«La legge di bilancio di bilancio del governo non fa crescere il paese, non prevede investimenti, stanzia solo elemosine per il lavoro e le emergenze sociali. E aumenta le spese militari. Non abbiamo bisogno di una economia di guerra, ma di una economia su pace fondata sui diritti, la pace, l’ambiente. La nostra controfinanziaria non è un “libro de sogni” ma 111 proposte concrete e dettagliate per un modello di sviluppo nuovo: riduzione delle spese militari, cancellazione del Ponte sullo stretto e dei Sussidi ambientalmente dannosi a favore di investimenti per la sanità pubblica, il diritto allo studio, la transizione ecologica».
Così scrive Giulio Marcon, portavoce della campagna Sbilanciamoci!. La controproposta è stata presentata giovedì 4 dicembre al Senato, dove è attualmente in discussione il Disegno di Legge di Bilancio 2026 del Governo. Una manovra definita “povera”, che accentua le disuguaglianze.
«Senza aumentare il debito pubblico, la nostra Controfinanziaria mostra come sia possibile destinare risorse consistenti ai servizi essenziali, alla giusta transizione ecologica, al lavoro, al reddito, alle politiche sociali e alla cooperazione internazionale, riducendo al tempo stesso spese militari e sussidi dannosi per l’ambiente», hanno spiegato i proponenti.
Il testo integrale del Rapporto è scaricabile gratuitamente dal sito di Sbilanciamoci!, qui.
Venerdì 5 dicembre intanto il 59° rapporto del Censis ha confermato l’aumento delle diseguaglianze tra ricchi e poveri, con una condizione di grande affanno del ceto medio italiano. Per l’Istituto di ricerca è un processo di “cetomedizzazione”, neologismo di Giuseppe De Rita, degli italiani sempre più consapevoli del rischio di «perdere lo status quo faticosamente conquistato». Considerati responsabili di questa condizione in bilico, politica e istituzioni sono sempre più considerati a rappresentare le istanze di questo ceto sempre più ampio e variegato: è l’opinione del 72%. Eppure, spiega il Censis, alla «cinica indifferenza e da una narcolessia senza indignazione» si è soppiantata una rinnovata partecipazione, con i cortei di protesta contro la guerra in Palestina che sono stati occasione per ritrovare l’idea di avere voce di poter contar, rispetto alle grandi ingiustizie: un fenomeno da osservare e studiare «per comprendere se e quanto si stiano diffondendo forme alternative di coinvolgimento, magari a bassa intensità».

