ROMA — Pezzi delle istituzioni, settori dello Stato, sottobosco della politica, apparati deviati, rappresentanti infedeli. Non c’è espressione che non sia stata utilizzata per descrivere ed evocare una situazione che qualche investigatore più avvertito aveva intuito fin dai primi giorni successivi alla strage di via D’Amelio, e cioè che dietro l’eliminazione del giudice Borsellino e degli agenti di scorta (a meno di due mesi dall’eccidio che aveva ucciso Giovanni Falcone, sua moglie e tre uomini addetti alla protezione con modalità altrettanti eversive) non c’era soltanto la mafia. Qualcun altro doveva aver spinto affinché i boss di Cosa nostra portassero a termine un’azione che nell’immediato fu un pessimo affare pr l’organizzazione criminale, visto la stretta repressiva che ne seguì.
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