Da Romolo a Matteo Renzi. Il senato si avvia davvvero a scomparire? L’Assemblea delle autonomie proposta dal presidente del Consiglio non è solo la correzione, attesa da anni, del bicameralismo paritario, ma un intervento profondo nell’architettura della Costituzione. La costituzionalista Lorenza Carlassarre lo boccia in pieno. Con una premessa. «L’idea di limitare a una camera il rapporto fiduciario del governo è vecchia e condivisa. Ma per affidare al senato funzioni di garanzia politica o di raccordo con i cittadini sui territori. Qui non si fa né l’una cosa né l’altra. Mortati già nell’assemblea Costituente diceva che il senato avrebbe dovuto ‘integrare la rappresentanza’. La bozza che ha presentato Renzi è la negazione di quel pensiero».
Professoressa Carlassare, come andrebbe superato a suo giudizio il bicameralismo paritario?
Ho trovato nei lavori della commissione bicamerale del ’97 una proposta interessante. Si immaginava allora il senato come un contrappeso istituzionale al governo, reso necessario dall’affermarsi dei sistemi maggioritari nei quali l’equilibrio si sposta fatalmente in favore dell’esecutivo. E in questo caso, cito dalla relazione della bicamerale, si impone la valorizzazione della funzione di controllo democratico verso il governo stesso. Il senato avrebbe dovuto occuparsi delle libertà della persona, degli organismi neutrali e del sistema di informazione.
L’Assemblea delle autonomie realizza almeno l’altro obiettivo, quello di rappresentare i territori?
Non mi pare. Così com’è proposta non è espressione del popolo della regione, delle sue diverse istanze e interessi. Sembra più un organo di raccordo dei governi regionali tra loro e con il governo centrale. Proprio in questa fase storica in cui cresce la domanda di partecipazione, si risponde escludendo gli elettori dalla scelta dell’istituzione. L’obiettivo è chiarissimo.
Qual è?
Vedo un filo logico tra la riforma elettorale e questa proposta sul bicameralismo. L’intenzione di restringere sempre più il potere degli elettori è la stessa. Si punta a ridurre il peso del popolo sovrano, addomesticarlo, tacitarne la volontà. Diminuire le garanzie democratiche è in fondo un desiderio da molti anni dominante. Ma qui, con questa nuova assemblea dei notabili che si sostituisce agli eletti dal popolo, il disegno appare chiarissimo. E che dire poi dei 21 nominati direttamente dal presidente della Repubblica che potrebbero da soli formare una pattuglia nutrita in grado di spostare gli equilibri politici all’interno della assemblea.
Ma i presidenti di regione e i sindaci sono in fondo eletti dai cittadini.
Peccato che i presidenti di regione in una data tornata elettorale potrebbero benissimo essere tutti o quasi tutti espressione della stessa forza politica. È già successo. E i due consiglieri regionali mandati a Roma sarebbero a tutto concedere rappresentanti dei due partiti maggiori, gli stessi che stanno disegnando una legge elettorale a loro uso e consumo. Cioè in pratica si vuole consentire l’esistenza di due soli partiti, stroncare il pluralismo che invece è un concetto che pervade tutta la Costituzione. La stessa cosa si fa mettendo nella legge elettorale la soglia di sbarramento all’8%.
Sistemata la composizione di questa Assemblea, che dice delle funzioni che si immagina di dare a questi senatori-non più senatori?
Che non essendo eletti non possono avere la funzione legislativa che si vuole dare loro, oltretutto per leggi importantissime come quelle costituzionali. Non sono espressione del corpo elettorale, non rappresentano il pluralismo, e dovrebbero partecipare al procedimento di revisione? Ma scherziamo? È una violazione precisa del principio costituzionale della sovranità popolare. Ma le assurdità non sono finite. Questi senatori dovrebbero concorrere all’elezione degli organi di garanzia, il presidente di questo senato dovrebbe avere funzioni di supplenza del presidente della Repubblica, rappresentando la seconda carica dello stato… Basta, sono senza parole.
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