Assalto alla Costituzione

Come, e da chi, sarà governato questo paese nella fase che si è appena aperta? La prima risposta è tutta politica e deve partire dalla constatazione che Berlusconi è il vincitore della partita sulle macerie del Pd. E, in quanto tale, non sarà solo il lord protettore di questo governo, ma il depositario di un potere di vita e di morte. La seconda riguarda il modo stesso in cui il governo si è costituito e si è presentato: un governo “per sottrazione”, non tanto per l’esclusione di pezzi del vecchio personale politico (in realtà, una vera “rottamazione” riguardante il solo Pd), quanto piuttosto per il silenzio su una serie di questioni evidentemente ritenute “divisive” (l’orrenda parola che connota sinistramente il nuovo lessico politico). La terza risposta è istituzionale ed è affidata all’invenzione di una Convenzione che dovrebbe, nelle parole del presidente del Consiglio, farci uscire dalla Seconda e traghettarci nella Terza Repubblica. La quarta, ma in verità la prima, è quella sociale, che riassume le urgenze dell’economia e il dramma delle persone.

Partiamo, allora, proprio da quest’ultimo tema. Sono stati descritti, in questi anni, alcuni caratteri che veniva assumendo la società italiana, caratterizzata da una serie di fratture profonde, non riferibili soltanto alla sfiducia crescente verso politica e istituzioni, ma soprattutto alla progressiva lacerazione del tessuto sociale. Ma queste rilevazioni oggettive non sono mai state prese seriamente in considerazione. Poiché l’unica bussola è stata quella dell’economia, e il mercato è vissuto come un’invincibile legge naturale, tutto il resto è stato ritenuto “sacrificabile”. E infatti la parola “sacrifici” è stata correntemente usata con allarmante leggerezza, senza essere capaci di rendersi conto che così veniva messa a rischio la coesione sociale e s’inoculava il virus della violenza. Quella inammissibile dell’aggressione armata, ma pure quella terribile del “tempo dei suicidi”, accompagnate dall’aumento dei reati documentato da commercianti e imprenditori come effetto del disagio che spinge all’illegalità chi vede in ciò una via obbligata per la sopravvivenza. E’ giusto, allora, invocare misura nel linguaggio, invito che tuttavia dovrebbe essere rivolto a tutti coloro che nel corso degli anni si sono fatti seminatori di discordia e imprenditori della paura. Ma è doveroso un riconoscimento a chi incanala la protesta sociale nelle forme della legalità. Penso alla Fiom, tante volte aggredita, che ha scelto la via giudiziaria per affermare i diritti dei lavoratori.

Siamo ormai di fronte ai drammi dell’esistenza, e la capacità di governo dei processi sociali si misurerà proprio in questa dimensione, che non può essere dominata dalla prepotenza dell’economia. Se la politica vuole ritrovare il filo costituzionale perduto, deve pur ricordare che la Costituzione parla di “esistenza libera e dignitosa” collegata alla retribuzione, sì che né il lavoro può essere considerato una merce, né l’azione pubblica può essere pensata solo come rimedio per le situazioni di povertà, pur essendo evidente che interventi in quest’ultima direzione siano urgenti. La discussione generale sul reddito di cittadinanza non può essere elusa in una prospettiva che guarda a un nuovo welfare, così come il mondo del lavoro non può essere lasciato privo di una legge sulla rappresentanza sindacale.

Legalità e Costituzione ci portano al non detto del programma di governo, al suo essere prigioniero della logica della sottrazione. Non una parola del presidente del Consiglio sui diritti civili, terreno sul quale in tutto il mondo si discute, si sperimenta, si innova, si legifera. I prossimi anni saranno quelli di un isolamento civile del nostro paese? Eppure, davanti a Governo e Parlamento stanno questioni ineludibili. La legge sulla procreazione assistita, la più ideologica e sgangherata tra i tanti mostri legislativi partoriti dalle maggioranze di destra, è stata fatta a pezzi dalla Corte costituzionale e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo: coerenza vorrebbe che si abbandoni la logica proibizionista, che ha prodotto un turismo procreativo che discrimina le donne in base alle loro risorse finanziarie, e si approdi ad una legge essenziale, rispettosa del diritto all’autodeterminazione e di quello alla salute, come la Corte costituzionale ha detto chiaramente. Il presidente della Corte ha recentemente ricordato una sentenza della Consulta che ha riconosciuto alle coppie di persone dello stesso sesso il diritto fondamentale a veder riconosciuta la loro situazione, rinviando correttamente al Parlamento la definizione delle modalità del riconoscimento. Può il Parlamento lasciare senza garanzie un diritto fondamentale delle persone? Possono gli eletti del Pd dimenticare che questo era un aspetto assai sbandierato del loro programma e compariva tra gli 8 punti di Bersani? Si potrebbe continuare, ma bastano questi esempi per mostrare che cosa si sacrifichi sull’altare delle larghe intese.

Conosco la vecchia obiezione. I diritti sono un lusso in tempi di crisi, Bertolt Brecht fa dire a Mackie Messer, nell’Opera da tre soldi, “prima la pancia, poi vien la morale”. Ma la dignità delle persone, il rispetto dovuto a ciascuno sono ormai un elemento costitutivo delle società democratiche. Possiamo dimenticarlo, sia pure per un momento? Peraltro, la cancellazione della dimensione dei diritti contraddice la dichiarata attenzione per l’Unione europea, dove ormai la Carta dei diritti fondamentali ha lo stesso valore giuridico dei trattati e afferma chiaramente l’indivisibilità dei diritti.

Le convenienze purtroppo spingono in questa direzione, e tuttavia questo erode la legittimità del governo e la credibilità del Pd, cosa che dovrebbe preoccupare assai, e spingere ad azioni concrete, quei parlamentari che hanno manifestato critiche e preoccupazioni. E che dovrebbero essere memori, di nuovo, degli 8 punti di Bersani, dove comparivano la legge sui conflitti d’interesse e sull’incandidabilità, sul falso in bilancio e sulla prescrizione dei reati. Tutti temi che, malinconicamente, sembrano archiviati.

Qui nasce un ulteriore, significativo problema politico. I gruppi di opposizione hanno responsabilmente parlato della loro volontà di valutare nel merito, senza pregiudizi, i singoli provvedimenti del governo. E tuttavia il ruolo dell’opposizione non può ridursi al gioco di rimessa. Utilizzando anche le norme regolamentari che assegnano spazi garantiti per la discussione delle loro proposte, i gruppi d’opposizione presenteranno certamente proposte proprie, tra le quali con ragionevole probabilità compariranno alcune almeno tra quelle ricordate. Saranno valutate dalla maggioranza di governo con lo stesso spirito costruttivo manifestato dalle opposizioni? O questa si trincererà dietro un rifiuto pregiudiziale, vedendo in quelle proposte l’intenzione di mettere in difficoltà il governo?

Ma il punto più inquietante della linea istituzionale enunciata dal presidente del Consiglio risiede nella proposta di istituire una Convenzione per le riforme. Preoccupa il collegamento tra riforma elettorale e modifiche costituzionali, che contraddice la proclamata urgenza del cambiamento della legge elettorale e rischia, in caso di crisi, di farci tornare a votare con il porcellum (legge che contiene un clamoroso vizio d’incostituzionalità). Preoccupa la spensieratezza con la quale si parla di mutamento della forma di governo. Preoccupa lo spostamento in una sede extraparlamentare di un lavoro che – cambiando il titolo V della Costituzione, l’articolo 81, le norme sul processo penale – le Camere hanno dimostrato di poter fare, con il rischio di avviare un improprio processo costituente “suscettibile di travolgere l’insieme della Costituzione” (parole di Valerio Onida nella relazione dei “saggi”). Inquieta la pretesa di Berlusconi di vedersi attribuire la presidenza di questa Convenzione, dopo essere stato l’artefice di una riforma costituzionale clamorosamente bocciata nel 2006 da sedici milioni di cittadini.

Rispetto a questa linea si manifesteranno certamente le opinioni critiche in quel mondo della sinistra che, in questi anni, ha cominciato a ricostruire una vera linea di politica costituzionale, consapevole dei problemi della democrazia rappresentativa, ma convinta che la via d’uscita non sia quella dell’accentramento dei poteri e della cancellazione dei diritti. Molte forze vitali sono già in campo, e non mancheranno di far sentire la loro voce.

5 commenti

  • Cantanti solitari che portano la serenata ad una bella che dorme accanto all’amore tradito.
    «Si ‘sta voce te scéta ‘inta nuttata,
    mentre t’astrigne ‘o sposo tujo vicino…
    Statte scetata, si vuó sta scetata,
    ma fa’ vedé ca duorme a suonno chino…”

    Stefano si barcamena, i suoi non l’hanno votato, se la prende con Berlusconi che di Stefano ha la massima stima.
    Celestino Ferraro

  • Il prof Rodotà la sa lunga e la fa anche lunga ( mi scuso ).
    Apprezzabili osservazioni ma con tutto il rispetto opinabili o almeno da discutere perchè il prof non è depositario della verità., quindi,,,
    La sinistra ragiona e come la destra ( sembrerà strano ma abbiamo cervello piccolo piccolo ma c’è ) ha novità anche sulla riforma costituzionale che non deve essere e non è un tabu’: si possono anzi si debbono fare variazioni e la stessa Costituzione lo contempla con voti diversi e referendum se del caso.
    Allora non si cambia nulla perchè il prof Rodotà non lo vuole ?
    Il sig Ferraro fotografa il prof con arguzia : meno male che NON è stato eletto Presidente perchè sono evidenti le sue inimicizie chiare e nette e NON sarebbe stato politicamente equilibrato per rappresentare tutti gli italiani anche quelli che a S R non stanno bene .
    Grazie Saluti RF

  • Il professore la sa ! Si la sa proprio,e devo dire che le sue affermazioni sono più di qualcosa di “opinabile”.I 16 milioni di NO alla modifica della costituzione sono un fatto incontestabile.Se la costituzione prevede la possibilità di modifiche obbliga anche i revisori a procedure precise,e ancora più importante li obbliga a far si che ciò che è scritto nella prima parte venga realizzato con ciò che viene scritto nelle parti successive.Non si creda che con modifiche a quelle parti modificabili della Costituzione si possano rendere i principi fondamentali della prima parte parole vane.Questo non sarà consentito.Fortunatamente i nostri padri costituenti sapevano bene ciò che il potere politico può fare quando riesce a manipolare e a soffocare le coscenze dei cittadini,e ha istituito altri poteri Legittimi che possono controllare la validità degli atti del parlamento,la Corte Costituzionale è uno di questi,e con lei tutti i “riformatori “dovranno fare i conti. Rispondere a chi giudica Rodotà essere di parte sarebbe troppo facile: dalla loro hanno uno che si chiama Berlusconi.Avrò pietà!

  • Molti pubblici ufficiali violano la Costituzione e le leggi impunemente. La riforma renderà meno evidenti le illegalità. Occorre combattere
    La cultura dell’illegalità

    La classe dirigente è stata educata dall’ordinamento monarchico alla cultura antidemocratica che, cristallizzandosi col tempo, ha frenato l’evoluzione del Paese in senso democratico. Ecco alcuni principi di quella cultura.

    Nel 1975 il Consiglio di Stato:
    “In base ai principi, l’atto amministrativo deve reputarsi esistente (ancorché eventualmente viziato) quando provenga da un’autorità investita di potestà amministrativa nella materia….”

    Nel 1979 il Governo sosteneva che il diritto alla salute doveva soccombere dinanzi alle “scelte del­la Amministrazione adottate col rispetto delle competenze fissate e dei procedimenti prescritti e riferite ad iniziative intraprese in at­tuazione di leggi”.

    G. Andreotti:
    “Va distinto l’arricchimento delle persone, da colpire senza pietà, dalle distorsioni di un sistema che era più o meno tollerato e conosciuto da tutto lo Stato”.

    Nel 2007 R. Prodi, presidente del Consiglio, sosteneva che il magistrato non deve perseguire
    “ogni disfunzione, ogni fenomeno di malcostume, di cattiva amministrazione o di de­vianza dai criteri di correttezza istituzionale.”
    E N. Mancino, v. presidente del CSM:
    “…il magistrato colpisce il singolo, e non può non farlo, ma se dalle indagini emergono problemi di malcostume e di un uso indiscriminato del potere, chi se ne deve far carico è la politica, sono i partiti. Personalmente però ritengo che questi siano troppo deboli per intervenire nell’immediato.”

  • I 16 milioni che hanno votato il referendum contro la ” devolution ” hanno fatto bene ?
    Mi ritrovo a vedere indicato da anni come da fare le riforme contenute nella famosa legge dei quattro della polenta : era tutto da buttare ?
    Oggi si chiede con urgenza il taglio dei parlamentari, senato e camera non più pari nel ping pong, maggiori poteri al premier………sarebbero in vigore da qualche anno ma al grido ” la costituzione non si tocca ” si è detto no.
    Qualcosa non era da salvare , aggiustare modificare accettare ?
    Si sono persi anni ed è un peccato.

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