I ricordi di Spataro dal terrorismo rosso alle nuove mafie

16 Novembre 2010

Dal terrorismo rosso degli anni ’70 e ’80 alle tangenti degli anni ’90 fino al terrorismo internazionale e al caso Abu Omar: Armando Spataro, oggi procuratore aggiunto presso il tribunale di Milano, ha attraversato da magistrato alcune delle fasi più drammatiche della storia recente italiana. Spataro – che ha appena pubblicato il libro autobiografico «Ne valeva la pena» – questa settimana sarà in Alto Adige per due incontri pubblici: a Merano giovedì e a Bolzano venerdì.
«Armando, ma ne valeva davvero la pena?». È la domanda che il procuratore Spataro si sente rivolgere il 29 gennaio di uno degli anni ’90, anniversario dell’omicidio del magistrato Emilio Alessandrini a opera di un commando di Prima Linea. A porre la questione un maresciallo dei carabinieri «protagonista di tante indagini di terrorismo e di mafia». Il contesto quello dell’«ennesima stagione di violenti attacchi alla magistratura», cui la cronaca ci ha abituato negli ultimi decenni.
 «Ne valeva la pena» è il titolo del libro (edizioni Laterza) in cui Spataro ripercorre le vicende giudiziarie italiane viste dal suo osservatorio privilegiato (ha ricevuto il Premio Capalbio 2010 per la sezione Politica e istituzioni). Lo ha scritto perché, come dice il suo collega Gherardo Colombo «dobbiamo coltivare il vizio della memoria. Meglio: il dovere della memoria».
 Armando Spataro è in magistratura dal 1975, da sempre in forza alla Procura della Repubblica di Milano. È stato membro del Consiglio Superiore della Magistratura tra il 1998 e il 2002 e nella sua lunga attività ha vissuto direttamente le fasi più controverse dei rapporti tra giustizia e politica. Si è occupato di terrorismo interno, di mafia e criminalità organizzata, di terrorismo internazionale (con le indagini sul rapimento dell’imam di Milano Abu Omar). Dopo il 1994 è stato chiamato da procuratore Borrelli nel pool di Mani Pulite. Spataro parlerà a Merano, giovedì alle 20.30, nell’auditorium del centro scolastico di via Wolf. Il giorno dopo sarà a Bolzano alla Lub, nell’ambito del progetto «Fair Play – Regole di vita», per una conferenza aperta alla cittadinanza (ore 18.30, «Lotta al terrorismo e rispetto dei diritti: un difficile, ma necessario equilibrio»).
 A Merano tratterà del tema: «L’illegalità nel sistema Italia: quali vie d’uscita?». È invitato dal circolo meranese di «Libertà e giustizia» (coordinato da Gianfranco Forza) cui fanno riferimento una trentina di soci da tutta la provincia.
 Costanza Firrao è la responsabile della segreteria nazionale dell’associazione: cura il rapporto con i soci e i simpatizzanti, si occupa dell’organizzazione delle scuole di formazione politica e promuove la nascita di nuovi circoli. Frequenta Merano, ci tiene a dire, come «una seconda Heimat». L’emergenza legalità, racconta, «parte da lontano, Tangentopoli fu la punta dell’iceberg e nei primi anni ’90 ci fu l’illusione collettiva che spazzando via i partiti politici e la classe dirigente della cosiddetta Prima Repubblica, il problema si potesse risolvere. Come si è visto, l’avvento di Berlusconi ha invece segnato l’inizio di una stagione politica in cui l’illegalità è diventata prassi, l’attacco sistematico alla giustizia, unicamente per difendersi dai processi in cui è implicato, il tentativo costante e progressivo di introdurre una Costituzione “formale”, che mina l’impianto della nostra Carta, il gigantesco conflitto d’interessi che gli permette di controllare i media, l’appartenenza alla P2… Si potrebbe andare avanti all’infinito». Libertà e Giustizia, aggiunge, «è un’associazione di cultura politica che non vuole né sostituirsi ai partiti né agire contro di essi. La sua mission, a partire dalla nascita nel 2002, è quella di anello di congiunzione tra partiti e società civile. Tra le sue battaglie più “visibili” quella del referendum costituzionale del 2006, l’unica vittoria del centrosinistra in tutti questi anni».

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