Quale limite a Gaza?

26 Settembre 2025

Fabrizio Bianchi Ricercatore senior associato CNR

Questo contenuto fa parte di Osservatorio Autoritarismo

Quartiere di Gaza prima e dopo i bombardamenti israeliani. Foto di Mohammed Fayq

Una riflessione sulla soglia “accettabile” di morti e distruzione a Gaza, e in qualsiasi altro conflitto: un confine che nessuna democrazia dovrebbe varcare, mai.

La presidente del Consiglio, On Giorgia Meloni, nel suo intervento alla sede dell’ONU a New York, tra le altre cose ha detto che “Israele ha superato il limite a Gaza”, una proposizione che può avere diversi significati sui quali è utile qualche ragionamento. L’espressione in una accezione materiale può significare che Israele è andato oltre un valore prestabilito, in senso figurato che Israele ha oltrepassato una soglia considerata accettabile o appropriata, oppure in una accezione in senso opposto che su Gaza Israele si è spinta oltre le proprie capacità, una opzione poco credibile basandosi sui fatti.

In politica, differentemente dall’ambito fisico in cui un limite si stabilisce sulla base di funzioni matematiche, il valore prestabilito è dato da convenzioni o accordi, normative in ambito nazionale, decisioni in ambito internazionale, come le direttive EU e le risoluzioni dell’ONU. Se il riferimento fosse a questo significato, volendo essere fedeli ai fatti occorrerebbe dire che Israele ha superato il limite ad iniziare dalla Risoluzione ONU n° 194 del 1947 “i profughi palestinesi hanno il diritto di tornare alle loro case in Israele”, procedendo alla Risoluzione n° 106 del 1955 di Condanna a Israele per l’attacco a Gaza, e disattendendo le 70 risoluzioni successive. Le risoluzioni disattese hanno riguardato tutti gli aspetti, dalle deportazioni di Palestinesi, alla negazione dei diritti civili e umani, basti ricordare la risoluzione del 2004 che dichiara che “il muro costruito all’interno dei territori occupati è contrario al diritto internazionale e chiede a Israele di demolirlo”, fino alla risoluzione del 13 agosto 2023 con la quale il Consiglio di Sicurezza “condanna Israele per presunte violazioni dei diritti delle donne”, con voto favorevole anche dell’Italia.

Senza entrare ulteriormente nel merito risulta chiaro che questo tipo di limite, per molteplici motivi, è risultato storicamente inefficace: una successione di elusioni accompagnate da una mostruosa ipocrisia da parte dei Paesi occidentali.

È quindi più realistico che il limite evocato dalla Presidente Meloni sia quello del secondo tipo, ovvero che adesso Israele avrebbe oltrepassato una soglia considerata accettabile o appropriata.

In questo caso la situazione si fa ancora più fosca e densa di interrogativi, ma il primo che viene alla mente è perché Israele avrebbe superato adesso il limite? Quali sono gli elementi considerati per dare questo giudizio adesso e non prima?

A gennaio di quest’anno un articolo su Lancet stimava che le vittime a Gaza fossero tra 55 mila e 78mila, circa il 40% in più delle oltre 45mila già allora riportate dal ministero della sanità di Gaza, cifre macabre oggi non solo confermate ma largamente superate. Un massacro soprattutto di donne e bambini, al quale vanno aggiunte le condizioni spaventose di vita che rendono credibile la stima di un crollo della attesa media di vita da 70 anni a 40 anni, con tutti i problemi sanitari e sociali connessi.

Le immagini e i racconti da Gaza sono scioccanti ma i numeri presentati correttamente non lo sono di meno. Senza considerare il numero di persone scomparse che alla fine risulterà enorme, le perdite umane sugli abitanti di Gaza sono intorno al 5%, circa 15 volte superiori alle perdite civili in Italia nell’arco del secondo conflitto mondiale (153.000 su 43,8 milioni = 0,35%), 25 volte le perdite civili della Gran Bretagna, 6 volte le vittime francesi, il doppio delle vittime della Germania, mentre più alto rispetto all’ecatombe in corso a Gaza fu il sacrificio pagato da Polonia, Lituania, Lettonia, Grecia e Unione Sovietica.

Tutto considerato mi pare che si possa ragionevolmente sostenere che qualsiasi limite è stato da tempo superato, in palese reiterata violazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, sancita il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. 

Naturalmente il limite è legato alla propria coscienza, alla consapevolezza di umanità, valori superiori alle convenienze e connivenze.

Come sostenuto dal filosofo Karl Popper “La tolleranza, al pari della libertà, non può essere illimitata, altrimenti si autodistrugge”. In questa luce, gli attacchi portati all’ONU da Trump dovrebbero suonare come monito di una deriva autoritaria che mette in discussione l’essenza stessa della democrazia, un crinale chiaro per il quale non si dovrebbe attendere di superare il limite.

Fabrizio Bianchi è epidemiologo ambientale con 40 anni di esperienza, ricercatore senior associato del Cnr; autore di oltre 300 articoli scientifici su riviste internazionali; collaboratore di media nazionali tra cui Presa diretta, Report, il Domani, Quotidiano Sanità, Scienzainrete, Bo Live dell’Università di Padova; membro comitato scientifico nazionale di Legambiente e dell’associazione dei medici per l’ambiente ISDE-Italia; Associato ANPI.

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