Se c’era bisogno di allungare qualche altro sospetto sulla riforma chiamata «prescrizione breve», la decisione di anticiparne la discussione alla Camera con un’inedita inversione dell’ordine dei lavori è arrivata a proposito. Perché tanta fretta di varare la nuova legge, se non quella di chiudere prima possibile – e limitando al massimo la discussione – la partita del processo Mills, nel quale il presidente del Consiglio è accusato di corruzione e il corrotto è già stato dichiarato colpevole?
Sarà difficile spiegare altrimenti questa norma che potrà tornare utile, oltre che a Berlusconi, a un buon numero di imputati, ma è arduo catalogare fra le priorità di cui ha bisogno il malfermo sistema giudiziario italiano. Non fosse altro perché le indicazioni europee in materia (spesso evocate, e non sempre a ragione, per sostenere le modifiche normative, compresa questa) vanno in direzione opposta.
Presentando al Quirinale e al Paese il disegno di legge di riforma costituzionale sulla giustizia, il Guardasigilli Alfano aveva fatto capire che imboccando la strada di una modifica «epocale», il governo e la sua maggioranza avrebbero abbandonato le scorciatoie delle leggi «ad personam» – cioè modellate sulle esigenze processuali di una singola persona, il presidente del Consiglio – tanto praticate in questi anni. Il blitz di ieri ha fatto capire che non è così. E che ancora una volta s’è persa l’occasione per dimostrare di volersi muovere davvero in nome di un interesse collettivo, e non solo particolare.
A chi gli faceva notare la contraddizione, Alfano ha replicato spiegando che si tratta di questioni diverse e che «noi non chiediamo il dialogo con l’opposizione mercanteggiando su questa o quell’altra legge». Ma il problema non è mercanteggiare, bensì essere credibili. Se la premessa al confronto sulla riforma «epocale» (che peraltro contiene molti punti discutibili) è quella di un’ennesima norma salva-premier approvata di gran carriera forzando le regole del dibattito parlamentare, sarà più complicato prestare fede alla genuinità delle ragioni che hanno mosso il governo a compiere quel passo. E non pensare che anche dietro i progetti più ambiziosi ci possa essere qualche altro intento. C’era bisogno di mostrare un minimo di attendibilità su un tema che suscita polemiche da quasi un ventennio. Non è avvenuto. Per questo è un’occasione persa.