MILANO – Una miscela esplosiva in grado di distruggere la macchina della giustizia. Il combinato tra prescrizione breve e processo breve, gli ultimi due conigli estratti dal cilindro magico del legislatore italiano, sono un capolavoro a favore di chi è incensurato e dei colletti bianchi che in genere si macchiano di quei reati i cui tempi di prescrizione sono in media al di sotto dei dieci anni, ma i cui effetti sono tra i più odiosi per la comunità. Un popolo vasto che vede tra i suoi componenti soprattutto politici, faccendieri, truffatori, in genere chi dilapida il denaro pubblico, svena le aziende e lascia in braghe di tela i consumatori.
La prescrizione, che colpisce secondo l’Anm 150 mila processi l’anno (e con la riforma questa cifra rischia di raddoppiare), oggi si calcola aggiungendo alla pena massima un ulteriore quarto, per cui se la pena è di otto anni, più un quarto diventa 10 anni. Con il nuovo testo, invece di un quarto si deve aggiungere un sesto. Il che significa che per quei reati la cui prescrizione è già breve, lo sconto sarà minimo, mentre aumenterà per quei reati la cui pena è maggiore. Sconto che ovviamente verrà concesso a tutti gli incensurati dall’entrata in vigore del testo. Ne beneficeranno quindi dallo stupratore, preso per la prima volta, che con gli aggravanti può arrivare fino a 10 anni al rapinatore che usa le armi (fino a 20 anni), ma anche il bancarottiere (fino a 15 anni) o chi turba i mercati finanziari (12 anni).
Il processo
breve, invece, rischia di passare, sotto le mentite spoglie di una necessità europea, come la più grande depenalizzazione della storia italiana. Per molti esperti non sarebbe nient’altro che un nuovo colpo di spugna su quelli che si classificano come i reati dei colletti bianchi, in genere puniti con pene inferiori ai dieci anni. Si tratta di truffe, corruzioni, reati ambientali, tutti i reati societari, come il falso in bilancio e il falso in prospetto, quelli tributari, diventati tanto di moda con lo scudo fiscale, la bancarotta preferenziale, la corruzione, l’appropriazione indebita. Si salvano l’aggiotaggio e l’insider trading perché le pene previste superano i dieci anni.
Il processo breve, infatti, si applica quando in dibattimento vengono trattati reati con pene inferiori ai dieci anni. In questi casi il giudizio di primo grado deve arrivare entro tre anni, l’appello entro due e l’eventuale ricorso in Cassazione entro 18 mesi. “Impossibile” dicono in coro magistrati e avvocati, che ogni giorno bazzicano le aule dei Tribunali. Il principale ostacolo alla realizzazione di questi processi sono i tempi ristretti: è difficilissimo, partendo dalla richiesta di rinvio a giudizio, fissare l’udienza preliminare, svolgerla e concludere il dibattimento entro tre anni. A volte passano diversi mesi dal solo rinvio a giudizio alla prima udienza. A Milano, per condannare Calisto Tanzi in primo grado per aggiotaggio, ci sono voluti più di tre anni, da settembre 2005 a dicembre 2008, mentre il parallelo processo alle banche partito nel 2006 arriverà a giudizio non prima di aprile di quest’anno.
Salvo sorprese dell’ultimo minuto, tuttavia il processo breve non verrà applicato ai processi in corso, altrimenti si vedrebbero cancellati dalla storia della giustizia capitoli come quelli della Cirio, Antonveneta, Enelpower, Thyssen, Eternit e lo scandalo rifiuti della Regione Campania. Ma non solo. Si sarebbero trasformati in una bolla di sapone anche tutti i principali processi per i crimini ambientali da quello dell’Ilva di Taranto a quello per la più grande discarica abusiva di rifiuti tossici a Bussi sul Tirino (Pescara). E come in una roulette, sarebbero stati depotenziati, per la prescrizione dei reati con pene inferiori ai dieci anni, i processi della “Clinica degli orrori”, la Santa Rita di Milano, o il processo sui dossieraggi illeciti di Giuliano Tavaroli. Salvati quelli in corso, però, i guai restano per i processi futuri.