Più passano gli anni, più ci si allontana dal tempo della Shoah, più diventa vicino l’orrore. Si fa ormai quasi impossibile non sentire anche noi scampati un po’ di quella immensa sofferenza, provare sulla nostra carne di fortunati un poco di quelle piaghe che afflissero i prigionieri dei lager. Ed è persino reale il grido di dolore di quei figli strappati, di quegli uomini e donne separati per sempre.Più nero il fumo delle camere a gas. Più odioso il rifiuto di una parte del mondo di allora di conoscere ciò che accadeva dietro a quei cancelli, quale fosse la destinazione dei vagoni partiti dalle nostre città.
Forse era assolutamente necessario scavalcare il novecento, entrare in un nuovo millennio, perché l’umanità potesse sentire così vero l’Olocausto. Ed oggi, mentre si ripetono le minacce di distruzione di Israele da parte dell’Iran e del terroristi islamici, intere scolaresche guidate dai loro maestri toccano i luoghi dello sterminio e ora “sanno” perché hanno posato lo sguardo. Protetti nei giubbotti supertecnologici del 2000 hanno capito il gelo del ’44 e del ’45.
E allora io credo che dobbiamo essere grati a quei testimoni, quei sopravvissuti, che da anni ormai dedicano la loro vita a scrivere, a raccontare. Perché il mondo sappia. Abbiamo imparato a conoscerli, molti di loro e il loro dolore, intervistati in programmi televisivi, con loro abbiamo partecipato a manifestazioni per non dimenticare. Li abbiamo visti invecchiare, con quel peso insopportabile di sofferenza e di ricordi.
Sono diventati familiari. Sappiamo che ogni volta che rievocano soffrono come allora, che il dolore per i parenti morti è atroce come lo fu in quegli istanti. Conosciamo la loro voce che si spezza, lo sguardo che a un certo momento fugge in cerca di solitudine.
Conosciamo la voglia di silenzio. Ma li ringraziamo per tutto quello che hanno raccontato.
Se fosse possibile vorrei fare arrivare un grazie collettivo, grazie per aver fatto della vita l’occasione della testimonianza, per averci mostrato il braccio e il numero, per la infinita dignità delle vostre parole.
Grazie, vorrei dirvi, per il ritorno: sappiamo quanto per molti di voi sia stato insopportabile il pensiero d’essere sopravvissuti.
Non avete sofferto invano.Sarebbe bello che qualcuno di voi fosse accolto nelle Istituzioni del nostro Paese. Non per fare politica nel piccolo mondo della politica, ma per costringere la politica a non sottovalutare mai il lato buio dell’umanità.
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