“E’ proprio l’Italia che ha affrontato e vinto con spirito democratico e cristiano la criminalità politica degli anni Settanta a chiedere l’estradizione di Cesare Battisti. Nei suoi confronti governo, parlamento e popolo italiano non hanno ostilità né odio: chiedono giustizia e cioè, secondo il dettato della Costituzione Italiana, pretendono che sia recuperato all’umanità e alla vita civile chi è stato definitivamente condannato per aver fatto molto male agli altri”. E’ singolare che, nel momento in cui invoca il perdono cristiano, Battisti ignori una lettera aperta pubblicata sullo stesso argomento in Brasile, dieci giorni prima, e proprio da uno dei parenti delle vittime del terrorismo italiano.Giovanni Bachelet, deputato del Pd e figlio di Vittorio Bachelet, giurista ucciso dalle Br nel 1980, risponde alla missiva con cui Cesare Battisti ha chiesto, alcuni giorni fa, “se non sia giunta l’ora che l’Italia mostri il suo lato cristiano, per il quale il perdono è un atto di nobiltà” segnalandogli che già da dieci giorni l’agenzia di stampa cattolica ADITAL ha pubblicato in Brasile una lettera aperta in cui egli ribadisce i sentimenti di perdono espressi tanti anni fa dalla sua e da molte altre famiglie vittime del terrorismo, ma in quella stessa lettera ha illustrato i motivi che lo hanno spinto a partecipare ad una mozione firmata da tutte le forze politiche presenti alla Camera per impegnare il governo a fare tutto il possibile per ottenere l’estradizione di Battisti.“La stragrande maggioranza dei terroristi – scriveva Bachelet su ADITAL – che negli anni ’70 hanno seminato paura e dolore in Italia, sono stati arrestati e non solo hanno subito un regolare processo ma nel frattempo hanno, con dolore, scontato molti anni di carcere e sono già, in moltissimi casi, tornati a una nuova vita da cittadini liberi, realizzando così quanto prevede l’articolo 27 della nostra Costituzione: “La responsabilità penale è personale.
L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.“ In Italia negli anni Settanta – ricorda – non c’era nessuna guerra, nessuna resistenza armata contro un dittatore o una giunta militare, bensì minoranze violentissime che speravano di ottenere col terrore il potere e il consenso che non riuscivano a ottenere col pacifico esercizio della democrazia”.“ E’ doveroso – prosegue Bachelet- riconoscere, non tanto di fronte alle vittime, quanto di fronte all’intera società italiana, che si è commesso un reato, e accettarne le conseguenze giuridiche e penali. Non è però sensato sostenere al tempo stesso che non si è ucciso nessuno, come ha fatto Battisti dieci giorni fa accusando i suoi complici di averlo ingiustamente coinvolto nel processo, e poi, dieci giorni dopo, invocare perdono e riconciliazione. La concitazione di Battisti e i suoi convulsi e contraddittori proclami sembrano suggerire soprattutto il panico per l’imminente sentenza del Tribunale Supremo Federale del Brasile”.
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