Przemyśl, 5 ottobre 2025
Le esplosioni della notte e il rumore della contraerea ci hanno scosso profondamente, questa notte. Nella vasta pianura Ucraina, a metà strada tra Kyiv e Leopoli, il treno si è fermato per due ore, fatto insolito nel percorso che conoscevamo. Pensavamo fosse un problema tecnico ma – guardando tutti i siti informativi di questi giorni, che continuano a lanciare allarmi di droni anche ora, mentre scrivo – abbiamo capito che era iniziato un intervento molto massiccio su tutta l’Ucraina.
Erano iniziati bombardamenti di droni e missili su tutto il paese. Poi il treno è ripartito e poco prima di arrivare a Leopoli abbiamo iniziato a sentire sia le fortissime esplosioni che la contraerea che abbatteva i droni.
Eppure devo essere sincera: ho avuto più paura nelle notti a Kharkiv a pochi chilometri dal fronte, dove la situazione di notte è davvero quotidianamente insostenibile. In quelle notti ho pensato che non è proprio possibile vivere così. I droni, e soprattutto i missili, impiegano venti secondi per colpire. Mi restano impressi i volti tristi delle donne, delle persone anziane che, con una nobile dignità, camminano lungo le strade della bellissima città di Kharkiv, i cui palazzi storici sono martoriati dalla guerra. Le loro notti sono insostenibili, come è insostenibile la guerra.
Esco da questa complicata esperienza ancora più convinta della necessità della pace, dei corpi civili di pace che, come pensava Alex Langer, sono l’alternativa alla guerra. Soprattutto i politici devono capire che l’unico modo per risolvere i conflitti è il dialogo; l’unico modo per risolvere i problemi sono il confronto e la diplomazia.
Siamo venuti a Kyiv, a Kharkiv, dove la guerra si percepisce sui volti delle persone, nel buio assoluto della sera, per condividere il dolore, per spargere nei luoghi di guerra semi di speranza.
Scriveva Alex Langer che la pace, per essere credibile, deve essere visibile.
Ecco, abbiamo cercato di essere quei semi.
Ho pianto e mi sono commossa quando il Rettore di una delle ventitré Università di Kharkiv ci ha accolto dopo averci mostrato i disastri dell’ultimo drone che li aveva colpiti. Sono stati danneggiati più di venti volte, e con gli studenti hanno sempre risistemato gli edifici. Le sue parole sono un invito a non restare indifferenti di fronte al loro profondo dolore, che di sera diventa incubo. Eccole:
«Mi sono chiesto perché siete venuti in questa città così vicina al fronte, mettendo a rischio la vostra vita. La guerra è un male assoluto. Distrugge tutto. Distrugge le case, le vite, ma anche le anime e le idee. Tutto. Ma c’è una cosa più brutta della guerra ed è l’indifferenza. Voi ricordate a noi che esiste un mondo che non è rimasto indifferente, e la vostra presenza ci fa sperare che possiamo vincere questo male che è la guerra. È facile giudicare e dare consigli rimanendo comodi nelle proprie case. Più difficile venire qua per chiedere la pace a Dio. E anche questa vostra preghiera è un atto di eroismo».
Mi sono commossa nel vedere le studentesse e gli studenti che, sfidando la lontananza, sono venuti ad incontrarci, sapendo i rischi che correvano, e a gridarci il loro desiderio di essere Europa.
Dopo un’attesa di ore, scendiamo in Polonia dal treno sfiorato dai droni e forse dai missili.
La guerra ti paralizza. Non parliamo tra noi, ma tutti pensiamo che questo è un cammino di follia. E ognuno di noi deve fare il possibile per invertirlo.
[Pinuccia Montanari ha tenuto un diario del viaggio da Cracovia a Kyiv, fino a Kharkiv, pubblicato su Noi Donne]

