Questa è autocrazia?

01 Luglio 2025

Marci Shore

Questo contenuto fa parte di Osservatorio Autoritarismo

Un nuovo tipo di autoritarismo si sta affermando tra Russia e Stati Uniti: non più fondato su ideologie coerenti, ma su menzogne sistematiche, crudeltà ostentata e totale disprezzo per la verità. In questo scenario postmoderno e nichilista, la civiltà appare sempre più fragile di fronte alla brutalità normalizzata

«Questa è autocrazia?», mi ha chiesto un giornalista europeo qualche giorno fa. «Possiamo usare la parola ‘fascismo’?», ha chiesto un altro. Ho risposto a quest’ultima domanda per quasi un decennio ormai, e la mia risposta è sì, possiamo, con l’avvertenza che eviterei di feticizzare le due categorie. Nessuna situazione storica è mai esattamente uguale a un’altra. Tutti questi concetti – autocrazia, fascismo, autoritarismo, totalitarismo, colonialismo, imperialismo, campi di concentramento, genocidio – sono dispositivi ermeneutici che ci aiutano a mediare tra il particolare e l’universale. Questa mediazione è indispensabile per la nostra capacità di elaborare la realtà, proprio nel senso descritto da Immanuel Kant: «I concetti senza intuizioni sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche».

In questo momento, il concetto di fascismo mi sembra molto adatto a descrivere sia il mio Paese, gli Stati Uniti, che la Russia. Sarebbe utile, tuttavia, un modificatore – ad esempio ‘neo’ – per suggerire che si tratta della versione postmoderna e “post-verità” rispetto alle forme del XX secolo. In questa nuova versione del XXI secolo, non c’è quasi più nemmeno la parvenza di una narrazione coerente con una qualche consistenza interna. Ora si tratta di: «tu hai i tuoi fatti – noi abbiamo fatti alternativi». «Sono stato io a dirlo?» è la risposta di Trump quando si confronta con le proprie parole di una settimana, di un giorno o di un’ora prima. La giustificazione del Cremlino per l’“operazione militare speciale” della Russia in Ucraina è passata senza sforzo dalla difesa dell’integrità delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk alla denazificazione dell’Ucraina, all’attacco preventivo alla NATO (la quale avrebbe preparato un attacco alla Russia), alla restituzione delle terre di Pietro il Grande, alla “de-satanizzazione” di Kiev – quest’ultima spiegazione ha ispirato un dibattito tra i propagandisti del Cremlino sul fatto che Zelensky fosse l’Anticristo stesso o un semplice demone a servizio dell’Anticristo.

«Proprio davanti ai nostri occhi, si sta formando un ordine mondiale in cui la verità come categoria non esiste», ha affermato lo scrittore ucraino Oleksandr Mykhed in occasione del terzo anniversario dell’invasione su vasta scala da parte della Russia. Una lezione della filosofia dissidente dell’Europa orientale degli anni Settanta e Ottanta è che le questioni epistemologiche sono sempre già questioni etiche. Senza una distinzione tra vero e falso, non abbiamo alcun fondamento per distinguere il bene e il male. E al momento non c’è nemmeno un tentativo di nascondere l’assenza di tale fondamento. Al contrario, c’è una costante obnazhenie – ‘messa a nudo’ – della corruzione sconfinata e del nudo transazionalismo. Questa è stata un’innovazione consapevole dei tecnologi politici che hanno creato il putinismo. Come ha spiegato Vladislav Surkov in un saggio del 2019:

Il nostro sistema, come tutto ciò che abbiamo in generale, non sembra, ovviamente, più elegante, ma più onesto. E sebbene ‘più onesto’ non sia per tutti sinonimo di ‘migliore’, non è tuttavia privo di fascino. Il nostro Stato non si divide in profondo e superficiale: forma un tutto, con tutti suoi componenti e sintomi in superficie. Le strutture più brutali delle sue impalcature di potere corrono lungo la facciata, e non vengono nascoste da alcun elemento architettonico superfluo. La burocrazia, anche quando pratica l’inganno, non lo fa con troppa attenzione, come se lavorasse partendo dal presupposto che “tutti capiscono tutto in ogni caso”.

Quando nell’estate del 2022 la Russia ha impedito alle navi ucraine di consegnare grano in Africa, la propagandista del Cremlino Margarita Simonyan, in occasione del Forum economico di Pietroburgo, ha annunciato: «Tutte le nostre speranze sono nella carestia».

Un tempo, gli storici potevano passare mesi, se non anni, a scavare negli archivi cercando di trovare il pezzo di carta in cui qualcuno ammetteva di avere un piano simile, o anche solo un pensiero del genere. Ora il ricatto è stato dichiarato ad alta voce in televisione. Ho visto un cambiamento non dissimile anche dalla mia sponda dell’Atlantico. Avevo diciannove anni e mi trovavo in California nel 1991 quando il Senato stava valutando se confermare la nomina di Clarence Thomas alla Corte Suprema, dopo che Anita Hill aveva testimoniato di essere stata molestata sessualmente da lui. Ascoltando le audizioni del Senato alla radio, ho capito che Anita Hill stava dicendo la verità. E ho anche capito che gli uomini che giudicavano le testimonianze non le avrebbero creduto. C’era un atteggiamento implicito: «non possiamo crederci». Avevo quarantasei anni e mi trovavo nell’Ucraina orientale nel 2018 quando il Senato stava deliberando se confermare la nomina di Brett Kavanaugh alla Corte Suprema, dopo che Christine Ford aveva testimoniato di essere stata aggredita sessualmente da lui. Guardando le audizioni del Senato su Internet, ho capito che Christine Ford stava dicendo la verità. E questa volta capii che gli uomini che giudicavano le testimonianze le credevano, semplicemente se ne fregavano. E non hanno nemmeno cercato di nasconderlo. Stavolta c’era un atteggiamento implicito: «sì, beh, e allora?».

Oggi il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti Pete Hegseth simboleggia il regno dello sfacciato «e allora?». Questa obnazhenie – una parola slava che ci manca in inglese – è più di una curiosità. Dal momento in cui Trump è apparso per la prima volta come candidato alla presidenza, i sostenitori hanno menzionato la sua “onestà” come ragione del suo fascino. ‘Onestà’ qui non si riferiva alla corrispondenza tra quanto affermava e la realtà empirica – ovviamente tale corrispondenza non c’era – ma non era nemmeno una parola vuota. Onestà significava che l’artificio della civiltà era stato rimosso. Ora, se un uomo vedesse una donna camminare per strada e volesse violentarla, sarebbe lecito esprimerlo ad alta voce. Il fascino era esattamente quello che Sigmund Freud aveva spiegato nel Disagio della civiltà: gli esseri umani sperimentavano continuamente il desiderio di stuprarsi e uccidersi a vicenda; Eros e Thanatos erano pulsioni umane innate. La condizione necessaria per la civiltà era la repressione di queste pulsioni, motivo per cui la civiltà ci avrebbe sempre resi infelici. Ciò che Trump ha offerto fin dall’inizio è la liberazione dalla repressione. Questa, ci dice Freud, è la liberazione reale, per la quale paghiamo il piccolo prezzo della distruzione della civiltà. E noi stiamo pagando quel prezzo.

Il filosofo ucraino Volodymyr Yermolenko, riferendosi al Thanatos freudiano, ha proposto di descrivere il putinismo e il trumpismo come «tanatocrazie». Un altro filosofo ucraino, Constantin Sigov, ha definito il putinismo «nichilismo sistemico». A sua volta, lo psicoanalista ucraino Jurko Prochasko ha descritto Trump come «il Joker dell’Apocalisse». La descrizione evoca l’aspetto performativo di questo nichilismo. L’osceno incontro nello Studio Ovale tra Trump, Vance e Zelensky è stata una scena di umiliazione. «Devi dire grazie» è ciò che il marito violento dice a sua moglie, ciò che l’inquisitore stalinista ha detto ai condannati a morte dei processi farsa, ciò che i membri del tribunale seicentesco hanno detto alle donne accusate di stregoneria che venivano condotte al rogo per essere bruciate vive. La performance è proseguita fino a svergognare Zelensky: «Perché non indossi un abito? Non hai in mano nessuna carta». La risposta di Zelensky è stata perfetta – «non stiamo giocando a carte» – e ha ulteriormente messo in evidenza l’identità autodichiarata di Trump come “negoziatore”, come colui che considera spudoratamente tutte le relazioni come puramente transazionali. Non ci sono verità e menzogna, bene e male, ma c’è solo ciò che gli è vantaggioso o svantaggioso in un dato momento.

Forse ancora più grottesca è stata l’accusa di Trump, come se non avesse compreso: «Vedete l’odio che ha per Putin. È molto difficile per me fare un accordo con quel tipo di odio. Ha un odio tremendo». Se qualcuno bombarda le vostre città e seppellisce i vostri figli sotto le macerie e fa prigionieri i vostri giornalisti, li lega e li tortura con scosse elettriche giorno dopo giorno, potreste non provare sentimenti calorosi nei confronti di quella persona, e nemmeno sentimenti strumentali del tipo “facciamo un patto” – a meno che, naturalmente, tutte queste vite non significhino assolutamente nulla per voi. Trump e Putin vivono in un mondo in cui la vita degli altri non significa assolutamente nulla per loro.

Subito dopo l’incontro nello Studio Ovale, il senatore repubblicano Lindsey Graham ha commentato: «Oggi, il presidente Trump ha tenuto una masterclass su come difendere l’America». Ho twittato a Graham: «In effetti, quello che è successo venerdì è che il presidente Trump ha tenuto una masterclass sul nichilismo morale e Lindsey Graham ha tenuto una masterclass su come vendere la propria anima al diavolo».

Il giorno seguente Anna Nemzer, giornalista russa dell’opposizione in esilio, ha postato su Facebook:

Tre anni fa, la mattina del 24 febbraio, mi girava in testa una frase: non ho più un Paese. E non solo perché da quel giorno non sono più stata in Russia, ma perché quello che consideravo un Paese, l’entità politica “Paese”, ha cessato di esistere. Per ciò che rimaneva si potrebbero pensare varie denominazioni che vanno da un gruppo terroristico a un laboratorio dove si eseguono esperimenti di disumanizzazione. Ieri, davanti ai miei occhi, un Paese completamente diverso ha cessato di essere un Paese come entità politica. Come chiamarlo non è ancora chiaro, ma gli zoologi nucleari si occuperanno della terminologia, così come dello studio effettivo della sostanza.

In un certo senso è questa obnazhenie che ha tolto potere all’opposizione: non sappiamo cosa fare con l’ovvietà delle menzogne, il nichilismo morale, l’oscenità, la crudeltà per amore della crudeltà, la distruzione per amore della distruzione. Lo scorso marzo ero a Kiev e nel corso di una sola mattina, tra le 3 e le 6 del mattino, la Russia ha sparato 31 missili sulla capitale. Ovvero 390 milioni di dollari di missili. Un paese in cui milioni di cittadini sono troppo poveri per avere un impianto idraulico in casa ha speso 390 milioni di dollari in una mattina solo per uccidere e distruggere.

Per Hannah Arendt, cogliere l’essenza della Germania nazista significava comprendere la creazione di «fabbriche per produrre cadaveri». Oggi cogliere l’essenza della Russia di Putin significa comprendere la creazione di fabbriche per produrre menzogne. Dopo tutto, niente simboleggia il neofascismo postmoderno quanto la fabbrica di troll di Pietroburgo che ha raccontato tanto la storia distorta di Maidan come una cospirazione nazista ucraina sponsorizzata dalla CIA, quanto quella del Pizzagate, cioè la storia di Hillary Clinton che rapiva bambini e li teneva prigionieri nel seminterrato di una pizzeria di Washington per sfruttarli a fini pedopornografici. In un ufficio aziendale, i tecnici informatici passano le ore lanciando digitalmente spaghetti contro il muro per vedere quali rimangono appiccicati, senza nemmeno fingere di credere a qualcosa. Tutti sanno che è solo un gioco. Eppure i cadaveri si accumulano senza pietà.

Cerchiamo di esporre ciò che è nascosto, ma questo è forse un metodo del XX secolo più adatto ai fascismi del XX secolo. Oggi è molto più minaccioso ciò che è stato normalizzato rispetto a quello che rimane nascosto. I giornalisti europei continuano a chiedermi, increduli, variazioni della domanda: «ma è davvero possibile che questo accada in America?». Da un lato, pensano all’America come a un paese barbaro privo di Kultur, dall’altro non riescono a lasciar andare il mito della terra dei liberi e della casa dei coraggiosi. È come se tutte queste notizie – i bambini strappati ai genitori al confine messicano e rinchiusi in gabbie, il presidente che incita a un’insurrezione violenta nella capitale incoraggiando una folla a impiccare il suo vicepresidente, i venezuelani accusati infondatamente di terrorismo e deportati in una prigione salvadoregna, gli studenti scomparsi dalle strade rapiti da ragazzi in passamontagna, le minacce di invasione del Canada e della Groenlandia e la grottesca adulazione di Putin – non avessero fatto una vera impressione. Parlando con gli europei, spesso mi sento come se stessi interpretando il ruolo dello psicoanalista che cerca di aiutarli a uscire dalla loro negazione freudiana di ciò che hanno davanti agli occhi.

«Il compito dell’Europa in questi tempi di emergenza», ha scritto il curatore d’arte ucraino Vasyl Cherepanyn, «è principalmente quello di disimparare a non vedere, per imparare a vedere». Dobbiamo guardare al nichilismo con gli occhi ben aperti. Agli europei direi questo: è questa, la fine della faccenda. Gli Stati Uniti stanno precipitando in un abisso, con qualche gioiosa lusinga da parte dell’assassino di massa del Cremlino. L’Ucraina è la vostra occasione. Per favore, non lasciatevi trascinare con noi.

[Il testo è comparso originariamente su «Telos» il 6 maggio 2025 con il titolo Is this autocracy?. Traduzione di Stefano De Marzo per Il Diario di Winston]

È stata professoressa di Storia alla Yale University fino a marzo 2025, quando ha deciso di lasciare gli Stati Uniti in polemica con le politiche di Donald Trump. Attualmente insegna alla Munk School of Global Affairs & Public Policy dell’Università di Toronto, dove prosegue la sua attività di ricerca sulla storia intellettuale dell’Europa centrale e orientale. Castelvecchi ha pubblicato La notte ucraina. Storie da una rivoluzione (2025).

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