A questa legge si vota “No”

09 Febbraio 2009

Sommessa domanda al Pd: ma che c’entra la libertà di coscienza con il ddl berlusconiano sul caso di Eluana Englaro? Poco o nulla, perché lo scopo di quel provvedimento, per esplicita ammissione del suo promotore, è soprattutto quello di affermare la preminenza del potere governativo sopra ogni altra cosa, dalle sentenze della Cassazione al magistero costituzionale rappresentato dal capo dello Stato. In tutto questo la tragedia di Eluana e della sua famiglia non è altro che un’occasione da cogliere, e come tale viene cinicamente maneggiata.
Ma se le cose stanno così, ed è difficile negarlo, allora perché mai il Pd si sta dimostrando incapace di assumere una posizione netta? In realtà il perché lo conosciamo benissimo, ed è nel solco che divide i cattolici da tutti gli altri. Un solco che si è approfondito con l’avanzare di una politica confessionale voluta dalle gerarchie vaticane e usata da Berlusconi con inaudita spregiudicatezza. In questo clima i cattolici del Pd si sentono vincolati all’obbedienza e per tenere insieme il partito Veltroni e i suoi si rassegnano alla formula abusata della “libertà di coscienza”.
Ora, è evidente che quando si discuterà della legge sul testamento biologico, quella che dovrà valere per tutti e non solo per la povera Eluana, sarà inevitabile rispettare il diritto di ciascuno ad ascoltare la propria coscienza. Anzi, sarebbe auspicabile che questo accadesse anche per i parlamentari della maggioranza, dove le voci laiche vengono sistematicamente umiliate e zittite.

Ma adesso no. Adesso la posta in gioco è la difesa della Costituzione e del bilanciamento dei poteri in uno stato democratico. Non Eluana e la sua povera vita sospesa da diciassette anni. Chi siede in Parlamento queste cose le sa benissimo, ma i più preferiscono nascondersi dietro il velo dell’ipocrisia generale. Vale per il Pd, ma vale anche per i centristi di Casini e per i democristiani comunque ricollocati, che ben dovrebbero conoscere il senso della laicità dello Stato.
Infatti Giulio Andreotti si è schierato senza esitazioni dalla parte di Napolitano, con ciò riprendendo la migliore tradizione della Dc. Vale la pena di ricordare (era il 20 ottobre del 1998) la visita al Quirinale del carismatico Giovanni Paolo II, che perorava la causa del finanziamento alle scuole cattoliche. L’allora capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, considerato dall’opinione laica poco più che un baciapile, gli rispose con una appassionata difesa della separazione tra i doveri del governare e la sfera religiosa. Vale la pena di citare le sue parole: “…Nella nostra diretta responsabilità è la scelta politica, è l’amministrare la cosa pubblica, è il quotidiano delicato e non facile compito di discernere, di guidare, di governare, di decidere. Su questi temi tremendi in sé e per le conseguenze che determinano, la voce della Chiesa che prega, che conforta, che ne ricorda i valori fondamentali e immutabili, è lampada che dona luce e forza al nostro cammino, ma non può togliere, né alleggerire il nostro carico…”.
Grande lezione, quella di Scalfaro.

La studino i centristi di Casini e i cattolici del Pd, prima di invocare una libertà di coscienza che appare come un alibi di fronte alla fatica di decidere. E la studi Veltroni, perché un partito merita di esistere solo se sa trovare unità di intenti nei momenti difficili e sui temi ineludibili. Altrimenti a che serve?

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