L’articolo 2 del disegno di legge di riforma del Senato è chiaramente emendabile. La maggioranza rischia di pagare la sua sciatteria e la sua fretta: e sarebbe giusto…”. L’avvocato amministrativista Gianluigi Pellegrino non ha dubbi: la norma che riguarda il senato elettivo si può modificare. E la partita tra Renzi e le opposizioni va giocata.
Avvocato, secondo il Pd e alcuni suoi colleghi quella norma non si può più cambiare.
Andiamo per ordine. Il ddl di riforma costituzionale va approvato in doppia lettura, ma qui siamo ancora alla prima, perché la Camera ha modificato il testo approvato in Senato. Di fatto, siamo in una fase uguale a quella delle leggi ordinarie. Premesso questo, va ricordato che in effetti il regolamento di Palazzo Madama prevede che si torni a votare solo sulle parti modificate a Montecitorio.
E qui veniamo nel dettaglio all’articolo 2.
Esatto. Uno dei commi della norma approvata in Senato recitava: “La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali nei quali sono stati eletti”. Alla Camera hanno cambiato una preposizione: e “nei quali” è diventato “dai quali”.
Potrebbe essere un dettaglio, come sostengono i renziani.
Non lo è affatto, perché la modifica è sostanziale e rilevante. Se scrivo “nei quali” affermo che i senatori sono consiglieri regionali, perché eletti nei consigli. Ma se lo modifico in “dai quali” dico che sono eletti dai consigli, e quindi potrebbero essere anche figure esterne agli enti territoriali. Scelti da loro, ma non dentro il consiglio.
Una bella differenza.
È evidente, anche se la modifica è poco coordinata con le altre parti della norma. In un altro passaggio dell’articolo 2 infatti si legge: “Con legge approvata da entrambe le Camere, sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato tra i consiglieri regionali e sindaci”. Ossia, tornano a parlare espressamente di consiglieri eletti.
Ma come è possibile incartarsi su una preposizione?
Si saranno divisi sul contenuto, e allora avranno raggiunto una sorta di compromesso. Ma il cambiamento è concreto. Di certo, si nota una notevole sciatteria nella scrittura del testo.
A decidere sul tema sarà Pietro Grasso.
Certo, a norma di regolamento si deve pronunciare l’ufficio di presidenza. E la decisione non è in alcun modo appellabile.
Un peso mica da ridere.
Non vedo come possa non decidere per l’emendabilità dell’articolo 2. Mi pare pacifico che si possa cambiare.
Sia sincero: cosa avverrà?
Non posso prevederlo.
Ipotesi di scuola: cambiano questa o un’altra norma.
Si tornerebbe di nuovo alla Camera, è ovvio. E i tempi si allungherebbero ulteriormente. Soltanto una volta che Camera e Senato avranno approvato un testo identico in ogni sua parte, da quale momento scatteranno i tre mesi alla fine dei quali si passerà alla seconda lettura, nella quale non sono previsti emendamenti.
Ora invece la pietra della scuola sono proprio i possibili emendamenti.
Voglio ricordarlo: questo è lo stesso Senato che accettò il super-canguro sulla legge elettorale, un obbrobrio giuridico fatto approfittando anche dell’assenza di un presidente della Repubblica, perché Mattarella non era stato ancora eletto. Che ora qualcuno si appigli alla forma in un passaggio così importante per il futuro del Paese lo trovo sinceramente ridicolo.
Lei è sempre stato molto critico su questa riforma del Senato.
La trovo raffazzonata, inaccettabile. Piuttosto che portare avanti un pasticcio del genere, sarebbe stato più coerente abolirlo del tutto con gli opportuni bilanciamenti tra poteri costituzionali.
Il Fatto Quotidiano, 20 Agosto 2015