Il diritto alla salute e i medici spia nell’epoca autoritaria

02 Luglio 2025

Paolo Oddi Avvocato

Questo contenuto fa parte di Osservatorio Autoritarismo

Le cure sanitarie sono garantite a chiunque si presenti in Pronto Soccorso. Un principio civile sancito dalle norme italiane ed europee a cui però si cerca da decenni di dare una spallata: ora con nuove leggi, ora con piccoli tentativi periferici, come questo messo in atto, nero su bianco, all’ospedale Niguarda di Milano. E sventato.

I diritti fondamentali delle persone straniere possono essere messi in discussione anche da un cartello esposto al pronto soccorso dell’ospedale Niguarda di Milano; cartello che ora, dopo una denuncia pubblica, è stato rimosso e sostituito con un altro che ripristina la legalità.

Il caso è emerso grazie a un’educatrice che accompagnava presso il pronto soccorso un giovane gambiano, Lamine, che necessitava di cure urgenti per un’infezione ad una mano. 

È il mezzogiorno di un rovente sabato di metà giugno quando il personale amministrativo dell’importante ospedale milanese insisteva nell’impossibilità di farlo accedere per assenza di documenti di identità. 

Gli impiegati richiamavano un cartello appeso sulla parete, tradotto anche in arabo e inglese, nel quale espressamente si specificava l’obbligo di essere in possesso, per chiunque volesse accedere al pronto soccorso, di un documento identificativo tra quelli elencati e, con riferimento agli stranieri, di un passaporto di uno stato estero o di un documento di identità nazionale estero valido sulla base degli accordi bilaterali tra Stato italiano e paesi esteri. 

Il cartello aggiungeva che il personale amministrativo allo sportello riveste il ruolo di incaricato di pubblico servizio e che il “rifiuto di esibire un documento di riconoscimento comporta l’intervento delle forze dell’ordine”.

L’accompagnatrice di Lamine, intuendo l’ingiustizia di quelle indicazioni, insisteva perché Lamine potesse ricevere le cure ma gli impiegati continuavano nel richiedergli di esibire un qualunque documento, anche in fotocopia, e che in assenza avrebbero dovuto chiamare le forze dell’ordine.

Così in un tira e molla durato circa un’ora e mezza, l’educatrice recuperava via WhatsApp, dall’avvocato del cittadino straniero, della documentazione attestante una richiesta di protezione internazionale avanzata da Lamine, che sebbene non ancora formalizzata veniva ritenuta sufficiente dagli addetti per consentirgli l’ingresso al pronto soccorso.

Quanto successo a Lamine ha dell’incredibile se si pensa che la norma che riconosce il diritto allo straniero irregolare di accedere alle cure ambulatoriali urgenti senza per questo essere segnalato alle forze dell’ordine è in vigore dal 1998, cioè da ben ventisette anni.

L’articolo 35 comma 3 del decreto legislativo 286/98 (Testo unico immigrazione) sancisce, infatti, che “ai cittadini stranieri non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno, sono assicurate nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della tutela della salute individuale e collettiva”. La norma successivamente elenca alcuni ambiti garantiti a parità di trattamento con i cittadini italiani come la tutela sociale della gravidanza e della maternità, la tutela della salute del minore, le vaccinazioni, gli interventi di profilassi internazionale nonché la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive.

Il comma 5 del medesimo articolo puntualizza una disposizione di grande importanza e civiltà, ovvero che “l’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”. 

Tranne, dunque, che nei casi in cui il curante debba refertare all’autorità giudiziaria (cioè in quei casi che presentino i caratteri di un delitto per cui si debba procedere d’ufficio e qualora la persona possa qualificarsi come vittima, come recita l’art. 365 codice penale), è fatto espresso divieto di segnalare lo straniero sprovvisto di documenti all’autorità, di pubblica sicurezza o giudiziaria. 

La ratio di detta disposizione va ravvisata nell’esigenza di tutelare la saluta collettiva, scongiurando il rischio che lo straniero irregolare non si faccia curare per paura di essere segnalato ed espulso. 

Tra le esigenze di controllo dei flussi migratori e la tutela della salute collettiva (ed individuale) il legislatore ha, pertanto, operato un netto bilanciamento a favore di quest’ultima.

Il regolamento di attuazione del Testo unico immigrazione, il d.P.R. 394/99 e successive modifiche, all’articolo 43 (Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio Sanitario Nazionale) detta le norme applicative a garanzia del diritto alle cure, introducendo il codice regionale (ma valido su tutto il territorio nazionale) a sigla STP (straniero temporaneamente presente) che serve a identificare  l’assistito per tutte le prestazioni di cui all’articolo 35 comma 3 Testo unico immigrazione. 

La circolare del Ministero della salute n. 5/2000, ancora in vigore, dettaglia ulteriori aspetti applicativi della procedura, come la durata del codice STP (sei mesi rinnovabili) e le ulteriori ipotesi in cui lo stesso debba essere attivato, e cioè l’ambito della cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza (d.P.R. 309/90 e successive modifiche) nonché in materia di medicina penitenziaria. Detta circolare chiarisce che per cure urgenti “si intendono le cure che non possono essere differite senza pericolo per la vita o danno per la salute della persona”; per cure essenziali “le prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, relative a patologie non pericolose nell’immediato o nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita (complicanze, cronicizzazioni o aggravamenti)”. Si ribadisce, infine, che la legge ha affermato il “principio della continuità delle cure urgenti ed essenziali, nel senso di assicurare all’infermo il ciclo terapeutico e riabilitativo completo riguardo alla possibile risoluzione dell’evento morboso”.

L’esistenza di questo impianto normativo e dello strumento del codice STP avrebbe, pertanto, essere ampiamente noto all’ospedale Niguarda che sul proprio sito internet riportava correttamente quanto sopra mentre dava indicazioni – anche al suo personale – diametralmente opposte presso l’accettazione del pronto soccorso, minacciando l’intervento delle forze dell’ordine in caso di assenza di documenti in capo allo straniero.

Nel 2009, in sede di conversione di uno dei decreti-legge sicurezza (c.d. Maroni), alcune forze politiche tentarono di modificare la norma, ribaltandone l’impostazione, per consentire la segnalazione dello straniero (si sosteneva per dare ‘coerenza’ all’ordinamento giuridico a seguito dell’introduzione nell’ordinamento del c.d. reato di clandestinità, ancora oggi in vigore). Tuttavia, grazie alla mobilitazione di medici, infermieri e di ampi settori della società civile, con la campagna “stop ai medici spia”, si riuscì a evitare le modifiche, palesemente incostituzionali. Con circolare n. 12/2009 il Ministero dell’interno ribadiva, infine, il divieto di segnalazione da parte dei medici e del personale delle strutture sanitarie nei confronti dei migranti irregolari anche dopo le nuove disposizioni introdotte con legge 94/2009 (ed anche con riferimento all’ipotesi dell’obbligo di referto che si specifica va escluso qualora esponga l’assistito a procedimento penale).

Dal 2009 al cartello del Niguarda non si era avuta notizia di una così plateale violazione della normativa ed è solo grazie al coraggio di Lamine e della sua educatrice che oggi il nuovo cartello recita: “Gli stranieri extra Ue non in possesso di una copertura sanitaria pubblica o privata e non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno sono invitati a mostrare il codice STP. Nel caso in cui non fossero in possesso del codice potrà essere richiesto a questo stesso Sportello. Le cure sono comunque garantite ad ogni utente che si rivolge al Pronto Soccorso”.

Supportaci

Difendiamo la Costituzione, i diritti e la democrazia, puoi unirti a noi, basta un piccolo contributo

Promuoviamo le ragioni del buon governo, la laicità dello Stato e l’efficacia e la correttezza dell’agire pubblico

Leggi anche

Newsletter

Eventi, link e articoli per una cittadinanza attiva e consapevole direttamente nella tua casella di posta.

×