Quel 25 aprile era a Mauthausen e se lo ricorda bene. “Avevo 24 anni, sapevo che la libertà era vicina, lo sentivo. Ma avevo il terrore che i tedeschi uccidessero tutti prima di lasciare il campo”. Raimondo Ricci, senatore e vicepresidente nazionale dell’Anpi, tra le colonne del Coordinamento Salviamo la Costituzione, questo 25 aprile sarà a Milano, accanto al presidente Ciampi che lo ha voluto sul palco delle celebrazioni per il sessantesimo della Liberazione.
Tra i pochi sopravvissuti del campo di sterminio alle porte di Linz, in Austria, Ricci, corporatura massiccia, spalle larghe, dovrà aspettare il 5 maggio del 1945 per la sua personale liberazione, data cioè in cui gli americani sfondarono con carriarmati e autoblindo le recinzioni con il filo spinato ad alta tensione.
Che valore ha per lei il 25 aprile?
Storicamente ha un grandissimo significato, rappresenta la svolta nella vita collettiva del nostro paese e di tutta l’Europa. La svolta dalla guerra alla pace, da un regime totalitario alla speranza di democrazia e libertà. E’ la conquista della libertà. In tutti gli anni precedenti quella data, la nostra vita, la mia vita, era strettamente legata alle vicende del nostro Paese, alla preparazione della guerra e a tutto il resto. Il 25 aprile del ’45 avevo 24 anni e quando venni chiamato alle armi ne avevo 20. La mia giovinezza si è intrecciata con la guerra, la paura, il terrore della morte e la speranza di uscirne vivo.
Nella fase in cui fui detenuto a Mauthausen, l’idea della morte mi era estremamente vicina. Il 25 aprile, al campo di sterminio, sentivamo che si stava avvicinando la libertà, ma cresceva anche l’ansia per la macchina della morte, per la soppressione completa del campo. Con una riflessione fatta negli anni successivi, il 25 aprile diventa simbolo di quel che l’Italia era riuscita a fare e cioè la sconfitta del nazifascismo e la realizzazione di un percorso nuovo, anche se faticoso e difficile, per il varo della Costituzione e per la pienezza di una democrazia che arriva anche con il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica. La nostra Carta è un’opera straordinaria, scritta in un anno e mezzo con un grande consenso, sulla base di principi largamente condivisi e con il disegno di un’architettura della Repubblica che la rende una delle Costituzioni più armoniose e complete d’Europa.
Si può azzardare il paragone con il 14 luglio per la Francia? Il 25 aprile è la festa nazionale della liberazione?
Certo che sì, quella data rappresenta la fine dei sacrifici del popolo italiano. La Resistenza italiana è diversa dalle altre Resistenze. Quelle europee sono state lotte per riconquistare l’indipendenza nazionale, la rimonta di una guerra solo provvisoriamente perduta. L’Italia dei sei anni di guerra quattro li passò a fianco degli invasori. Dunque ci fu da un lato l’elemento della liberazione, ma anche la vittoria di un popolo contro la propria deviazione totalitaria.
Questo volle dire per noi il 25 aprile del ’45: superare l’identità fascista, oppressiva, totalitaria e dare al nostro Paese un nuova identità di paese libero, democratico.
Ora però la destra al potere tenta di far passare la linea di una guerra civile vinta solo da una parte del paese, quella che festeggia il 25 aprile appunto…
E’ questa destra che tenta di minare il significato profondo della Liberazione, non tutta la destra. Non dimentichiamo che gran parte della destra, quella che si riconosceva nella Democrazia cristiana per esempio, ma anche i liberali e molti altri si schierarono contro il fascismo. L’Italia tutta si affrancò dal fascismo.
C‘è chi insiste nella mistificazione fino a volere riconoscere come belligeranti i repubblichini…
Anche le modifiche alla Costituzione vanno nel senso di un revisionismo distorto. Perché il revisionismo può anche essere legittimo se animato dallo spirito della ricerca e se punta alla verità. Qui il fine è solo politico, lei la chiama mistificazione, io dico: questa è manipolazione della storia.
Insomma bisogna separare la storia dalla memoria, c’è ancora qualcuno che ha nostalgia del totalitarismo. Sono antichi vizi della società italiana; emersero con il fascismo, oggi riaffiorano. La storia è sempre molto complessa. Quello che deve essere chiaro è che il 25 aprile è una festa di tutti, perché la maggior parte del paese si schierò nella Resistenza italiana e anche la cultura, insomma proprio la maggioranza della popolazione.
Lei che è stato testimone di quei fatti, in piazza a Milano, quando ci sarà anche Berlusconi, che discorso farà?
Oggi l’impegno è dare attualità a questo lungo e complesso discorso che ci ha portati alla democrazia.
Dobbiamo difendere l’eredità più preziosa. In questo 25 aprile, sono sicuro, verrà fuori il radicamento profondo della libertà. Proprio per essere stato testimone del trionfo del fascismo e poi di quello della democrazia, so che non bisogna arrendersi davanti a chi ha poca memoria o mescola le carte in tavola. Il popolo italiano ha grandi risorse, non dobbiamo perdere la fiducia.
Difendiamo la Costituzione, i diritti e la democrazia, puoi unirti a noi, basta un piccolo contributo