In campagna elettorale il candidato Roberto Fico ha menzionato in più occasioni l’autonomia differenziata (AD), definendola un pericolo per l’unità del paese e un danno per la Campania. È così, ma la spinta leghista non si ferma. Alcuni avevano celebrato la sentenza 192/2024 della Corte costituzionale come uno stop definitivo alle pulsioni disgregatrici. Non coglievano, come ho segnalato anche su queste pagine, i punti deboli della pronuncia. Ora può accadere che Fico presidente sia chiamato a una azione di immediato contrasto.
In Lombardia è in atto un serrato confronto, da cui emerge l’intento della Regione di giungere in Consiglio dei ministri con una bozza di intesa subito dopo il voto del 23 e 24 novembre. L’obiettivo primario è il pieno controllo della sanità. Ovviamente l’intesa avrebbe ad oggetto anche altro, ma la sanità – in media circa l’80% dei bilanci delle regioni – è quel che interessa davvero. In prospettiva una vasta privatizzazione, in specie per la sanità territoriale. Con buona pace di quel che resta del servizio sanitario nazionale pubblico.
Molte associazioni di società civile si oppongono attivamente al disegno in atto. Ma è un terreno difficile, per gli interessi e i potentati economici coinvolti. Sullo sfondo c’è anche la corsa per la presidenza della Regione, a scadenza naturale nel 2028, e per la quale si mormora di un possibile anticipo. È fortemente ambita da FdI, e secondo i rumors sarebbe interessato persino il presidente del Senato La Russa. Fino a qualche tempo fa, passare dalla seconda carica dello Stato a una presidenza di Regione, per quanto la più grande e ricca del paese, sarebbe stato un downgrade comunque inaccettabile. Se il ministro Calderoli porterà in Consiglio dei ministri una “intesa preliminare” (art, 2.3 legge 86/2024) con la Lombardia, Meloni, proprio per il suo interesse a conquistare quella regione per un presidente FdI, non potrà alzare barricate. Ovviamente, nessuna certezza, nemmeno sui tempi. Ma non è impossibile che fra poche settimane si avvii il procedimento che segue all’approvazione dell’intesa preliminare.
Il percorso è delineato dalla legge 86/2024. Dopo l’approvazione dell’intesa preliminare il testo viene inviato alla Conferenza unificata Stato-Autonomie per un parere. Quindi il primo passo in assoluto è formare la squadra che porterà le ragioni della Campania in quella sede. Non ci si illuda che il confronto sia facile. In primo luogo, nelle Conferenze il Sud è stato ed è minoranza. Inoltre, non è affatto probabile che gli esecutivi regionali e locali là rappresentati facciano prevalere le ragioni del paese, dei diritti e dell’eguaglianza dei cittadini sull’interesse ad acquisire maggiori risorse e poteri.
Il testo va poi alle commissioni parlamentari, per l’espressione di “atti di indirizzo”. Ma nemmeno qui c’è da illudersi. Arriva un testo già consacrato da un voto in Consiglio dei ministri, ed è probabile che la maggioranza nelle commissioni lo difenda. Inoltre, gli eventuali “indirizzi” possono essere disattesi, con motivazione, dal presidente del Consiglio.
Successivamente Il Consiglio dei ministri procede a una deliberazione finale su un testo, presentato alle Camere come allegato di una legge da approvare a maggioranza assoluta ai sensi dell’art. 116.3 della Costituzione. È ben vero che la Consulta ha specificato nella sentenza 192/2024 che il parlamento può emendare, o persino respingere. Ma è un’intesa approvata nell’organo collegiale e formalmente stipulata e firmata dal presidente del Consiglio. Un voto negativo potrebbe avere conseguenze sul governo.
L’Autonomia non si fermerà in Parlamento ad opera delle opposizioni, che pure bisognerà sollecitare in ogni modo. Potrebbe forse cadere per dissensi interni alla maggioranza. Ma è improbabile, perché il cemento della coalizione è proprio lo scambio scellerato tra riforme in cui ciascuno dei partner ha il suo trofeo. Che fare, dunque, se si arriva alla approvazione con legge di una intesa?
Quella legge è “rinforzata” (approvata con procedimento speciale) e si sottrae – secondo la giurisprudenza costituzionale – al referendum abrogativo. Ma rimane possibile il ricorso in Consulta. Quindi Fico presidente si prepari alle carte bollate. La sentenza 192/2024 è per molti versi debole, ma la Corte si impegna a un’attenta vigilanza sugli svolgimenti dell’Autonomia differenziata, al fine di garantire la compatibilità con il più complessivo assetto costituzionale. Chiamiamola a mantenere la parola.

