Brescia, lettera aperta ai cittadini

03 Aprile 2009

“Se non ora, quando?”. E’ partendo da queste parole di Primo Levi che noi, soci e simpatizzanti del Circolo Libertà e Giustizia di Brescia, vogliamo esprimere la nostra preoccupazione per il rischio che in un momento come questo, contrassegnato da una grave crisi economica e istituzionale, la nostra Costituzione possa essere stravolta. D’altronde lungo è l’elenco dei diritti alla cui violazione abbiamo dovuto e dobbiamo assistere in questi mesi. La legge all´esame del Senato sul testamento biologico viola la libertà personale e l´autodeterminazione delle persone (esperti costituzionalisti ce lo ricordano spesso). Con la legge sulle intercettazioni telefoniche si mettono in discussione sia la libertà d´espressione che il diritto dei cittadini ad essere informati. Si finisce con il negare il diritto alla salute come elemento essenziale di una moderna cittadinanza, quando si prevede che i medici possano denunciare un immigrato irregolare la cui unica colpa è la richiesta di cure. Si rischia di produrre la nuova e sciagurata categoria dei bambini invisibili, quelli che senza permesso di soggiorno non potranno essere registrati all’anagrafe. Legittimando le ronde si finisce con il privatizzare parte della sicurezza pubblica, con una abdicazione pericolosa dello Stato da una delle funzioni base che ne giustificano l´esistenza. Con il lodo Alfano si è messo in discussione il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Si sollecitano istinti razzisti proponendo di prendere le impronte dei bambini rom e che i figli degli extracomunitari siano inseriti in classi-ponte.

Si impedisce alle Procure di indagare sottraendo loro il controllo della Polizia giudiziaria.Si propone una riforma della giustizia che non abbrevia i tempi dei processi, ma che punta al controllo dell’azione penale e cancella l’indipendenza della magistratura. A tutto ciò si aggiunge l’esautoramento di fatto del Parlamento, letteralmente trascinato dall´esecutivo a inseguire affannosamente la conversione in legge dei decreti governativi (39 quelli finora presentati), con passaggi obbligati, tempi ridotti e ben 11 ricorsi al voto di fiducia pur in presenza di un’ampia maggioranza parlamentare. Quasi a considerare il parlamento una sorta di cinghia di trasmissione dei voleri del Presidente del Consiglio e del governo. Fino ad arrivare alla proposta che in Parlamento votino solo i capigruppo, in modo da procedere indisturbati all’approvazione delle leggi. Senza dibattiti, con il voto perlopiù nelle commissioni, e l’aula che si riduce a un coro muto.
E se non bastasse dobbiamo assistere a uno stillicidio di dichiarazioni che manifestano una continua insofferenza verso la Costituzione e i contrappesi propri di ogni sistema democratico, quasi che una vittoria elettorale coincida con il diritto a disporre del potere a proprio piacimento. E questo concetto riduttivo di democrazia compare anche nelle dichiarazioni con cui sindaco e Giunta di Brescia commentano la decisione del Tribunale del lavoro che ordina il ripristino della delibera sul bonus bebè. Infatti dicono: “un giudice interferisce sul potere esecutivo.

In nome di quale popolo ha pronunciato questa sentenza? Del popolo che ha votato il Pdl o di quello della Cgil? Competenti rispetto a questa amministrazione sono i cittadini che l’hanno votata e non un giudice”. Parole gravi, preoccupanti, quasi che l’essere eletti significhi essere al di sopra della legge, facendo coincidere il popolo sovrano con una maggioranza pro tempore.Ed è per questo che facciamo nostre le parole del presidente Napolitano “In Italia per fortuna abbiamo una Costituzione. Teniamocela stretta”.Ringraziando per l’ospitalità, porgiamo distinti saluti.
Seguono 209 firme

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