Autonomia differenziata: da giugno 2024 a dicembre 2025

04 Dicembre 2025

Monica Kleinefeld e Marina Merlini (Coordinamento Democrazia Costituzionale)

⁠Rita Campioni (NO AD - Comitati contro qualunque autonomia differenziata)

Simonetta Danesi Coordinatrice Circolo Libertà e Giustizia Milano

Una lunga storia che si può riscrivere. A partire dalla proposta del costituzionalista Massimo Villone. E con la partecipazione di una comunità non indifferente.

Il 19 giugno 2024 la Camera approva definitivamente la Legge Calderoli (ordinaria) sulla Autonomia differenziata, pubblicata in Gazzetta ufficiale il 26 giugno con il numero 86/2024.

Contro tale legge, dopo i tentativi d’attuazione nel 2018 e 2019, si avviano due iniziative concomitanti: una di tipo istituzionale, con i ricorsi alla Corte Costituzionale di 4 Regioni che richiedono sia l’abrogazione in toto della legge sia rilevano parziali elementi d’incostituzionalità, mentre sul piano sociale e civile viene costituito un Comitato unitario da partiti, organizzazioni sindacali e associazioni per la raccolta firme avente l’obiettivo dell’abrogazione della legge. L’iniziativa nasce su impulso della CGIL e della rete de La Via Maestra, il Comitato è presieduto dal costituzionalista Giovanni Maria Flick. La campagna per la raccolta firme viene portata avanti da numerose realtà con la raccolta firme durante il periodo estivo e utilizzando la piattaforma per la raccolta online, raccogliendo ben 1.300.000 firme per la proposta di abrogazione (di cui 700.000 firme cartacee, ai banchetti).

Il 3 dicembre 2024 la Corte costituzionale non ritiene che la richiesta d’abrogazione totale della legge Calderoli avanzata dalle Regioni ricorrenti sia fondata e, invece, afferma che numerose sue parti non sono costituzionali. Inoltre, per la prima volta, essa fornisce una lettura costituzionalmente orientata del regionalismo e dell’autonomia differenziata, mettendo in crisi i fondamenti della riforma del Titolo V della Costituzione come riformata nel 2001 e chiedendo una conversione culturale e politica da un modello di “regionalismo competitivo” a un “regionalismo cooperativo”, indicandone tutti i riferimenti costituzionali. Con la Sentenza 192/2024, la Consulta quindi dichiara illegittime diverse parti della Legge 86/202, invitando alla sua riscrittura. (Per una conoscenza sintetica della sentenza e degli effetti sulle richieste vedi p. es. Buzzacchi, 2025, in allegato.)

Successivamente, il 12 dicembre 2024 la Cassazione, Ufficio centrale per i referendum, dichiara formalmente ammissibile il referendum abrogativo su quel che resta della legge Calderoli dopo la Sentenza della Corte costituzionale 192/2024.

Ma il 7 febbraio 2025 la Corte costituzionale, con sentenza 10/2025, dichiara inammissibile la richiesta di referendum popolare, motivando che la Legge Calderoli “nel suo assetto attuale” è stata “profondamente modificata” dalla sentenza 192/2024 della stessa Corte.

Il grande movimento popolare dell’estate 2024 accusa il colpo, nonostante gli indubbi meriti della Sentenza. Il Comitato referendario si scioglie. Resta il compito – in primis della Corte (e poi dei Partiti e anche delle Associazioni) – di continuare a vigilare sulla riformulazione della Legge Calderoli e di proporre modifiche normative alla normativa vigente.

Nel Comunicato della Corte del 14 novembre 2024 vi era scritto: “Spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge. La Corte resta competente a vagliare la costituzionalità delle singole leggi di differenziazione, qualora venissero censurate con ricorso in via principale da altre regioni o in via incidentale”. Ma il Governo aggira la sentenza e rivendica (non solo Calderoli ma la stessa Meloni) la tenuta e l’operatività della stessa legge 86/2024. Essa, tra l’altro, è solo una legge sulla procedura attuativa dell’AD, potendo quest’ultima realizzarsi comunque a norma dell’art. 116 comma 3 della Costituzione e altri articoli della Carta e, in questo stallo, il percorso del Governo e delle Regioni del Nord torna a essere opaco.

Le opposizioni parlamentari tutte non si occupano dell’attuazione della sentenza citata e così le forze di maggioranza e/o di opposizione nelle singole Regioni, se non in funzione elettorale (elezioni regionali). Unica voce che si distingue è quella della Emilia-Romagna che, con la nuova Presidenza regionale di M. de Pascale dopo S. Bonaccini, decide di rinunciare a qualsiasi richiesta di autonomia differenziata (19 febbraio 2025, ritiro formale della proposta di autonomia differenziata, che chiude la procedura avviata nella stessa Emilia-Romagna nel 2017).

In spregio all’esigenza di ridisegno complessivo della Legge 86/2024, impresso dalla sentenza della Corte Costituzionale, il Ministro Calderoli avvia nuove trattative con le Regioni a statuto ordinario, che possono richiedere subito l’attuazione dell’AD per le cosiddette materie non LEP, (sulla base del comma 2, art. 4 e del comma 1 art., 11 della Legge 86/2024).

A tale offerta rispondono alcune Regioni guidate dalle Destre (Piemonte e Liguria) e le due Regioni che con l’Emilia-Romagna avevano sottoscritto nel febb 2018 gli Accordi preliminari, ossia Lombardia e Veneto, essendosi l’Emilia-Romagna tolta dal campo. Le trattative proseguono dall’estate 2025 sino a oggi nella più totale opacità e segretezza e con esclusivi proclami mediatici.

Sulla scorta di una prescrizione ineludibile della sentenza della Corte, nel settembre 2025 viene presentato in Senato il Disegno di legge (Atto Senato – AS – 1623) di iniziativa governativa in materia di Delega al Governo per la determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni, i cosiddetti LEP, attualmente (26 novembre 2025) all’esame della Commissione Affari costituzionali e di cui è stata calendarizzato l’esame da parte del Parlamento. Nel testo viene anche indicato che il Disegno di legge è “collegato alla manovra di finanza pubblica ai sensi dell’articolo 126-bis del Regolamento”.

Nel medesimo Disegno di legge delega (Principi e criteri direttivi generali – art. 2, comma 3) si scrive che il Legislatore delegato è invitato a tener conto dell’esperienza di costruzione dei LEA (Livelli essenziali di assistenza) in sanità, che vengono equiparati tout court a una forma di LEP (appigliandosi a una frase della Sentenza costituzionale 192/2024: nell’Analisi tecnico-normativa relativa al Disegno di legge in questione è scritto che i LEA non sono “espressamente definiti come LEP dal legislatore, ma riconosciuti tali dalla Corte costituzionale”).

(n.b.: La determinazione dei LEP rimane una questione intricata e assurda, a nostro parere.)

Dopo annunci mediatici e stop per conflitti entro la maggioranza, viene raggiunto l’accordo per il quale la terza riforma istituzionale nel programma del Governo Meloni deve avere compimento entro dicembre 2025, con un lavoro congiunto di Calderoli e del sottosegretario Fazzolari.

Quindi, il 18 e il 19 novembre 2025, poco prima delle elezioni regionali, il Ministro Calderoli fa il suo tour nel Nord e firma in Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria nuove “pre-intese” (anche se non si sa quale valore cogente abbiano, trattandosi non di intese, ma di “accordi preliminari”, non definiti in alcuna Legge).

Le pre-intese sono identiche in tutte e quattro le Regioni, alla faccia di qualsiasi specificità e differenziazione richieste dalla Costituzione e dalla Sentenza 192/2024 della Corte. Inoltre, si tratta ancora una volta di “materie” e non di “funzioni”, anche qui alla faccia della Corte che prescriveva appunto di individuare funzioni e non materie intere, dato che la determinazione dei LEP è trasversale a tutte le “materie”, anche quelle indicate teoricamente come non necessitanti LEP (dette “non LEP”). Le pre-intese riguardano l’acquisizione di ulteriori funzioni legislative e amministrative in via esclusiva per “Protezione civile, Professioni, Previdenza complementare e integrativa e Coordinamento della finanza pubblica” per quanto riguarda la Tutela della salute.

Abbiamo la certezza che, per quanto riguarda il Consiglio regionale della Lombardia, il percorso di tale firma è stato tenuto ancora una volta segreto, una sorta di patto privato fra Presidente di Regione e Ministro (nella pre-intesa si parla vagamente di “appositi tavoli di lavoro” e “interlocuzioni” con il Ministero). Nessuna istruttoria (la conformità a una griglia del Ministero agli Affari regionali?), nessuna motivazione: perlomeno, non sono quelle espresse da Regioni e Ministero non sono note. E quale vantaggio per tutto il Paese e non solo per il territorio in questione (v. principi costituzionali)?

Nella pre-intesa si dice altresì che “[…] I negoziati avviati per il trasferimento delle funzioni nelle materie oggetto del presente accordo preliminare saranno conclusi, nel rispetto delle procedure previste dall’ordinamento regionale entro il 31 dicembre 2025, al fine della predisposizione dello schema di intesa preliminare da sottoporre alla deliberazione del Consiglio dei ministri. […]”: teniamo presente che le pre-intese sono collegate alla Legge di bilancio in approvazione entro la fine dell’anno e, come è noto, le disposizioni di tale Legge non sono sottoponibili a referendum).

Per quanto riguarda, in particolare, la Tutela della salute, riprendiamo soltanto l’ottimo articolo di Marco Caldiroli apparso su “Medicina Democratica” il 21 novembre scorso:

“Le regioni in questione si sono “accordate” principalmente per:

▪ “[…] ‘definire in autonomia la gestione del sistema tariffario di rimborso, di remunerazione e di compartecipazione degli assistiti, in deroga alla normativa vigente in materia’, quindi accesso alle prestazioni diversificato regione per regione e all’interno della stessa regione;

▪ “definire in autonomia la programmazione degli interventi sul patrimonio edilizio e tecnologico delle aziende del sistema sanitario regionale, in deroga alla normativa vigente in materia” (quindi anche dei piani nazionali);

▪ “definire in autonomia l’individuazione di sistemi di governance delle aziende sanitarie e degli enti del servizio (qui non hanno utilizzato il temine “sistema”, n.d.r.) anche mediante l’istituzione e la gestione dei fondi sanitari integrativi’ e qui emerge il ruolo apripista ed ‘esemplare” della Delibera della Giunta Regionale lombarda sulla ‘super intramoenia’; ‘allocare le risorse tra i diversi ambiti e finalità della medesima, in deroga ai vincoli di spesa specifici per le politiche di gestione della spesa sanitaria’ […].”

Quest’ultima richiesta appare come potenzialmente distruttiva del fondamento universalistico dell’intero SSN e dei principi stabiliti all’art. 32 della Costituzione, in quanto può consolidare la tendenza del modello di sanità lombardo a ridurre, deprivare intere funzioni di risorse e strutture del SSR (p. es. la prevenzione e la medicina territoriale) a favore di ulteriori privatizzazioni e spesa corrente a beneficio del privato. Per non parlare di un effetto domino sulle quattro Regioni del Nord Italia e altre, attratte dalla stessa prospettiva presente anche in un Disegno di legge di FdI che assegna la medicina territoriale al privato e alla sanità integrativa.

Il percorso successivo alla sottoscrizione dell’Accordo preliminare del 18 nov 2025 dovrebbe essere il seguente (secondo la Legge Calderoli 86/2024):

  1. Entro dicembre, lo schema d’intesa preliminare in Consiglio dei ministri;
  2. P⁠areri della Conferenza unificata Stato-Autonomie;
  3. Il testo va alle Commissioni parlamentari per l’espressione di “atti di indirizzo”;
  4. Il Consiglio dei ministri procede a una deliberazione finale su un testo che verrà presentato alle Camere;
  5. ⁠P⁠er il varo dell’intesa, le Camere devono approvare a maggioranza assoluta, non sottoponibile in successivo referendum.

Ovviamente, con il Governo e la maggioranza parlamentare che abbiamo, tutto può “filare liscio”, senza alcun ostacolo a parte i “tempi tecnici”.

Cosa si può fare al più presto, sperando anche che la Corte costituzionale non resti solo a guardare? Una proposta del costituzionalista Massimo Villone è che Regioni come la Campania, contrarie all’AD e danneggiate dalle intese o anche pre-intese, facciano ricorso alla Corte, come del resto prevedono la Costituzione (art.127) e la Sentenza 192/24 (vedi sopra: “La Corte resta competente a vagliare la costituzionalità delle singole leggi di differenziazione, qualora venissero censurate con ricorso in via principale da altre regioni o in via incidentale”).

Naturalmente, accanto a questa prospettiva, a nostro parere deve essere rilanciata l’azione nel territorio e il coinvolgimento di tutte le realtà che in Lombardia da anni lottano contro un modello di sanità inaccettabile e sempre più incapace di rispondere ai bisogni della popolazione. Ricordando sempre che l’AD, insieme ad altri (magistratura, premierato-legge elettorale), resta un “pilastro” fondamentale dell’attuale progetto eversivo del sistema costituzionale e democratico del nostro Paese.

Comitati contro ogni autonomia differenziata, Coordinamento Democrazia costituzionale, Milano e Libertà e Giustizia, Circolo di Milano
email: petizionenoadlombardia@gmail.com

Facebook: Coordinamento Democrazia Costituzionale Lombardia; Libertà e Giustizia. Circolo di Milano; Contro ogni autonomia differenziata – Lombardia

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