Chi l’ha detto che in campagna elettorale non si possa sognare? Chi l’ha detto che mentre impera la tattica più sfacciata, una cittadina o un cittadino non possano guardare un poco più in là, oltre il 25 febbraio… non possano pensare un orizzonte più interessante nel senso dell’interesse di tutti?
Confesso che a me capita di sognare: sogno un partito come quello che avevo in mente la scorsa primavera, cercando di rispondere alle ansie di Giulio, studente della scuola di Libertà e Giustizia di Pavia.
Un partito che fosse l’opposto dell’antipolitica: un partito ponte fra società e politica, centro di ascolto e poi centro di studi su come risolvere concretamente i problemi. Strutture fatte di “competenti” e non di professionisti della politica. Comunità produttive di soluzioni, idee, programmi. “Professionisti del cittadino…una struttura casa di vetro, di costo bassissimo”.
Concludevo: “da qualche parte bisogna pur cominciare, anche se pare un sogno”.
Purtroppo un sogno era e un sogno è rimasto. Lo sguardo di questa campagna elettorale è fisso al presente e al passato: l’insulto e non la riflessione caratterizzano il dibattito. Non c’è tempo, né ci si è preparati davvero, per ridisegnare la politica di domani, quando si tratterà di riconquistare la passione dei cittadini.
Da qualche giorno, confesso, mi sento un po’ meno sola: ho letto una risposta del ministro Barca che mi è molto piaciuta. Semplice ed essenziale. Dice che si prepara ad avere un ruolo nel partito democratico. “Si tratta di immaginare un partito nuovo, che diventi un veicolo di conoscenza e non solo di bisogni”.
Parole sante. Forse anche lui è un sognatore, ma nel tempo di tanti con i piedi per terra, benvenuto fra noi, ministro Barca!