La prima assise del nascente partito democratico e la consultazione popolare sulla sua leadership costituiscono una delle più importanti scadenze politiche dell’autunno. Come si è già accennato, l’elettorato, specie — ma non solo — quello di centrosinistra, manifesta grandi aspettative, sia nei confronti della nascita della nuova forza politica, sia, specialmente, riguardo alle primarie.
Anche per questo, alla domanda «se domani si svolgessero le primarie per il partito democratico lei andrebbe a votare?», la quantità di risposte affermative risulta assolutamente fuori dall’ordinario. Addirittura, il 18% dell’elettorato nel suo complesso (e il 44% di quello potenziale del Pd, con una ulteriore accentuazione tra i votanti attuali dei Ds), ciò che corrisponderebbe in teoria a diversi milioni di elettori, afferma che si recherebbe alle urne. Tra chi dichiara l’intenzione di voler partecipare, la grande maggioranza è ovviamente costituita da elettori attuali dei partiti che formeranno il Pd. Ma una quota rilevante risulta provenire anche dalle altre forze del centrosinistra (ove quasi il 20% afferma di voler votare) e financo (per il 10% circa) dagli elettori delle forze di centro e di centrodestra (nonostante che nel quesito posto agli intervistati fosse chiaramente esplicitato il fatto che «può prendere parte al voto solo chi dichiara di voler partecipare al processo costituente del Pd»). È significativo il fatto che questo desiderio partecipativo si rilevi in misura assai maggiore tra le classi di età più giovani (da sempre più interessate al Pd) e, al tempo stesso, tra i più anziani in assoluto, vecchi militanti che intravedono nel nuovo partito una possibilità di mutamento.
Ovviamente, gran parte di costoro non si recherà poi a votare veramente.
Infatti, anche sulla base delle esperienze passate, più che la premessa di un comportamento vero e proprio (una partecipazione del genere è assolutamente improbabile e ovviamente da escludere per chi si colloca nel centrodestra), questo dato sembra manifestare una sorta di «voglia di rinnovamento » del quadro politico nel suo complesso e il desiderio di contribuire in qualche modo personalmente a questo processo. In altre parole, la formazione del Pd e la consultazione che ne costituirà il primo atto, sembrerebbero rappresentare per molti dei fattori di innovazione dell’odierno scenario, ritenuto deludente. Si tratta di un fenomeno che, come si è visto, va ben al di là del confine dell’elettorato del centrosinistra. Anche perché, in parte, questa sorta di «mobilitazione anticipatoria » suscitata dalle primarie è legata allo scontento verso la situazione politica attuale e, in particolare, verso il governo Prodi, documentato da molte analisi e ricerche. Proprio la disapprovazione suscitata, a torto o ragione, dall’azione — e persino dalle intenzioni — dell’esecutivo, rafforza la voglia di novità, di avvenimenti e protagonisti che possano imprimere una svolta al quadro attuale.
Abbiamo posto successivamente la domanda sul candidato che si intende votare, tra quelli oggi in lizza. Nell’analizzare le risposte, abbiamo considerato ovviamente solo chi, in quanto elettore dei partiti che formeranno il Pd, avrà il diritto di prendere parte alle primarie. Veltroni ottiene, com’era ovvio aspettarsi, la maggioranza dei consensi.
Ma, forse anche a seguito dell’«entusiasmo partecipativo» di cui si è detto, riporta una percentuale elevatissima, oltre il 60%. Rosy Bindi si classifica al secondo posto, con il 10% dei voti, mentre gli altri candidati riportano quotazioni inferiori.
Nell’insieme, questi dati mostrano, ancora una volta, l’ampiezza delle responsabilità che il nuovo segretario del Pd finirà con l’assumersi, chiunque egli sia. Perché, come si sa, ad aspettative ampie possono seguire grande entusiasmo e partecipazione ma anche, nel caso esse non fossero soddisfatte (è ciò che è accaduto in una certa misura col governo attuale), grande scontento e delusione.
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