E non mi riferisco soltanto ai loschi figuri che hanno insozzato l’aula del Senato con l’unico modo di esprimersi a loro consueto, i gesti del sesso mimati con l’intento di umiliare la donna. Mi riferisco a chi ha consentito e prodotto questa sceneggiata offensiva.
Prima di tutto la “riforma” del governo. La responsabilità più grave infatti è di coloro che hanno portato alla dissipazione di un patrimonio che apparteneva a tutti gli italiani: la Costituzione del ’48, rispettata e amata, anche se non abbastanza conosciuta e attuata, da tutti gli italiani, persino da quelli che non parteciparono alla sua stesura. Un miracolo, un testo poi copiatoci da altre costituzioni, che ci ha reso fieri e ci ha fatto conoscere cosa sia e come debba essere strutturato uno stato democratico.
L’aver disperso questo patrimonio di condivisione (termine tanto usato a sproposito) è dunque responsabilità primaria di questo governo, e di tutti i consiglieri che imboccata una strada, hanno voluto godere la soddisfazione di sentirsi “vincitori”. Peggio ancora, di “portare a casa” la riforma.
Portare a casa loro, non a casa di tutti gli italiani.
Per quanto mi riguarda, ero bambina quando fu approvata la Costituzione. Non potrò mai amare o sentirmi rappresentatata da questo sgorbio caratterizzato da analfabetismo costituzionale.
Ho ascoltato la senatrice Finocchiaro rivendicare con orgoglio il fatto che la riforma sarà approvata da tutto il suo partito, il Pd. Grande operazione davvero se tanti e poi tanti italiani non sentiranno propria questa riforma, nata da subito con lo spirito polemico del prendere o lasciare. Nata per imbarcare Verdini e i suoi inqualificabili compari.
Non avrò più una Costituzione da amare e di cui andar fiera. Ma il danno non è personale, magari lo fosse…
Il danno è per tutti gli italiani di oggi e di domani. Per coloro che, attratti dall’uomo unico al potere che tutto risolve e a tutto pensa da solo, non troveranno più nella Costituzione di Renzi e Verdini lo spirito e gli obiettivi che animarono i Costituenti e il loro concetto di democrazia. La libertà politica, aveva scritto Salvemini, è “il diritto di non essere d’accordo con gli uomini che controllano il governo. Da questo diritto nascono tutti i diritti dei cittadini in un regime libero. Le libertà non servono tanto a stabilire il potere della maggioranza, quanto a proteggere le minoranze nel loro diritto di opposizione, La prova migliore del valore di una libera Costituzione è la misura in cui provvede alla protezione delle minoranze”.
Questo testo citava Calamandrei quando ribadiva che anche il valore della libertà di stampa e quella di associazione hanno un significato soltanto se aprono la possibilità di critica al governo “temporaneamente al potere”.
Si può esser fieri di aver umiliato il Parlamento, immiserito la Costituzione, offeso la dignità degli italiani manomettendo ogni principio di contropoteri nei confronti della maggioranza?
Davvero il Pd è unito? E attorno a che cosa?
Nata a Pisa nel 1937, sposata, ha tre figlie. Si è laureata in etruscologia a Firenze e ha vissuto per molti anni a New York. Ha cominciato la sua attività professionale nel 1969 al “Mondo” con Arrigo Benedetti.