Dubito che sia capitato soltanto a me. Ad ogni modo, io ve lo racconto. Voi, per favore, aiutarmi a capire meglio quello che sta capitando. E’ successo che una mattina mi son svegliato e in qualche modo ho trovato un invasore. Era nella mia casella di posta elettronica. E già il titolo della mail aveva qualcosa di inquietante: LA GIUSTA FORCA. La data di spedizione è del 12 dicembre 2013 alle ore 20,15. Il testo:
”FRATELLI Di seguito i nomi di alcuni indegni aguzzini delle macchine fiscali che sono stati giudicati colpevoli dai comitati della Giusta Forca. Essi si sono macchiati di atti gravissimi contro persone, famiglie ed imprese, che hanno deliberatamente condotto alla catastrofe, e per questo meritano la forca. Ognuno di noi ha il dovere di colpirli per le forze dell’ordine sarebbero così facilitate nel monitorarvi. Separatevi in piccoli gruppi ed agite rapidi ed invisibili. Seguiranno a breve nomi ed indirizzi dei politici più sfacciatamente impresentabili…”
A seguire l’elenco di 318 (se ho contato bene…) fra dirigenti e dipendenti dell’AGENZIA DELLA ENTRATE (tutto in maiuscolo) e di 64 altre donne e uomini di EQUITALIA.
La prima reazione alla lettura è stato un brivido. Ecco, ci siamo, ho pensato! Siamo alle liste di proscrizione e all’indicazione dei bersagli umani. Subito dopo ho scritto su Twitter: “Mail con elenco > funzionari #Equitalia che meritano la forca” Istruzioni per l’uso#Forconi?#GiustaForca? Brivido lungo schiena #sapevatelo.
Volevo, insomma, denunciare immediatamente il fatto. Condividere in rete quello che mi era successo, avere dei riscontri. Niente! Non ho avuto, fino ad ora, alcun riscontro. E non so, quindi, darmi alcuna risposta sui motivi per cui sono finito nella mailing list di qualcuno > che – immagino – sta cercando di soffiare sul fuoco di un marcato disagio sociale che si sta manifestando dalla Sicilia al Piemonte, dall’Agropontino alla Liguria e su, fino al Friuli. Probabilmente,c’entra il fatto che, come altri, in questi giorni ho cercato di interrogarmi sulle caratteristiche del movimento dei forconi, sulla sua genesi, sugli obiettivi e le ragioni che ne fanno essere qualcosa di non sporadico e che sarebbe semplicistico e miope liquidare come soltanto l’espressione di pezzi della destra populista.
In proposito, invito a leggere le riflessioni proposte dal sociologo Marco Revelli che dal suo osservatorio di Torino scrive: “La prima impressione, superficiale, epidermica, fisiognomica – il colore e la foggia dei vestiti, l’espressione dei visi, il modo di muoversi -, è stata quella di una massa di poveri. Forse meglio: di “impoveriti”. Le tante facce della povertà, oggi. Soprattutto di quella nuova. Potremmo dire del ceto medio impoverito: gli indebitati, gli esodati, i falliti o sull’orlo del fallimento, piccoli commercianti strangolati dalle ingiunzioni a rientrare dallo scoperto, o già costretti alla chiusura, artigiani con le cartelle di Equitalia e il fido tagliato, autotrasportatori, “padroncini”, con l’assicurazione in scadenza e senza i soldi per pagarla, disoccupati di lungo o di breve corso, ex muratori, ex manovali, ex impiegati, ex magazzinieri, ex titolari di partite iva divenute insostenibili, precari non rinnovati per la riforma Fornero, lavoratori a termine senza più termini, espulsi dai cantieri edili fermi, o dalle boîte chiuse. Aggiungo soltanto che certe immagini mi han fatto venire alla mente i fuochi e le manifestazioni in Grecia. E mi fermo qui. Nessun parallelismo, certo. Ma prima di veder spuntare una qualche Alba Dorata, voglio sperare che a sinistra, una volta tanto, ci si tolga la puzza da sotto il naso e si cerchi di capire meglio cosa sta ribollendo nella pancia profonda di questo Paese. E si riesca anche a dare una qualche risposta.
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