Quanto tempo ci vuole per far traballare la dignità di un paese, roderne l’unità con leggi che discriminano, fare un bel fascio delle garanzie e dei diritti e buttarlo nella discarica dei privilegi e della illegalità…
I quattro anni del governo Berlusconi sono bastati a cambiare il volto dell’Italia. Prima c’erano molte cose che non andavano ma che potevano esser aggiustate. C’era un’idea abbastanza comune dell’Italia che sarebbe stato possibile costruire, c’era la consapevolezza di cosa è pubblico e cosa è privato e quanto ci si debba impegnare per tenere distinte le due sfere. C’era un’idea di futuro, difficile per molti, ma non impossibile da tessere, con pazienza e competenza. C’era anche il rischio di addormentarsi, ma si chiedeva alla politica di rinnovarsi, alla società di non disarmare, all’Italia di essere pienamente europea e moderna. C’era la speranza.
Oggi invece accade di sentirsi addosso una polvere di macerie. Molti amici ci confessano di non aver più voglia di seguire gli eventi, delusi giorno dopo giorno da ineluttabili avvenimenti. Qualunque impegno non dà risultati, resta nel mucchio delle belle azioni fini a se stesse. Non si arresta il degrado dell’Italia politica, non passa giorno che la maggioranza non ci sottragga qualcuna delle nostre antiche certezze, e l’energia per reagire è praticamente esaurita.
Un senso di spossatezza si è impadronito sia dell’opposizione in Parlamento sia delle forze della società civile la cui voce è distante o addirittura inesistente.
C’è, infine, un forte e generalizzato disorientamento per lo scenario torbido che fa da sfondo alla guerra delle scalate, allo scontro fra vecchia e nuova finanza, al coinvolgimento della Banca d’Italia in ruoli certamente non super partes. Chi manovra e dove vuole arrivare? Chi è pulito e chi fa oscuramente parte delle cordate? Chi ha ragione e chi ha torto? Chi sarà il prossimo padrone del Corriere della Sera?
Insomma, c’è molta voglia di fuga tra chi un tempo era in prima linea, e oggi si ritrova oppresso da frustrazione e sfiducia.
Eppure, qualcosa si sta muovendo. Segnali che dovrebbero rincuorarci ci sono e dovremmo saperli cogliere. Intanto gli anni della cattiva amministrazione hanno cominciato a logorare seriamente i rapporti interni alla maggioranza. Non bastano più le cene dal Premier, le poltrone da sottosegretario a tenere insieme i soci del malgoverno. Ognuno di essi sente che la pacchia sta per finire e come una bestia cieca scorrazza in cerca di nuovi protettori. Ciò che li tiene ancora insieme è certamente qualcosa di poco confessabile insieme alla speranza di vincere anche le prossime elezioni per la debolezza dell’opposizione. La disgregazione ormai colpisce, come si è visto, anche all’interno delle singole forze della Cdl.
Intanto l’attuale minoranza, futura vincitrice, sta stringendo le fila, attorno a Romano Prodi. E’ riuscita a produrre un progetto per l’Italia, circoscritto ai valori dell’Unione, diviso in capitoli, a volte un po’ vago e tale da comprendere soluzioni e ipotesi contraddittorie (cosa vuol dire, ad esempio, che la Costituzione può essere aggiornata “per garantire una democrazia più efficiente”?).
Ma è già più di qualcosa e alcuni principi fondamentali sono ribaditi con sufficiente vigore.
La competizione, nel centro sinistra, riguarda ovviamente, oltre alle Primarie, anche il non detto: distribuzione dei posti e dei collegi, distribuzione dei posti di governo. Non è esaltante, ma è sempre stato così. Riguarda il potere che verrà. Ma riguarda anche il più ampio capitolo di chi deve accogliere i fuggiaschi dalla Cdl e quali fuggiaschi siano da accogliere. Purtroppo si tratta spesso di personaggi non limpidi. Come abbiamo detto più volte sarebbe bene cercare i voti dei cittadini delusi da Berlusconi, piuttosto che arruolare opportunisti di chiara fama. Ma questa è un’operazione più complicata. Infine, il livello locale: non c’è regione, non c’è città o provincia nella quale non si registrino lotte e intrighi incomprensibili fra Ds e Margherita per accaparrarsi i posti pubblici ancora disponibili. La scena locale non è incoraggiante.
Ma nonostante tutto, in questi giorni caldi d’estate dobbiamo convincerci che c’è da fare un ultimo sforzo: se non troviamo ancora energia e voglia di impegnarci, noi della società civile, noi del centro sinistra, il danno infatti sarà enorme. Lavoriamo per le primarie attorno al progetto di Prodi. Stringiamoci attorno a chi ci promette un’Italia diversa da quella che ci lascia il Cavaliere. Esser fiaccati nello spirito, rassegnarsi, aspettare ignavi gli eventi sarebbe imperdonabile: un regalo davvero da non fare a chi per impadronirsi dell’Italia ha cercato di strapparle l’anima.
E c’è quasi riuscito.
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