“Senza temere il discredito in cui versa la meticolosità siamo anzi propensi a credere che soltanto ciò che va in profondità riesce a divertire” avvertiva Thomas Mann nella premessa de “La montagna incantata”, storia, come tutti sanno, per nulla divertente, ma piuttosto dolorosa saga dell’indistinto scorrere del tempo della vita e della morte. Secondo la logica del grande romanziere del novecento dunque un fatto, un evento che non abbia spessore di realtà per sua natura produce disattenzione e noia. Ma basta questa logica ad esempio a spiegare il distacco e l’estraneità con la quale molti ex affezionati guardano oggi alla politica? A conferma della tesi dello scrittore c’è la consapevolezza che tutto oggi appare estremamente leggero, aereo, quasi sul filo della non esistenza. Una sorta di gioco tragico sulla pelle della democrazia simbolicamente rappresentato da una Costituzione che c’è e forse non c’è più, ignorata e spesso dileggiata.Stessa situazione per le due grandi forze di maggioranza e di minoranza: ci sono eppure anche non ci sono. Il Pdl governa ma anche non governa, promette e minaccia, vota e poi si rimangia tutto. Il Pd è un partito ma anche non lo è, stenta a divenire, preoccupato di tutto persino delle associazioni della società civile, ogni tanto si fa sentire ma dà appuntamento alla sua gente fra 87 giorni, cioè il 25 di ottobre.La vacanza estiva quest’anno appare caratterizzata da un diffuso senso di noia verso l’impegno politico e la partecipazione, c’è voglia di fare altro.
E’ stato un anno difficile, che ha visto consumarsi rapidamente l’entusiasmo che portò molti a lavorare per le primarie del Pd o, dall’altra parte, ad acclamare il Cavaliere vendicatore del giogo prodiano.Sono bastati pochi mesi a confermare che al potere ci sono sempre gli stessi in ogni forza politica e lo sono da diversi decenni: nessuno di loro passerà probabilmente nei libri di testo per grandezza di ideali, di senso dello Stato, e di fantasia politica. Semmai questa epoca sarà ricordata per una serie di punti interrogativi, di richieste di chiarimento. Ad esempio: come è potuto accadere che in Italia in pochi mesi un governo abbia portato la democrazia verso una china pericolosamente autoritaria senza che i cittadini fossero debitamente informati, allertati e mobilitati? E poi: come è potuto accadere che maggioranza e opposizione lavorassero su questo fronte della minimizzazione delle forzature istituzionali quasi all’unisono pur pronunciando apparentemente parole diverse che però diverse e opposte non erano?Ho già tentato di riassumere in nove punti una sorta di “libretto nero” dell’Italia di oggi. Ora vorrei proseguire la riflessione cercando di capire dove sono nati tanti guai e cosa si può fare per superare la noia e la delusione e non stare proprio con le mani in mano, aspettando settembre che come abbiamo studiato da bambini, è tempo di emigrare.Per quanto mi riguarda sono propensa a credere che l’errore di fondo sia stato quello del nascente Partito democratico che nel tentativo di ribadire il proprio distacco dall’Unione, da coloro che avevano dimostrato di essere più partiti di lotta e confusione che partiti di governo, ha forzato l’apertura di un dialogo indiscriminato con la futura maggioranza al punto di mostrare una sorta di preventiva accondiscendenza.
Il dialogo, il confronto, una maggioranza deve conquistarseli, non averli in regalo comunque dall’opposizione. In un certo senso senza volere il Pd ha detto alla Pdl di accomodarsi…la protesta ci sarebbe stata, ma come e quando chissà.Berlusconi, ora che ha risolto con l’eleganza da statista che gli compete i suoi problemi con la giustizia, si aggira mano nella mano con la sua rispettabilissima consorte, pronto quando sarà il momento a sfoggiare la famiglia appropriata per il Quirinale. Ma perchè, insisto, questo segnale di via libera, da quale piega della nostra storia è nato e di cosa si è nutrito?Sarei tentata, siccome qui si parla soprattutto di Walter Veltroni ( ma non solo), di rispolverare vecchie abitudini comuniste e democristiane che privilegiavano l’arte del compromesso anche quando sarebbe stato giusto combattersi frontalmente. Una visione della politica come arte non dell’imporre le proprie idee, un proprio progetto complessivo (ma qui comunque chi ce lo ha?) ma come l’arte del compromesso che viene definito “nobile” anche quando di nobile ha ben poco.Insomma, una Italia senza grandi idee e dunque anche senza molta voglia di battersi per farle vincere.E in questa autostrada spianata Berlusconi si è sentito autorizzato a fare di tutto: ha cambiato la Costituzione, ha ferito il Parlamento, ha colpito a morte la giustizia che non è più uguale per tutti, ha introdotto elementi di razzismo nel pensiero debole dei suoi ammiratori, ha mostrato la volontà di colpire i più deboli, i debolissimi della nostra società.Dunque chiedo: va bene così?Mario Paggi, uno dei vati dei sempre sconfitti liberali italiani, scriveva nel 1950 sull’ipotesi che un diffuso scontento portasse acqua al mulino della destra: “C’è in giro un senso di scettica incredulità intorno a questa ipotesi, si dice che il Paese scottato dall’acqua calda si guarderà dalla tiepida, come se il valore pedagogico della esperienza, specie se collettiva, meritasse una qualche reverenza…”.
Il volume che raccoglie questo e altri scritti si intitola “Ieri come oggi”. Vale la pena di leggerlo, se qualcuno teme di annoiarsi durante le vacanze di agosto.E’ abbastanza “meticoloso”, appunto, da sconfiggere la noia.
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