Cerchiamo di guardare ai fatti di ogni giorno col distacco del viaggiatore straniero, che sappia qualcosa dei destini e della storia delle democrazie, e che si soffermi a osservare come vanno le cose nel Paese che tre mesi fa, con libere elezioni, ha punito una sinistra litigiosa, pasticciona e inconcludente e ha consegnato il potere a Silvio Berlusconi.
1) Gli studiosi di politica e di Costituzione ci dicono che in Italia si è instaurato un presidenzialismo di fatto, senza alcun contrappeso, e che l’equilibrio fra i poteri è profondamente compromesso.
2) Il Parlamento è stato scelto, “nominato”, da pochissimi capi di partito, i cittadini hanno votato ma non hanno potuto scegliere i propri rappresentanti. I parlamentari costituiscono oggi gruppi totalmente asserviti alle richieste di chi li ha nominati.
3) Il Parlamento, dunque ha perso il potere costituzionalmente previsto, non rappresenta se non molto debolmente il popolo, e siamo in presenza di un forte spostamento del potere dal Parlamento al governo. Decreti legge e fiducia espropriano i parlamentari di ogni possibilità di incidere sulle scelte legislative. Ha detto il senatore Gerardo D’Ambrosio : “Si sta smarrendo la funzione del Parlamento e ora vogliono mettere mano al Csm l’altro organo costituzionale che ha cercato di mettere un argine”.
4) La maggioranza votata ad aprile è decisa ad andare avanti da sola, preannuncia con le dichiarazioni del suo Capo che cambierà la Costituzione anche da sola ed è disponibile a regalare all’opposizione una formalizzazione del governo ombra che rafforza il cosìdetto “bipartitismo coatto” e tende a ridurre sempre di più la visibilità e il potere di incidere di ogni forza intermedia.
5) Per settembre si annuncia una riforma “radicale” della giustizia, ovvero, della magistratura, che con una legge costituzionale già preannunciata potrebbe perdere del tutto la sua autonomia e esser ricondotta, anch’essa come il Parlamento sotto i poteri del governo.Si prepara il ritorno all’immunità parlamentare mentre il Premier si è già sottratto al giudizio e una nuova Tangentopoli si profila all’orizzonte.
6) L’informazione che già ha subito colpi molto duri dalla fiacca voglia di indipendenza dei giornalisti, è ogni giorno sotto la minaccia di una riduzione del potere di cronaca e di aumento delle pene previsto per coloro che osano sgarrare.
7) Ma potrebbe essere anche il primo punto: la situazione economica, critica anche in altri Paesi, da noi potrebbe colpire di più, e avere effetti devastanti sull’occupazione, sui salari, sui servizi sociali ecc.
Una situazione molto grave per affrontare la quale servirebbero una visione e un progetto complessivo che l’attuale classe politica non è in grado di offrire e forse nemmeno sta inseguendo.
8) La maggioranza che ha vinto le elezioni ha anche annunciato che intende dare un solenne contributo alla “riscrittura” della storia che si insegna ai nostri ragazzi, all’insegna di un forte revisionismo, che faccia piazza pulita di tanti “miti”, come la lotta di liberazione dal nazifascismo che sono alla base della nostra Costituzione. Ce ne accorgeremo l’anno prossimo, quando si tratterà di celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia e nel comitato organizzatore sono stati inseriti ex repubblichini e revisionisti doc. Nel frattempo Bossi reclama insegnanti del Nord per le scuole del Nord e insulta l’inno di Mameli. Riscrittura della storia nazionale e federalismo di tipo leghista possono incidere profondamente sul tessuto civile unitario del Paese.
9) La proposta di schedare i bambini rom non è stata accantonata. Le impronte sulla carta di identità per tutti dal 2010 non risolvono affatto il problema di una scelta discriminatoria e razzista.
Il viaggiatore straniero, arrivato a questo punto, potrebbe trarre delle conclusioni drammatiche e chiedersi verso quale futuro sia avviato questo Paese e se ne sia consapevole. I cittadini italiani e la loro classe politica sono invece restii a farsi domande, preferiscono scomporre il quadro e pensare uno alla volta ai mali che li affliggono, senza mettere insieme i vari tasselli: il mosaico finale rischia di creare qualche turbamento.
Inoltre molti commentatori politici suggeriscono di lasciar perdere, dicono che agli italiani di queste cose non importa un bel nulla, preoccupati semmai solo dal punto 7) dell’elenco, che fra tutti riguarda direttamente ciascuno di noi, e lo tocchiamo con mano appena facciamo la spesa o il pieno della benzina.
Il catalogo approssimativo che ho compilato, una sorta di libretto nero della democrazia in Italia, non è frutto soltanto di una mia personale ubbia: esso è stato declinato, non tutto assieme, ma alla spicciolata, dai partecipanti al seminario sulle riforme organizzato da 14 fondazioni e associazioni, da costituzionalisti e membri dell’attuale Parlamento.
Molto efficaci in particolare nella denuncia dello scadimento della qualità della democrazia sono stati quelli dell’Udc (Casini, Tabacci e D’Onofrio) perché in quanto forza di opposizione e di minoranza nell’opposizione sentono più di altri su se stessi il peso dell’autoritarismo berlusconiano. Ha detto Tabacci a Cicchitto, il craxiano ancora oggi in cerca di Repubblica presidenziale, che con il loro progetto “l’Italia finirà in Argentina, non in Nord America”.
Ha scritto W. S. Allen nel ’68, ricostruendo la nascita del nazismo in una cittadina dell’Hannover che “l’effetto principale della depressione fu quello di radicalizzare la città. Di fronte alla crisi economica avanzante, i cittadini furono inclini ad accettare cose che li avrebbero indignati in altre circostanze”. In contrasto con “l’insensata girandola di alterchi e di inefficienza politica, i nazisti si presentavano come un’alternativa di unità, impegnata ed energica…la loro propaganda giocava sulle necessità e le paure della città, riuscendo a conquistarsi l’obbedienza della classe media, confusa e turbata”. Tutto ciò creò le basi per la presa del potere. Lo stesso Allen sottolinea come ognuno vedeva l’uno o l’altro aspetto del nazismo “ma nessuno riuscì a vederlo in tutta la sua odiosità”. E, dopo aver ricordato che uno studioso degli anni in cui iniziò la dittatura, Konrad Heiden, parlò di “coup d’état a rate”, conclude il suo libro dicendo: “Il problema del nazismo fu prima di tutto un problema di percezione; da questo punto di vista il destino di Thalburg sarà probabilmente condiviso da altri uomini, in altre città, in circostanze simili.
E il rimedio non verrà trovato facilmente”.
E’ una questione di percezione: è proprio così. Ci consoliamo con la certezza che tutto ciò è accaduto in un altro secolo, in un altro paese, e qui non c’è Hitler alle porte, non c’è il nazismo e nemmeno il fascismo. Solo una democrazia in affanno e una Costituzione messa sotto i piedi giorno dopo giorno. Solo questo…
Solo…
L’Italia vivacchia. Una parte va al mare e una parte quest’anno per la prima volta da tanto tempo rimane in città. Ci sono da riscoprire i giardini dell’infanzia, i discorsi col vicino di casa, il cinema all’aperto, le partite a carte, i gelati e il fresco nelle vie medievali della nostra Italia. Ma la percezione che non si sa dove andremo a finire, la percezione del buio oltre la siepe, almeno questa cominciamo a coltivarla. Non è troppo presto, per cercare un rimedio. E, come prevedeva Heiden, anche questa volta non sarà facile trovarlo.
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