“Ci sono diritti che costano e diritti che non costano. Nel primo capitolo rientrano l’assistenza ai disabili, la sanità, la scuola. Sono diritti che possono essere subordinati agli equilibri di bilancio? Io penso di no”. Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale, rivolge un appello alle amministrazioni locali perché in cima alla lista delle loro politiche mettano la tutela delle fasce più deboli. E garantiscano i diritti a chi ha meno strumenti di protezione.
Professor Zagrebelsky, sta dicendo che spesso il ritornello della mancanza di risorse può essere una scusa?
“Equilibrio di bilancio, patto di stabilità. Una realtà alla quale non ci si può certo sottrarre. In questi tempi, però, non facciamo altro che sentire questa frase “Non abbiamo risorse”. Un’affermazione che tuttavia dev’essere spacchettata. Bisogna vedere cosa ci sta dentro, perché di solito questo significa che non ci sono risorse da spendere in quel settore, ma sono destinate altrove. E’ proprio questo il punto, per decidere come spendere le risorse, soprattutto se le casse sono vuote, si devono fare delle scelte precise. Che gli amministratori devono esplicitare in un programma chiaro che poi dev’essere rispettato. In modo che i cittadini, con il loro voto, possano approvarlo o meno e poi possano controllare se quelle indicazioni sono state rispettate “.
La Costituzione tuttavia alcune priorità le fissa. Possiamo ritenere che esista una gerarchia costituzionale?
“Senza dubbio sì. Nell’articolo 2 si parla di “doveri inderogabili di solidarietà sociale”. E se c’è solidarietà sociale non si può immaginare di abbandonare a se stessi i soggetti più deboli. Una società solidale non ammette l’emarginazione e nei doveri di solidarietà ci sono i bisogni di salute, di assistenza. Se andiamo oltre, si può dedurre che i bilanci degli enti pubblici debbano tener conto di una gerarchia precisa. E gli obiettivi, come dicevo, dovrebbero essere indicati nell’ambito di un programma sul quale i politici chiedono il consenso dei cittadini. Lo definirei un documento “impegnativo”, che tenga conto delle indicazioni costituzionali a cui si devono sommare le scelte delle singole amministrazioni. Spesso invece abbiamo la sensazione che le decisioni siano casuali. Di solito si tende ad intervenire dove ci sono minori resistenze, quando di regola a non opporsi sono proprio i cittadini più deboli “.
Alcune amministrazioni hanno fissato priorità di fondo.
“Le tasse non toccheranno le fasce più deboli e il budget del welfare non sarà ridotto”, è la promessa della giunta regionale che annuncia tagli pesanti “Siamo felici di sentire che ci sono dei buoni esempi, ma quello che voglio dire è che spesso le amministrazioni agiscono sulla spinta dell’ultima emozione, dell’ultima richiesta, in molti casi di quella che arriva da chi ha più forza”.
Condivide l’appello che arriverà dal convegno di domani, chiedere all’amministrazione di centrosinistra, tornare a garantire i diritti negati ai malati non autosufficienti e alle loro famiglie?
“Credo proprio che si tratti di una richiesta legittima, a garanzia di diritti che non possono essere derogati. Mi dicono che in Piemonte ci sono 32 mila malati non autosufficienti in lista d’attesa che non possono accedere all’assistenza. Una cifra enorme. Vuol dire che queste persone sono di fatto abbandonate. Credo che iniziative come quelle di domani siano importanti, perché sollecitano la risposta e la partecipazione dei cittadini. Che a volte non fanno sentire la loro voce perché non conoscono i problemi, se non ne sono direttamente coinvolti. Se le associazioni informano e i cittadini rispondono, anche le amministrazioni si sentiranno sollecitate ad assumere impegni precisi”.