il perimetro in cui si muovono i servizi è già molto largo. Oltre questo dovrebbe esserci l’acquisizione delle comunicazioni di tutti gli italiani. Una cosa che va contro ogni buon senso. Ma soprattutto mi chiedo chi potrà esaminare un materiale così vasto? Basta vedere quello che è successo negli Usa con il Datagate».
Ma qui Orlando chiede di inseguire la tecnologia e intercettare quegli strumenti di comunicazione che, come ha dimostrato Parigi, sfuggono al controllo…
«Già dal 2008 le agenzie Usa hanno penetrato il mondo dei giochi virtuali, playstation comprese. E senza voler essere offensivi, da Charlie Ebdo a Bataclan, passando per la maratona di Boston e Madrid, è evidente che a maggiori poteri di intercettazione deve corrispondere un’elevata capacità di analisi dei dati, con investigatori esperti sul campo ».
Ai nostri però è riconosciuta da tutti e ovunque grande competenza…
«È frutto dell’esperienza sul terrorismo che ha sedimentato competenze e capacità di relazioni con i servizi del Medioriente. La nostra intelligence è brava non solo perché dispone di grandi poteri di intercettazione, ma per la capacità di analisi e di seguire i sospetti, che certo non vengono persi com’è accaduto adesso in Francia…».
Avere più dati non servirebbe anche a loro?
«Serve una raccolta selettiva e non generalizzata delle informazioni, perché se si intercetta tutto si crea un patrimonio informativo più difficile da proteggere ».
A chi darebbe più poteri?
«Li darei per difenderci dalla vera minaccia, quella cibernetica, un attacco alle grandi strutture del Paese per cui serve un supplemento di protezione, perché quello è il vero rischio per i paesi occidentali. Non voglio fare l’allarmista, ma il pericolo che vedo è lì».

Repubblica, 27 novembre 2015

 

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