No al comitato ristretto, stralciare tutto quello che si riferisce alla legge Boato, e testi subito divulgabili senza dover aspettare udienza preliminare. Massimo Brutti, senatore ulivista in Commissione Giustizia anticipa le linee guida del gruppo nella discussione in corso sulle intercettazioni telefoniche. Il limite, per il momento, è quello dettato dalla Legge Boato del 2003, secondo la quale le telefonate di un indagato che parla con un parlamentare non sono utilizzabili salvo autorizzazione del Parlamento. Ma un emendamento, proposto dall’ex senatore della Margherita, Franco Manzione, complica ulteriormente i passaggi. Se venisse approvato, renderebbe impossibile indagare per eventuali reati intercettati telefonicamente. Oggi il Gip, per avere il permesso di indagare i politici – è il caso per esempio della Forleo e dell’inchiesta milanese sulle scalate alla Antonveneta -, deve spiegare per quale reato e nei confronti di chi muove l’indagine. Il Parlamento, per la legge Boato, non può concedere l’autorizzazione a usare le telefonate, se prima i magistrati non indagano i parlamentari. Può respingere del tutto la richiesta se individua il fumus persecutionis. Se passa la proposta Manzione, il magistrato per utilizzare i tabulati telefonici anche contro i politici, deve prima formalizzare le accuse nei loro confronti, ma siccome la legge Boato vieta di usare le intercettazioni a questo scopo, è inutile chiedere al Parlamento il permesso: onorevoli e senatori saranno intoccabili.
Manzione ha proposto di proseguire la discussione nell’ambito di un comitato ristretto, il che renderebbe impossibile a chi ne è escluso, seguire i lavori e dar conto di quello che accade. L’opposizione è d’accordo.“Su questo punto – dice invece Brutti – non si transige: noi siamo assolutamente contrari, vorrebbe dire lavorare in apnea. La mia opinione è che si dovrebbe stralciare tutto quello che si riferisce alla legge Boato, sulla quale peraltro pende un ricorso alla Corte Costituzionale. Inoltre sono dell’idea che i testi delle intercettazioni debbano essere resi divulgabili subito, senza dover aspettare udienza preliminare”.Intanto, l’esame degli emendamenti continua. Felice Casson, ex magistrato, senatore dell’Ulivo, accusato di sposare la mozione di Manzione, prende le distanze e in commissione ribadisce la necessità “che i lavori parlamentari siano adeguatamente pubblicizzati, in modo da evitare fraintendimenti che, considerando la delicatezza delle questioni coinvolte anche alla luce delle recenti vicende politico giudiziarie, possono ingenerare disorientamento nell’opinione pubblica” e anzi chiede “un confronto aperto e pubblico su temi di così forte rilevanza sociale e politica, onde evitare rischi di indebite strumentalizzazioni”.
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