Il grande arretramento: l’America di Trump e la fine delle politiche di Diversità e Inclusione 

24 Ottobre 2025

Elisa Pignanelli dottoranda di diritto costituzionale, università statale di Milano

Marilisa D'amico Professoressa Ordinaria di Diritto costituzionale

Questo contenuto fa parte di Osservatorio Autoritarismo

Il mancato riconoscimento delle differenze come leva di equità rischia di indebolire i progressi compiuti in materia di inclusione e di alimentare nuove forme di disuguaglianza. In ogni livello della vita delle persone.

Con l’insediamento di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, nel gennaio 2025, il panorama americano che riguarda l’inclusione di genere ha subito un profondo cambio di rotta. Non appena assunta la carica, dando seguito alla promessa più volte agitata in campagna elettorale di riconoscere “solo due sessi”, Trump ha lanciato in modo aggressivo la sua politica contro i diritti delle donne. Il suo primo ordine esecutivo, Defending Women from Gender Ideology Extremism and Restoring Biological Truth to the Federal Government1 – “difendere le donne dall’estremismo dell’ideologia di genere e restaurare la verità biologica nel governo federale” – identifica come illecite tutte le politiche di genere e la stessa diffusione di principi relativi a diritti delle donne, diritti umani e sostenibilità, con un’impostazione così ampia da avere ricadute immediate sull’insegnamento di corsi e discipline “di genere” nelle università statunitensi. 

Nello stesso titolo, si fa riferimento a un ritorno a un modello patriarcale incompatibile con l’impostazione fino a quel momento sviluppata negli Stati Uniti e in gran parte del mondo; ma la violenza ideologica e la pervasività di questa impostazione si rende evidente anche in altri provvedimenti: così, più specificamente, l’ordine esecutivo Ending Radical and Wasteful Government DEI Programs and Preferencing – “Porre fine ai radicali e dispendiosi programmi governativi DEI (Diversità, Equità e Inclusione) e alle preferenze correlate” ha disposto la cessazione di tutti gli uffici e programmi federali legati a diversità, equità, inclusione e giustizia ambientale, compresi i ruoli di Chief Diversity Officer e Diversity&Inclusion Manager. Inoltre, ha abolito qualsiasi requisito DEI nei contratti pubblici, nei criteri di valutazione del personale e nelle sovvenzioni federali. 

Secondo la nuova visione, le pratiche di assunzione e promozione dovranno basarsi esclusivamente su merito, competenze e iniziativa individuale, senza tener conto di fattori legati a genere, origine etnica, orientamento sessuale o appartenenza sociale. Tale impostazione, però, ribalta decenni di politiche antidiscriminatorie e mette in discussione il valore stesso delle azioni positive – o, per meglio dire, affirmative actions – che avevano contribuito a ridurre le disuguaglianze strutturali nel mercato del lavoro americano.

Sul piano interno, questo ritorno a un approccio che rifiuta il riconoscimento delle differenze come leva di equità, rischia di indebolire i progressi compiuti in materia di inclusione e di alimentare nuove forme di disuguaglianza. Sul piano internazionale, il cambiamento statunitense potrebbe avere riflessi altrettanto significativi: le multinazionali, da sempre influenzate dalle dinamiche del mercato USA, potrebbero rivedere le proprie strategie di Diversity & Inclusion, rallentando un processo di trasformazione culturale che in Europa – e in Italia in particolare – sta trovando una sempre più solida integrazione nei modelli di leadership e nelle politiche aziendali sostenibili. 

Le politiche di Diversity & Inclusion, sviluppatesi negli Stati Uniti tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, hanno rappresentato un modello all’avanguardia nella gestione delle risorse umane, fondato sull’idea che la valorizzazione delle differenze di genere, etniche e culturali potesse generare innovazione, migliorare il clima aziendale e accrescere la competitività. Le grandi aziende americane – seguite poi dalle amministrazioni pubbliche – furono tra le prime a introdurre la figura del/la Diversity & Inclusion Manager e programmi mirati a garantire pari opportunità nei percorsi di carriera e nella rappresentanza decisionale.

  1. https://www.whitehouse.gov/presidential-actions/2025/01/defending-women-from-gender-ideology-extremism-and-restoring-biological-truth-to-the-federal-government/ ↩︎

Marilisa D’Amico è Professoressa Ordinaria di Diritto costituzionale presso l’Università degli studi di Milano

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