Sigfrido Ranucci è un giornalista. Punto. Che questo basti a metterlo pesantemente in pericolo è un segnale estremamente grave. Oggetto di allusioni, sberleffi, accuse di accanimento politico, querele – 176! – ma da venerdì notte è oggetto anche di attentati dinamitardi. Il “salto di qualità” nell’attacco ai giornalisti di cui ha parlato il presidente dell’Ordine, Carlo Bartoli.
Le indagini spero possano dire chi ha messo l’ordigno sotto l’auto del conduttore di Report, e quindi mi devo limitare a fare poche considerazioni.
La prima è che la casa di Sigfrido Ranucci non era presidiata, malgrado nei suoi spostamenti sia sempre scortato. Il Viminale dovrà spiegare il perché di questa vigilanza a corrente alternata.
La seconda considerazione riguarda l’orario, erano le 22.17: l’attentato era potenzialmente mortale, chiunque avrebbe potuto passare nelle vicinanze. Quindi se il morto non era cercato, non era neppure escluso.
La terza considerazione è che a mettere una bomba sotto l’auto di Ranucci non sono stati sicuramente i politici che lo sbeffeggiano e lo accusano di partigianeria, ma proprio loro dovrebbero ragionare su cosa comporta alzare sempre l’asticella dello scontro. Se non si capisce che il compito dei giornalisti è di essere spietati osservatori dei potenti vuol dire che si auspica l’autoritarismo.
E proprio questo è il punto: c’è una tendenza non solo italiana a considerare il giornalismo un fastidioso retaggio della democrazia. L’ultima classifica di Reporter Sans Frontieres a scendere di tre posizioni, al 49° posto, l’Italia. Per le ragioni che si sono aggravate negli ultimi anni: querele usate come bavaglio e oligopoli editoriali. Poi ci sono ragioni che riguardano proprio Sigfrido Ranucci: minacce e scarsa indipendenza del servizio pubblico dal Governo.
Certo, la categoria dei giornalisti non è perfetta, anzi. Rimodellando una metafora di Gustavo Zagrebelsky si potrebbe dire che è una categoria piena di “tarli” che sfibrano dall’interno la sua credibilità. E sono i migliori alleati di chi a parole offre la sua solidarietà a Sigfrido Ranucci, ma sotto sotto pensa che se l’è cercata.
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