“E segavano i rami sui quali stavano seduti, gridandosi l’un l’altro le loro esperienze per segare con più vigore. E crollarono nell’abisso. E quelli che li guardavano scossero la testa e continuarono a segare con forza”.
Un mio amico preoccupato per la nostra democrazia mi porge la citazione nel Transatlantico oggi deserto. Un foglietto che lui porta con sé da qualche tempo e che porta in calce il riferimento esatto dell’opera di Bertold Brecht da cui è tratta. Scuote la testa anche lui e se ne va, soddisfatto per aver consegnato il suo giudizio politico sulla situazione italiana, che meglio di così non potrebbe essere sintetizzata, né in termini più drammatici.
Intanto mi arrivano da alcuni soci pensosi richieste di un appello di Libertà e Giustizia per convincere i cittadini ad andare a votare. Scrive Bartolomeo Camiscioni da Pescara: “Ritengo che l’astensionismo non paga, specie in questo momento; la situazione democratica dell’Italia è peggiorata dal febbraio di quest’anno, dopo il manifesto Rompiamo il silenzio”.
Ha ragione: noi pensavamo allora a una china pericolosa, oggi ci rendiamo conto che l’inclinazione si è aggravata e siamo nel bel mezzo di un precipizio.
Giustissimo dunque farci tutti carico di un appello al voto. Basta però non farsi assorbire dalla folla di coloro che guardano, scuotono la testa e continuano a segare. No, a questo gioco non è davvero più possibile partecipare. Il nostro compito è da sempre quello di fare da ponte fra la società civile e le migliori forze politiche, indicare una strada, combattere la delusione e la voglia di fuga.
Oggi questo compito è sempre più difficile e sempre più grave ci sembra la distanza fra partiti e cittadini.
Il primo motivo di disaffezione è ancora dovuto alla impossibilità di contrapporre uno sforzo alle deviazioni democratiche del berlusconismo, alla deriva in cui siamo piombati, uno sforzo sia pur minimo delle opposizioni volto a creare un fronte comune. Non passa giorno che Pd, IdV e Udc non colgano occasione per distinguersi, insultarsi, giocare a chi fa il primo della classe. Sarà solo perché ora siamo alla vigilia di elezioni e dunque ognuno lavora per sé? Magari. Il mio timore è che questo impulso a segare il ramo su cui stiamo seduti sia assolutamente irrefrenabile, irresistibile, incorreggibile. E’ cercato, è voluto. E’ una strategia folle e criminale.
Giorni fa LeG chiese che un terzo di parlamentari si accordasse per costringere Berlusconi a rispondere in Parlamento (secondo l’articolo 62 della Costituzione) almeno sui propositi di rifarsi una Costituzione da solo, almeno sugli insulti alle Camere. Niente. Mettersi insieme? Per carità, ognuno a citare gli errori dell’altro, passati, presenti e futuri, ognuno a vantare una sua presunta superiorità. E questo è solo un esempio. Lo scenario nazionale è solo aggravato dagli scontri locali e dalla competizione per l’Europa.
Infine, i cittadini che fanno riferimento al Pd, mostrano di no aver assolutamente compreso la scelta di schierarsi per il Sì nel referendum Segni Guzzetta. Rispetto al parere espresso da LeG e sostenuto da i nostri referenti Istituzionali (da Zagrebelsky a Onida, a Sartori tanto per fare solo alcuni nomi), una parte del Pd ci risponde che anche loro hanno sentito il parere di qualche costituzionalista.
Il dibattito di questi giorni, dominato dalla presenza dei referendari, non ha affatto cancellato o ridimensionato la certezza che il Sì ci consegnerebbe una legge elettorale assai peggiore e molto più pericolosa dell’attuale, con nessun obbligo per il Parlamento di migliorarla. Bisogna che il Sì non passi, e questo risultato può esser ottenuto o con l’astensione o votando No se l’affluenza dovesse rivelarsi massiccia contro ogni attesa.
Non passa inoltre giorno che non si legga di voglia del Pd di dividersi: in quanti tronconi non è dato sapere, ma su queste voci e rivendicazioni gioca Berlusconi, annunciando quotidianamente: dopo il voto si sciolgono.
Nella melma che ci aspetta alla fine del precipizio c’è di tutto. E non mi lascio prendere dalla tentazione di descrivere l’Italia che purtroppo è ben nota ad ognuno di noi. Ci difendiamo come possiamo: meno Tv, soprattutto. Meno informazione malata, meno spettacolo osceno.
Andiamo dunque a votare: per le europee, per le amministrative. Oggi è ancora un diritto che ci è assicurato dalla Costituzione. Domani, chissà. E’ questo il mio appello, convinto, fermo e nonostante tutto, sereno.
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