Alla fine erano tre mila le persone giunte in piazza XX settembre per il secondo raduno di Libertà e Giustizia, l’associazione guidata da Sandra Bonsanti e Gustavo Zagrebelsky in occasione della festa della Repubblica. E in una Modena semivuota per il ponte del 2 giugno, non era un risultato scontato. Per di più ad appena una settimana dal plebiscito renziano alle elezioni europee, da quel 41% che, in teoria, dovrebbe aver messo a tacere questi che il premier Matteo Renzi chiamò i “parrucconi”. Eppure la gente ha risposto ancora. “La legalità costituzionale non è disponibile – ha spiegato Stefano Rodotà, uno dei più applauditi tra i relatori del pomeriggio – non può essere travolta da un voto quale che esso sia. Il voto non è un lavacro che, come ieri assolveva qualcuno dai reati, oggi permette di toccare la Carta ”. Un anno fa, il 2 giugno 2013, a Bologna, nel primo evento nazionale organizzato dal gruppo, lo stesso costituzionalista aveva lanciato una battaglia contro l’idea di riforma presidenzialista . Erano i tempi del comitato dei (cosiddetti) “saggi” nominati dall’appena rieletto Giorgio Napolitano, che dovevano riscrivere la Costituzione. Quest’anno, a 365 giorni di distanza, ci risiamo. La legge fondamentale dello Stato è di nuovo nel mirino di un governo e proprio questa settimana, come annunciato dal premier appena tre giorni fa, riprende l’iter per la prima delle riforme che dovrebbe ridisegnare l’architettura della Repubblica: quella del Senato. “Da domani abbiamo di fronte a noi il rischio di uscire dalla democrazia rappresentativa e di turbare gli equilibri costituzionali”, ha detto dal palco Rodotà. E ancora: “Renzi tolga il segreto di Stato dal patto del Nazareno”. Oltre a lui tra i partecipanti alla manifestazione di Modena c’erano Lorenza Carlassare, Elisabetta Rubini, Carlo Smuraglia, Gian Carlo Caselli, Alberto Vannucci, Paul Ginsborg, Gaetano Azzariti. E poi Marco Travaglio, il cui intervento dal palco è iniziato con una battuta sulla abdicazione del re di Spagna avvenuta appena poche ore prima: “Juan Carlos ha detto di sentirsi ormai troppo anziano, essendo lui del 1938. Mi vengono in mente un sacco di pensieri cattivissimi”, ha detto Travaglio dal palco. “Se uno è del 1925 è giovane, se è del 1938 è vecchio e abdica”, ha detto il condirettore del Fatto Quotidiano, riferendosi al nostro capo di Stato, Giorgio Napolitano, nato proprio nel 1925. Poi Travaglio ha snocciolato i numeri dei nuovi eurodeputati italiani, il 10% dei quali hanno guai con la giustizia: “In Campania il presidente del consiglio regionale, arrestato pochi giorni prima del voto, ha raccolto 11 mila preferenze, nonostante avesse chiesto i non essere votato”. Poi, dopo il suo discorso, parlando coi cronisti, Travaglio è tornato ancora sulle riforme: “Quando si tratta di toccare la Costituzione spero sempre che non si stia facendo sul serio. Al massimo c’è bisogno di qualche ritocco e poi non credo che gli attuali politici siano all’altezza intellettuale e morale dei padri costituenti”. Durante l’intervento dell’ex procuratore di Palermo e Torino, Giancarlo Caselli, nelle prime file sono comparse alcune bandiere dei No Tav, da tempo in polemica con l’ex magistrato, e un piccolo cartello con scritto “Tav=Mafia”.
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