Dire “No” alla legge costituzionale governativa che non riforma la giustizia 

20 Dicembre 2025

Daniela Padoan Presidente Libertà e Giustizia, Scrittrice

Questo contenuto fa parte di Osservatorio Autoritarismo

Un Comitato nazionale, e subito i Comitati locali, per un NO che difende Giustizia, Costituzione, Democrazia. Nel Consiglio Direttivo anche Libertà e Giustizia, con la sua presidente che firma questo editoriale.

Il 20 dicembre è stato ufficializzato il Comitato nazionale “Società civile per il No al referendum costituzionale”, ma già in molte città si sono formati in modo spontaneo comitati che ne hanno anticipato la nascita: a Ravenna, ad esempio, o a Palermo, dove il concetto di “società civile” sta ritrovando il suo più vero significato di forza capace di interrogare la realtà e farne azione politica condivisa. 

Il rigetto della riforma Nordio in sede di referendum, dove la vittoria può essere conseguita senza necessità di raggiungere il quorum, dunque con la semplice maggioranza dei voti, avrebbe il duplice effetto di dare una risposta inequivocabile alla volontà governativa di piegare il bilanciamento dei poteri a favore dell’esecutivo, e di restituire dignità ai cittadini, resi comunità da quel patto fondativo ancora largamente inattuato che è la nostra Costituzione

La legge costituzionale sull’ordinamento giudiziario a firma Meloni Nordio, che con voluta ambiguità viene nominata come riforma della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, ha infatti l’evidente obiettivo di intaccare la seconda parte della Costituzione per poi colpire i principi contenuti nella prima parte, procedendo nel quadro di riforme più volte annunciato – autonomia regionale differenziata, legge elettorale, premierato – che garantirebbe quella inamovibilità di regime che la retorica della destra populista chiama stabilità, o governabilità.

I comitati che in tutta Italia promuoveranno una sensibilizzazione capillare sul referendum sanno di trovarsi in una situazione di disparità. Poco tempo a disposizione, pochi o nulli spazi informativi pubblici, una martellante campagna governativa contro i giudici, additati come responsabili dei ritardi e dei guasti della giustizia, accusati di essere “di parte” quando emettono sentenze non favorevoli al governo, o addirittura “toghe rosse” quando fermi nell’applicare ciò che impongono le leggi interne e il diritto internazionale. 

Il quadro di repressione in cui si gioca la campagna referendaria è evidente, fatto di criminalizzazione del dissenso, di erosione di ogni margine di libera informazione, di sgomberi dei centri sociali, di ripetuti attacchi ai sindacati non governativi e al diritto di sciopero, al punto che, per la prima volta, l’Italia è stata declassata dalla piattaforma di ricerca globale Civicus, che ogni anno valuta lo stato delle libertà civiche in 198 paesi del mondo.  Sulla base di parametri estremamente rigorosi che certificano il deterioramento strutturale delle libertà di espressione, associazione e manifestazione, il Civicus Monitor 2025 ha dichiarato il nostro paese uno «spazio civico ostruito», ponendolo sullo stesso piano dell’Ungheria di Orbán e al di sotto di paesi come Romania, Bulgaria, Macedonia del Nord, Moldova. 

Eppure, la necessità di impedire una spallata dagli esiti imprevedibili allo stato di diritto sembra già essere l’occasione per una ripresa di parola sui territori; per un risveglio della capacità dei cittadini di far conto sulle proprie forze, ritrovando l’orgoglio di essere comunità politica. 

Il 10 gennaio, a Roma, si terrà l’assemblea nazionale che darà ufficialmente inizio alla campagna per il No. È importante arrivarci in tante e in tanti, avendo già fatto rifiorire città e territori di incontri e iniziative, nonostante le vacanze natalizie e di fine d’anno.

Sarà, questo, un periodo per ritrovarci e costruire insieme una risposta di cui il referendum contro la riforma Meloni Nordio potrebbe essere solo la prima tappa, coinvolgendo amministratori, sindaci, associazioni, scuole, luoghi di lavoro, spazi civici che necessitano di tornare vivi. Abitati da nuovi incontri, nuovi progetti, nuove speranze che rimettano al centro – anche per quanto riguarda la giustizia – la garanzia dei diritti dei cittadini, che sono i veri dimenticati della riforma.

Scrittrice, saggista e Presidente di Libertà e Giustizia. Si occupa da anni di razzismo e dei totalitarismi del Novecento, con particolare attenzione alla testimonianza delle dittature e alle pratiche di resistenza femminile ai regimi.

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