Perché siamo qui

13 Marzo 2012

Lo spread fra partiti e cittadini fa parte delle macerie ereditate dal tempo di B. Noi chiediamo oggi che la rappresentanza politica guadagni dignità e sia degna di esser presa sul serio. Perché ad essa è strettamente legato il destino e il ruolo del Parlamento

Grazie a tutti, da parte di tutta Libertà e Giustizia!!! Qualcuno poteva forse pensare (o sperare) che andatosene Berlusconi anche la nostra voce si sarebbe zittita. Che, dopo le migliaia di ore passate da LeG nelle piazze e nelle strade d’Italia a protestare contro la deriva populista a raccogliere firme, firmare appelli, informare cittadini, a tentare fra le macerie di ricucire l’Italia, la missione di LeG si sarebbe indebolita, forse esaurita. Ma dieci anni di vita sono tanti e molto abbiamo imparato dal frequentare il territorio e dal mescolarci agli altri della società civile.

E stasera siamo qui, con la nostra voce di sempre, composta ma intransigente, pacata ma indignata.

Siamo qui perché crediamo nella politica, ma la politica oggi è troppo spesso soltanto qualcosa che respinge i cittadini, li costringe nell’angolo della solitudine, della rinuncia, della disaffezione.

Siamo qui perché crediamo nei partiti, strumento essenziale di democrazia, ma questi partiti, guidati da una classe dirigente immobile e autoreferenziale, con lo sguardo rivolto al presente e al mantenimento di gruzzoli di potere, non riscuotono oggi un consenso che superi il 4, massimo l’8 per cento di consenso elettorale.

Siamo qui perché da anni chiediamo che sia abolito il porcellum e ci sia consentito, la prossima volta di eleggere e scegliere un Parlamento di competenti e di onesti. Ci propongono invece di rifare la Costituzione e dare al premier poteri in più senza l’ombra di contrappesi.

Siamo qui per dire basta a questo paese corrotto e contaminato da mafia e illegalità, in cui ribellarsi al potente, come fece Placido Rizzotto sessant’anni fa vuol dire rischiare la vita. Perché il potente concorre esternamente con la mafia.

Ma siamo qui anche per dire un grazie al nuovo governo, che ci ricorda che amministrare il bene comune può essere un grande ideale. Dobbiamo alla nostra Costituzione che nella lungimiranza dei padri costituenti, anche queste situazioni aveva previsto, dando la facoltà al capo dello Stato di proporre al Parlamento, in una situzione cos’ì difficile, una soluzione nuova.

Chi meglio di noi, che ha denunciato lo sfacelo berlusconiano, può dire grazie a Mario Monti e al suo governo, alla fatica quotidiana del loro lavoro, alla competenza profonda dei problemi.

Ma siamo qui anche perché ci facciamo una domanda: questo nostro grazie deve essere pronunciato all’interno di un silenzio diffuso e spesso quasi servile, oppure deve e può essere accompagnato dalle voci di un pensiero critico?

Deve risuonare come un vuoto ritornello o deve esser riempito delle voci di una comunità che vive e che domanda e che spera?

Le voci che parlano di un altro SPREAD, non meno pericoloso e insidioso del primo: lo spread fra questi partiti e i cittadini, che al momento del voto potrebbe produrre un’astensione drammatica.

La gratitudine verso Monti e il suo governo deve forse impedirci di chiedere alla politica e ai partiti senza i quali non c’è democrazia, di CAPIRE questo disagio, di farsene carico, di assumersene la responsabilità? Di riflettere sugli sbocchi imprevedibili e spesso tragici che situazioni come questa hanno avuto nella storia del novecento?

Deve impedirci di chiedere oggi ancora più che prima con forza a coloro che sono stati all’opposizione negli anni di B. (dal Pd all’Italia dei Valori a Sel e anche al Centro) di rendersi conto che il tempo della fiducia scontata da parte di tanti cittadini è finito e che essi chiedono oggi qualcosa di più e di diverso, convinti come sono e come siamo noi che senza partiti e senza politica non c’è democrazia?

Noi siamo qui per dar voce a coloro che non riescono a far arrivare la loro a questa classe dirigente.

Non è troppo tardi, oggi, per voltar pagina. Ma serve coraggio e alcune proposte noi abbiamo da farle, rispettosamente, senza pretendere alcunché.

Ma rifiutiamo indignati che ci si chiami l’antipolitica. C’è un sentore di vecchio stalinismo, il ricordo di anatemi lanciati contro il dissenso (e noi non dissentiamo, oggi), di poco liberale, di nostalgico e patetico.Troppo facile, appiccicare etichette, e lanciare scomuniche. E soprattutto, con noi non funzionerà mai.

Lo spread fra partiti e cittadini fa parte delle macerie ereditate dal tempo di B. Noi chiediamo oggi che la rappresentanza politica guadagni dignità e sia degna di esser presa sul serio. Perché ad essa è strettamente legato il destino e il ruolo del Parlamento.

Chiediamo che sia dato ascolto alle denunce di Roberto Saviano, grazie Roberto di essere ancora qui con noi, dopo il Palasharp e i video con i quali eri con noi all’Arco della Pace. E che sulla lotta alla corruzione non ci siano esitazioni politiche.

Chiediamo che si rifletta e subito su quanta disperazione ci circonda, se nel giro di pochi mesi quasi 3000 italiani si sono uccisi: piccoli e medi imprenditori; padri di famiglia licenziati.

DEFAULT: c’è chi lo ha già fatto default, chi è già fallito e non si risolleverà mai più.

Per noi di LeG la giustizia sociale sarà sempre il primo obiettivo a cui tendere, giustizia sociale da esigere senza retorica da qualunque governo tecnico o politico.

E oggi c’è una spaventosa ingiustizia sociale.

Un’ultima cosa: rinnovamento, ricambio oggi possono sembrare parole troppo usate e troppo spesso promesse e tradite. Meglio pensare a nuovi soggetti politici, meglio ragionare su liste civiche. Ci dicono: all’interno del Pd vinceranno i D’Alema e i Violante, si imporranno coloro che per il dopo Monti preparano il rafforzamento del vecchio partito, chiuso, autosufficiente e autoreferenziale. L’unico, il solo (che alternativa c’è?). Dicono che dopo le amministrative di primavera, che al nord potrebbero vedere il successo del Pd quasi ovunque, il resto verrà da sé. Ma altre volte questa è stata un’illusione e dopo la vittoria nelle città seguì il disastro nazionale.

E noi non possiamo correre rischi, l’Italia non può correre rischi.

Noi, allora, non ci arrendiamo, e proviamo ancora. Qualcosa si sta muovendo anche se la strategia dell’emarginazione è all’opera e non di deboli ribellioni avremmo bisogno, ma del coraggio di una rivoluzione vera e propria.

Solo questo cambiamento della politica può vincere lo spread, ma il tempo è poco. In uno dei suoi ultimi interventi sulla democrazia, un grande democristiano e studioso della Costituzione, amico di LeG, Leopoldo Elia affrontò il tema dell’articolo 49 della Costituzione,…perché non è mai stata fatta una legge sulla democrazia nei partiti? C’era disse, per molti decenni una forte diffidenza del partito comunista preoccupato che con una legge si potesse cercare di mettere fuori legge il Pci: “ Ma nel ’92, caduto il muro di Berlino, diruta la conventio ad escludere, mi ero permesso di ricordare che erano maturate le condizioni per approvare una legge sui partiti che nel frattempo avevano ottenuto il finanziamento pubblico e i partiti italiani avevano contratto pessime abitudini, chiedevano molto alle istituzioni, e poco o nulla davano in cambio. Era come parlare nel deserto”.

Noi non ci rassegneremo ad essere voci nel deserto.

Supportaci

Difendiamo la Costituzione, i diritti e la democrazia, puoi unirti a noi, basta un piccolo contributo

Promuoviamo le ragioni del buon governo, la laicità dello Stato e l’efficacia e la correttezza dell’agire pubblico

Newsletter

Eventi, link e articoli per una cittadinanza attiva e consapevole direttamente nella tua casella di posta.

×