ROMA. «È necessaria una reazione democratica alla piazza delle croci celtiche, del manifesto di Mussolini, di Salvini… cos’altro ci vuole per allarmare l’opinione pubblica democratica?». Roberto Speranza, capogruppo dem a Montecitorio, leader di Area riformista, una delle correnti di minoranza, afferma che l’avanzata di Salvini è un segnale preoccupante.
Speranza, a quale risposta pensa?
«Il Pd e il governo devono soprattutto prosciugare la palude di inquietudine che c’è nel paese dopo sette lunghi anni di crisi economica, attuando politiche adeguate».
Ma questa nuova destra populista può mettere in difficoltà il Pd?
«Questo è un pezzo dell’anomalia italiana, dove non c’è oggi un’alternanza possibile tra forze compiutamente democratiche. Le croci celtiche, la partecipazione di Casa Pound, il manifesto di Mussolini sollevato in piazza… non sarà questa l’opinione di tutti quelli che hanno partecipato o che votano per la Lega, ma è inquietante. Né si può far finta di nulla. Non deve passare l’idea che tutto si può fare e tutto si può dire, siamo oltre i limiti. Il Pd è l’unico argine a tutto questo».
Renzi infatti ha rivolto un appello alla minoranza dem: il Pd non deve lacerarsi in divisioni. È daccordo?
«E vero. L’unità del Pd è centrale. Siamo l’unica forza credibile che può guidare l’Italia in questo passaggio».
Però tra voi democratici crescono le divisioni.
«Abbiamo dimostrato di saper essere uniti nell’elezione del presidente della Repubblica ».
Ma il Jobs Act ha scatenato lo scontro interno.
«Qui è Renzi ad avere sbagliato. È chiaro che tutti, ma proprio tutti, dobbiamo tutelare l’unità del Pd. Io faccio il capogruppo, non sono e non sarò renziano, ma voglio l’unità del partito. Però la responsabilità maggiore spetta a Renzi. Matteo sa che ogni volta che unisce il Pd fa un servizio non solo alla nostra parte ma al paese».
È d’accordo con lo strappo di Bersani?
«Non parlerei di strappi. Bersani ha voluto riaffermare che il metodo Mattarella è quello giusto».
Ma anche che si sente un figurante nel Pd renziano. Lei si sente un figurante?
«No, assolutamente».
Ingaggerete l’ennesimo braccio di ferro sull’Italicum, la nuova legge elettorale? Va cambiata, ora che arriva alla Camera?
«Va rispettata la discussione del Parlamento. Aveva tre punti di debolezza, due sono stati sanati. La questione del capilista bloccati non è stata risolta, ma va risolta ».
Voi della minoranza dem siete divisi. Ci saranno due convention differenti?
«La manifestazione del 21 servirà a sottolineare che c’è uno spazio di confronto comune tra tutte le minoranze, a partire però da un punto e cioè che il Pd è più forte se la sinistra al suo interno è protagonista. Area riformista terrà una convention nazionale il 14 a Bologna, ma il 21 ci saremo eccome, ovviamente con il nostro profilo».
la Repubblica, 2 marzo 2015
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