Qualcosa da capire

22 Luglio 2015

Anche per chi è abituato al gorgo delle storie siciliane è davvero eccessivo l’intreccio di vero e di falso che le ultime vicende regionali hanno messo in scena. Per fortuna, nessuna tragedia paragonabile a quelle del passato, ma c’è comunque qualcosa da capire quando uomini maturi piangono lacrime opposte che hanno conseguenze politiche.
C’è ad esempio da capire quale dismisura di sentimenti possa avere portato Manfredi Borsellino a paragonare l’ostilità politica e burocratica subita dalla sorella Lucia al mese terribile vissuto dal padre quando la condanna a morte aleggiava su Palermo e parti dello Stato la preparavano insieme agli assassini.

imageAnche per chi è abituato al gorgo delle storie siciliane è davvero eccessivo l’intreccio di vero e di falso, che le ultime vicende regionali hanno messo in scena. Per fortuna, nessuna tragedia paragonabile a quelle del passato, ma c’è comunque qualcosa da capire quando uomini maturi piangono lacrime opposte, che hanno conseguenze politiche.
C’è ad esempio da capire quale dismisura di sentimenti possa avere portato Manfredi Borsellino a paragonare l’ostilità politica e burocratica subita dalla sorella Lucia, al mese terribile vissuto dal padre quando la condanna a morte aleggiava su Palermo e parti dello Stato la preparavano insieme agli assassini.
C’è da capire quanto grave sia aver perso un confine: le cariche più alte dello Stato, occupate da siciliani, agiscono sulla base di una frase riportata da un giornale, ma smentita da un procuratore. Nella conseguente isteria istituzionale delle telefonate e della solidarietà mattutina, in questo triste spettacolo dei tweet, dove appunto vita e morte diventano cinguettio, si manifesta la dissoluzione del senso dello Stato, che sta polverizzando il necessario senso della prudenza, senza del quale è difficile avere fiducia negli uffici più alti, abbassati a strumenti di lotta politica, in uno scenario dove anche chi non è siciliano può facilmente sospettare l’azione di manine addestrate alla furbizia e alla tempistica, vera o no che sia la frase intercettata.
Ci sarà forse un giorno persino tempo e voglia di capire Crocetta, tragico capo di un governo deludente, forza che è evaporata da sé, maschera teatrale ma, nel condizionamento che lega l’attore al suo pubblico, anche corrispondente a come è fatta una certa Sicilia.
Dove non c’è nulla da capire è nel PD, che sino a ieri salvava Crocetta e la legislatura mettendo al posto di Lucia Borsellino il suo capogruppo e due giorni dopo scopre quanta costruzione di potere avvenisse attorno alla sanità. Se lo chiedevano a noi, potevamo avvisarli. Adesso che il M5S galoppa verso la sua rivoluzione, che in Sicilia potrà essere l’ennesima ma mai l’ultima, il PD mostra di avere vissuto due storie, con e contro, e due legislature in una, nei gabinetti degli assessorati e nei cortei dei disoccupati, ma sappiamo che volentieri si è legate le mani nell’incoerenza, perchè, mentre Crocetta diventava da eroe un errore, ha potuto metterle ovunque quelle mani, ospedali e primari compresi.
La cosa più importante da capire la capiremo nelle scosse dei prossimi anni, ma già adesso c’è una cosa abbastanza chiara. L’antimafia non può diventare potere e governo. L’antimafia è una cultura, una responsabilità popolare, diffusa, mia e tua, non un brand politico per il partito degli uni o il partito degli altri. Se diventa un modo per legittimarsi politicamente, entra in quelle dinamiche del potere che Lucia Borsellino ci racconta l’hanno stritolata in questi tre anni, peraltro aggiunge, anche pieni di grandi risultati organizzativi e finanziari. Altro mistero di questa storia, per cui si governa bene la sanità ma il governo proprio sulla sanità è corrotto.
Soprattutto la famiglia Borsellino ci può aiutare a capire. Quel padre infatti non è più solo loro padre. E’ il padre di cui i siciliani hanno compreso di avere bisogno; è diventato anche mio “padre”, lo indico io a mia figlia quando entriamo in libreria e ci sorride dalla parete; è un “padre” nella coscienza e nell’esempio.
Per questo sarebbe bello se i figli, Lucia, Rita e Manfredi, sapessero separarsi dall’illusione che il potere sia salvifico e possa redimere nella storia da costruire la loro storia di dolore; se volessero liberarsi dall’illusione che senza la loro diretta responsabilità politica non si riuscirà a dare un senso a quella storia di venti anni fa, che sarebbe loro dovere di figli non lasciare incompiuta e infeconda. Ma è proprio il contrario, perché in questa terra di morti la storia di loro padre è già viva e compiuta, e si depotenzia invece nell’uso che ne fa la politica anche in questi giorni.
Sarebbe bello quindi se togliessero dalle mani della politica il loro nome, e lasciassero invece loro padre a noi; se Rita non si candidasse più, se Lucia non si facesse difendere da un partito, lo stesso di Crocetta, se Manfredi dicesse no qualora Renzi gli proponesse la presidenza della Regione, sarebbe bello, e comincerebbero a tirarci fuori da questa stagione perduta se consegnassero loro padre all’amore della cultura e ai tempi lunghi delle vere rivoluzioni, non quelle strillate per le piazze siciliane un pò da tutti, anche da loro, e purtroppo anche da noi.

* Santi Di Bella è ricercatore di Storia della Filosofia presso l’Università degli Studi di Palermo e coordina il Circolo LeG di Messina

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