Il governo non nomina il presidente della Consob, cessato da quattro mesi, ma il Parlamento convoca il vicario Vittorio Conti per discutere dello spostamento della sede a Milano, chiesto dalla maggioranza. Persi nei nostri localismi, abbiamo trascurato la ben più rilevante collocazione delle Autorità europee su banche (Londra), mercati finanziari (Parigi) e assicurazioni (Francoforte). Se quella è ormai una partita persa, su quei temi stanno maturando novità più importanti dello spostamento di una bandierina da Roma a Milano.
Dopo una lunga diatriba fra Commissione, governi e Parlamento della Ue, di cui la nostra stampa (non il «Corriere»!) s’è quasi del tutto disinteressata, nasce finalmente un’istituzione europea che vigilerà su correttezza e trasparenza nei mercati; per semplificare un po’, la European Securities Markets Authority (Esma) a tutta prima somiglierà ad una sorta di federazione delle Consob europee. Fin da subito, tuttavia, essa farà anche sorveglianza diretta, dapprima limitata, poi si spera via via più ampia. I compiti iniziali, di vigilanza sulle agenzie di rating soprattutto, comprendono infatti alcuni aspetti del controllo sull’uniforme applicazione delle norme nei 27 paesi della Ue, oggi lungi dal realizzarsi. Insieme alle analoghe Autorità per banche e assicurazioni, ma assai più di loro, l’Esma – pur non costituendo materia di Trattati – sarà in futuro un pezzo importante delle istituzioni economiche europee.
In quali forme nascerà l’Esma, con quali poteri concreti, rispondendo a chi e come, chi sarà al suo vertice; queste sono solo alcune delle questioni che si porranno presto sul tappeto. Le risposte dipendono dal fine che si vuol perseguire. Va fatto ogni sforzo perché l’Esma sia – per quanto ancora possibile – un’Autorità indipendente, riducendo al minimo una qualche soggezione alla Commissione europea che ormai fa, purtroppo, parte della sua complessione fisica. Se qui il predatore da cui guardarsi è la Commissione, sotto altro aspetto gli avversari dell’Esma sono i governi nazionali. La nuova Autorità dovrà crescere gradualmente nei fatti realizzandocol lavoro lento ma costante di ogni giornoquella sorveglianza integrata dei mercati europei che sarebbe imprescindibile, ma che i governi cercano in tutti i modi di impedire. In prima linea nella difesa delle prerogative nazionali, come sempre, è il Regno Unito; Londra, che già vede come il fuoco tutto quanto viene da Bruxelles (o Strasburgo) qui teme, in più, che le burocrazie europee azzoppino la sua industria finanziaria, più di quanto questa non abbia già provveduto a fare da sola.
L’opinione pubblica dovrebbe spingere la politica a occuparsi di tali temi, non di bandierine. Bisogna fuggire due eccessi opposti: ignorare il tema come se non ci toccasse da un lato, dall’altro trasformare la questione Esma in un derby fra tifoserie nazionali. L’Esma va messa in grado di funzionare bene, trasformandosi gradualmente in una grande agenzia europea di sorveglianza dei mercati. Il reale spazio di crescita che infatti essa ha – e il solo essenziale per quegli inguaribili sognatori che ancora si ostinano a sperare che il mercato unico sia, come tante volte è successo nella storia europea, la levatrice di una più stretta unione politica – è nel diventare l’arbitro delle controversie fra autorità di diversi Paesi, e fra queste e gli intermediari vigilati. Una prateria smisurata, che ha bisogno di «sceriffi» abili ed efficaci.
E siamo alle persone, sempre importanti, tanto più in entità complesse come la Ue, nella cui storia esse han contato almeno quanto le norme scritte. Qui bisogna bilanciare due esigenze che possono porsi in contrasto. Usare le sensibilità nazionali per costruire il consenso, poi privilegiare la competenza. È necessario rassicurare Londra, magari nominando presidente dell’Esma un inglese che conosca bene Bruxelles; una volta messo al sicuro il futuro dell’Esma, va privilegiata la competenza. E qui la scelta logica è nominare direttore esecutivo il segretario generale del Cesr, il comitato europeo che prepara l’Esma. Una persona competente ed esperta. Per una volta, un italiano. La cui nomina non diminuirebbe in alcun modo le chance di un altro italiano, di grande competenza e autorevolezza, alla Bce; una partita tutta diversa. Da giocare guardando al mondo, non all’ombelico.