È in corso in tutta Italia la campagna di apertura sul territorio dei circoli del Pd. Entro la metà di febbraio saranno più di ottomila. Questo è il nostro obiettivo: per radicare e dare gambe solide al nuovo partito. Sarà un’occasione, come ovvio, di discussione e iniziativa politica sui temi dell’oggi e del futuro. Dai salari al costo della vita, dalla sicurezza alla riforma elettorale, dalla politica estera ai temi della laicità dello Stato ed eticamente sensibili. Siamo nel fuoco di un processo costituente.Un processo che è ad un tempo intervento nella cronaca e ricostruzione strategica della democrazia e di un patto credibile tra gli italiani per ridare a tutti il senso di una comunità nazionale. Contemporaneamente a tutto ciò, da settimane sta lavorando con grande serietà e alacrità la commissione Statuto, che a breve deve darci la proposta della nostra «Carta Costituzionale» interna. È in corso una discussione su questo, assai ampia e aperta. E, a me pare, con possibilità di esiti largamente unitari. Come si sa l’organizzazione di un soggetto politico è indissolubilmente legata alla sua missione e funzione nella società. Il Pd nasce per dare battaglia sul futuro dell’Italia, per riunire il paese e avviare una nuova fase della Repubblica. Nasce per ridare dignità alla politica. Oggi così diffusamente vuota di valori. Noi vogliamo rimettere la politica al servizio dei cittadini, dei loro bisogni concreti e delle loro attese più profonde, umane e spirituali.
Infine, vogliamo un partito che ricostituisca il nesso tra politica, cultura e competenze; che provi a formare, in modo moderno e originale, nuove classi dirigenti.Il nostro progetto è innovativo, al punto che in nessuna parte del mondo (non credo sia solo una mia impressione soggettiva), la ricerca e il confronto si svolgono su confini così avanzati. Cerco di riassumere le mie opinioni solo su alcune questioni che ritengo essenziali e che sono oggetto di un approfondimento ancora aperto sugli esiti della commissione statuto.L’esperienza straordinaria del 14 ottobre è un punto di partenza insostituibile. Rispetto ad essa non si può tornare indietro. Il suo significato democratico va integralmente recepito. Il Pd dunque sarà un partito nel quale conteranno in modo decisivo gli elettori e i semplici cittadini. Per questo sicuramente il segretario nazionale, quelli regionali e l’assemblea nazionale non possono che essere eletti in modo diretto dal popolo che deciderà di partecipare ai nostri momenti congressuali. Francamente non limiterei questa possibilità di partecipazione a quelli già presenti prima dei congressi nell’albo dei nostri elettori. Ridurrebbe l’impatto e la novità dell’appuntamento.Escludendo, per altro, molti che possono (e sono tanti), decidere di votare il giorno stesso della consultazione trascinati anche dalla forza politica e mediatica dell’evento. Capisco la buona fede di chi motiva di chiudere gli elenchi almeno una settimana prima dello svolgimento del voto; si dice per ragioni di trasparenza, per evitare forme organizzate o poco limpide di mobilitazione.
Obietto che a me pare il contrario: su elenchi conosciuti è più facile costruire cordate e condizionare, mentre chi viene spontaneamente anche all’ultimo momento è ancora più imprevedibile e libero nell’espressione delle sue scelte. Approfondiamo: tuttavia questo è un punto importante.Accanto e insieme agli elettori e ai cittadini, ci sono gli associati. Non esiste un partito che non dia spazio, ruolo, dignità a chi decide di spendere se stesso nella politica in modo più assiduo al di là di alcune occasioni solenni e di mobilitazione generale. Veltroni ha detto che pensa ad un partito presente là dove la gente normale vive, lavora, studia. Questa articolazione la danno solo i militanti. Il punto è garantire forme di adesione trasparenti, fondate sulla responsabilità personale e il rapporto diretto con le strutture. Senza deleghe, pacchetti di tessere, gruppi anonimi di potere. Su questo c’è molto da fare in molte parti del Paese. Ma se gli aderenti debbono essere protagonisti, non possono solo alzare bandiere o cucinare salsicce nelle feste. Debbono avere diritti, poteri, funzioni.Nella discussione sullo statuto, per esempio, a proposito della fase congressuale nazionale (che come abbiamo detto si conclude con l’elezione dell’assemblea nazionale e del segretario, con la sua piattaforma politica, da parte di cittadini) emerge la scelta di dare loro la funzione di elettorato passivo e di elaborazione dell’offerta politica. È anche la mia idea. Elaborazione dell’offerta politica non vuol dire discussione decorativa.
Le candidature a segretario nazionale, per esempio, devono essere sottoposte ad un voto, ponderate e valutate dagli aderenti in tutti i circoli. E solo quelle candidature che raggiungono una soglia minima di consenso, potranno essere sottoposte al voto universale dei cittadini italiani. Penso che la soglia debba essere misurata e non andare oltre il 10%. Essa, a me sembra, indispensabile per evitare che una candidatura del tutto estranea agli aderenti al partito possa prevalere grazie solo ad una sua forza mediatica. Così come la misura della soglia evita che nella fase congressuale finale (se la soglia fosse alta) i candidati esclusi possano aprire un gioco di alleanze politiche verticistico che alla fine indebolirebbe il valore dell’indicazione espressa dagli aderenti nei circoli del territorio o nelle strutture di base.Infine c’è grande attenzione sul tema del pluralismo. Il Pd è un partito aperto, ricco di sensibilità e personalità. Il pluralismo è nella sua natura. Il punto è far vivere il pluralismo in associazioni, riviste, fondazioni, centri di ricerca che producano idee, progetti, ricognizioni del territorio umano e materiale italiano ed un nuovo rapporto con gli intellettuali e le competenze. Anche esterne a noi. Qui vedo un ruolo decisivo dei Forum. Insomma: un pluralismo che spinga a sintesi e riflessioni superiori. Tutto il contrario di menti ossificate, di catene di comando, di personalismi e di gruppi di potere e di quel pluralismo che è stata la foglia di fico, per lottizzazioni di posti nelle ASL, nei consigli comunali o regionali, nelle aziende o per i seggi in parlamento.Sui giornali si è accesa anche una falsa discussione tra chi vorrebbe il congresso subito e chi non lo vorrebbe per nulla.
È del tutto evidente che il nuovo partito ha bisogno di una sua prima assise democratica nazionale, dalla quale cominci la vita a regime del Pd, secondo le decisioni dello Statuto. Una data ragionevole potrebbe essere non oltre l’ottobre del 2009. Un tempo adeguato per verificare segretario, piattaforme politiche e gruppi dirigenti. Così come è evidente che se la situazione politica, malgrado i nostri sforzi, dovesse precipitare in un vuoto anticipato, il congresso dovrebbe essere collocato in una data immediatamente successiva al voto stesso, il cui esito in ogni caso avrebbe implicazioni di non poco conto. Anche su questo, quindi, ci sono i margini per tenere conto delle diverse opinioni e preoccupazioni. Ho solo sollevato alcuni temi, quelli che ritengo ancora più aperti e delicati, per dare un contributo ad una discussione che ha naturalmente le sue sedi sovrane nella commissione statuto e poi nell’assemblea nazionale. *coordinatore fase costituentedel Partito Democratico
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