Walter Veltroni la definisce «un’esperienza meravigliosa e complicata». Questo partito democratico che lui sogna da molti anni sta nascendo davvero, «c’è un clima di fiducia» e si capisce che può diventare la prima forza del Paese. Magari, perché no, col 40 per cento dei consensi. Ma perché sia così, gli elettori «devono trovare davvero le porte aperte» e bisogna evitare qualche rischio che inizia a preoccupare il candidato segretario. Ovvero «che attraverso le primarie si riproponga il vecchio schema delle correnti», o che si faccia «la caricatura della campagna elettorale generale, in cui si mettono in discussione le regole prima di cominciare…» Avvertimento rivolto a tutti, evidentemente.Per un’ora ieri mattina Walter Veltroni è stato nella redazione dell’Unità e ha risposto in videochat alle domande dei lettori e del direttore Antonio Padellaro. Ha parlato di governo, alleanze, legge elettorale, primarie, valori e obiettivi del nuovo partito. Ha difeso l’esecutivo e «questa» maggioranza, ma ha spiegato perché il Partito democratico deve porsi il problema di cosa fare se l’Unione entrasse in crisi. Ha rivolto un appello a Mussi: «È un’anomalia che Fabio ed io siamo in due forze diverse…». Ha difeso i dirigenti dei Ds sulla vicenda delle intercettazioni. «No al frullatore», dice Veltroni, che apprezza le parole «sagge» di Napolitano ma consiglia apertura sulle richieste della magistratura: in sostanza, la politica non si arrocchi e permetta l’acquisizione delle intercettazioni.
Ha riproposto il tema del patto generazionale e di un nuovo patto fiscale, per uscire dalla forbice che ci attanaglia: tasse troppo alte, evasione fiscale patologica, debito altissimo. È ora, afferma, di invertire la rotta seguita finora, vedendo se abbassando la pressione fiscale si riesce anche a ridurre l’evasione. Spunti polemici? Non sono mancati. A cominciare dal tema con cui Padellaro introduce l’incontro: come riaccendere la passione? Il direttore legge l’email di un lettore, Piero Prati: «Ciao Walter, credo molto nella tua bella politica, ma credo che ti verranno molti ostacoli anche da quelli che ti hanno spinto ad accettare la candidatura…».Risposta: «Abbiamo vissuto una fase difficile nelle scorse settimane, ma si è rimessa in moto quella che definirei una razionale speranza, l’idea che sia possibile realizzare quella casa comune che abbiamo sognato per dieci anni e che questa possa ambire a diventare la prima forza del paese. E il Partito democratico sarà la prima forza del paese, lo dico non per ottimismo ma con razionale convinzione. A patto che sia davvero il Partito democratico. La condizione è che gli elettori trovino una casa aperta. L’occasione è questa meravigliosa e complicata macchina democratica che abbiamo messo in campo e che non ha paragoni nella storia italiana. Vedo tanti giornali che stanno a vedere se all’elezione diretta per il leader ci sono due, tre o 4 candidati. Sono certo che avranno la stessa attenzione quando si eleggeranno il leader di Forza Italia o di An…
La cosa certa è che noi avremmo un grande pronunciamento, la gente potrà votare il segretario, scegliere e anche candidarsi. E noi abbiamo bisogno che nel partito democratico ci siano facce nuove, forze, movimenti, competenze, conoscenze».Molti lettori ci chiedono com’è maturata la scelta di Walter Veltroni. Uno scrive (Bruno Della Casa): alla fine dell’esperienza di sindaco, non doveva fare volontariato in Africa? Cosa gli ha fatto cambiare idea?«A un certo punto ho avuto la sensazione che se non avessi fatto questa scelta, avrei contribuito ad aggravare una situazione.
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