Diffida formale al governo: non rinnovi il Memorandum d’Intesa con Israele

23 Maggio 2025

Memorandum d’Intesa in materia di cooperazione militare e della difesa con Israele. Dieci giuristi italiani hanno firmato il 21 Maggio 2025 una Diffida formale al Governo (riportata qui integralmente), richiamando l’obbligo di rispettare i principi costituzionali e i trattati internazionali.

L’8 giugno 2025 il Governo italiano rinnoverà tacitamente il Memorandum d’Intesa in materia di cooperazione militare e della difesa con Israele.
Questo avverrà nonostante la gravissima situazione attualmente in corso a Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est, oltre a:

•⁠ ⁠il procedimento in corso alla Corte Internazionale di Giustizia, che ha riconosciuto la plausibilità del genocidio in atto contro il popolo palestinese;
•⁠ ⁠il parere della stessa Corte (luglio 2024) che ha dichiarato illegale l’occupazione israeliana del territorio palestinese e ne ha ordinato lo smantellamento entro il 17 settembre 2025;
•⁠ ⁠i mandati di arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale (novembre 2024) nei confronti del primo ministro israeliano Netanyahu e l’ex ministro della difesa Gallant per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Il rinnovo di questo accordo rappresenta una conferma del sostegno italiano alla macchina bellica israeliana, che ha raso al suolo la Striscia di Gaza, causando solo a Gaza oltre 60.000 vittime palestinesi negli ultimi due anni, tra cui 18.000 bambini, e che continua ad annettere territorio occupato in Cisgiordania, sfollandone gli abitanti.

⚖️

Diffida formale al Governo – testo

ATTO DI SIGNIFICAZIONE CON CONTESTUALE DIFFIDA AD ADEMPIERE PER DOVERE DI FEDELTÀ ALLA COSTITUZIONE

I sottoscritti:

CARDUCCI Michele 

DINI Veronica 

GALLO Domenico 

GIANNANGELI Ugo 

MARCELLI Fabio

PACCIONE Luigi 

SALERNI Arturo 

SALTALAMACCHIA Luca

VITALE Gianluca

tutti rappresentati ai soli fini del presente atto dall’Avvocato Luigi Paccione, in forza di deleghe sottoscritte da ognuno di essi e allegate ai piedi della presente diffida, ed elettivamente domiciliati presso lo studio del detto procuratore, in Bari alla Via Quintino Sella civico 120, nonché, ove occorra, all’indirizzo PEC: luigi.paccione@legalmail.it risultante dal Registro Generale degli Indirizzi Elettronici [RegIndE] gestito dal Ministero della Giustizia,

agendo in nome

della Costituzione italiana, della CEDU e dei Trattati della UE, nonché della “Carta internazionale dei diritti dell’uomo” dell’ONU e della “Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani”, adottata con Risoluzione n. 53/144 dell’Assemblea generale ONU nel 1999,

premettono quanto segue:

1. Il 16 giugno 2003, è stato sottoscritto a Parigi il Memorandum d’intesa (d’ora in poi Memorandum) «tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato di Israele in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa».

2. Il Memorandum è stato ratificato dalla legge n. 94 del 17 maggio 2005, entrata in vigore l’8 giugno 2005, contenente anche l’ordine di esecuzione.

3. Come si legge dalla “Relazione tecnica” allegata al disegno di legge di ratifica dello stesso, comunicato alla Presidenza del Senato della Repubblica il 28 ottobre 2004 (atto n. 3181), l’attuazione del Memorandum «comporta oneri per il bilancio dello Stato» (dunque dei cittadini).

4. Il Memorandum contempla il periodico rinnovo tacito quinquennale, ove non intervenga denuncia scritta, notificata da una delle parti all’altra, prima della scadenza del quinquennio.

5. In caso di denuncia, il Memorandum cessa di avere efficacia al sesto mese successivo alla sua notifica.

6. Per il procedimento amministrativo di denuncia del Memorandum, si seguono le regole di procedura disciplinate dalla Segreteria Generale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (d’ora in poi, MAECI), formalizzate in apposita Circolare, di cui l’ultima, in ordine di vigenza, è la n. 1 del 24 aprile 2025 (prot. A/XII/4), con allegate FAQ per la sua applicazione da parte degli Uffici competenti.

7. Ad oggi, il Memorandum non è mai stato denunciato da nessuna delle due parti.

8. Il Memorandum abilita a una serie di attività non tutte conoscibili dai cittadini italiani, in ragione del fatto di contenere informazioni riservate e addirittura coperte da segreto militare, il che fa supporre, proprio in virtù del segreto, che lo stesso consista in scambi di informazioni (tecniche o politiche) con finalità non civili, bensì, come minimo, di difesa se non di strategia geopolitica o di conflitto.

9. Di fatto, il Memorandum è rimasto in vigore in tutti questi anni, senza consentire ai cittadini italiani di conoscere, anche solo sommariamente, non solo le ragioni e le finalità del suo utilizzo da parte degli Stati contraenti, ma soprattutto la sua effettiva applicazione negli scenari reali di impiego, per esempio se riferiti al territorio italiano oppure a quello dello Stato israeliano o addirittura nel c.d. PTO (“Palestinian Territories Occupied” – “Territorio Palestinese Occupato”), su cui, com’è noto, pende una pluridecennale strutturale violazione, da parte dello Stato di Israele, del diritto internazionale e umanitario.

10. In particolare, la riservatezza del Memorandum impedisce ai cittadini italiani (nella loro qualità di popolo sovrano che opera «nelle forme e nei limiti della Costituzione stessa», per ossequio all’art. 1 Cost.) di conoscerne il suo impiego in conformità o meno tanto con l’art. 1 della legge n. 185/1990 quanto, soprattutto, con la Costituzione italiana e, dunque, con gli artt. 1, 2, 3, 10, 11, 28, 54, 117, comma 1, Cost., violando, a tutti gli effetti, sia il diritto all’informazione, costituzionalmente protetto all’art. 21 Cost., quanto il diritto umano alla pace, presidiato dall’art. 10 Cost. nel combinato con l’art. 28 della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, il quale riconosce che «ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possono essere pienamente realizzati», in coerenza, tra l’altro, con lo Statuto delle Nazioni Unite, dove, com’è noto innovando il precedente diritto internazionale, si attribuisce ai «popoli» (non certo agli Stati) la decisione di «salvare le future generazioni dal flagello della guerra» e, in Italia, il “popolo”, come altrettanto noto, si identifica nei cittadini e vive attraverso i diritti e doveri dei singoli cittadini della Repubblica, ai sensi degli artt. 1, 2, 3 e 54 della Costituzione.

*

Prima incostituzionalità da denunciare sull’applicazione trascorsa del Memorandum

11. L’applicazione del Memorandum ha operato, sino ad oggi, in uno stato permanente di violazione della Costituzione, impedendo ai cittadini italiani, nonostante gli oneri a carico del bilancio dello Stato, di essere informati sul suo utilizzo (e sui costi del suo utilizzo) in conformità con l’art. 1 della legge n. 85/1990, con conseguente violazione del diritto all’informazione ex art. 21 Cost, e del diritto umano alla pace, nel combinato disposto degli artt. 1, 2, 3, 10, 11, 28, 54 e 117, comma 1, della Costituzione italiana.

12. Valgano, a conferma dello stato permanente di incostituzionalità, i seguenti riscontri:

a. il primo rinnovo del suddetto Memorandum ha di fatto coinciso con l’operazione denominata “Piombo fuso”, che ha provocato oltre 1400 vittime palestinesi nonché migliaia di feriti a Gaza (cfr. Report of the United Nations Fact-Finding Mission on the Gaza Conflict A/HRC/12/48, nonché Amnesty International, Israel/Gaza: Operation “Cast Lead”: 22 days of death and destruction, 2009);

b. il secondo rinnovo di fatto ha coinciso con l’evento denominato “Margine protettivo”, che ha provocato oltre 2200 vittime palestinesi (di cui 547 bambini) oltre migliaia di feriti a Gaza (cfr. UN Report of the independent commission of
inquiry established pursuant to Human Rights Council
resolution
S-21/1, la Risoluzione A/HRC/RES/S-21/1, i Rapporti del Consiglio dei diritti umani dell’ONU A/HRC/RES/29/25 e A/HRC/29/52), quando, poco tempo prima era già circolata la notizia della consegna dei primi dei 30 aerei M346 prodotti dalla Alenia Aermacchi (oggi confluita nel gruppo Leonardo SpA) con contratto stipulato nel 2012 (in coincidenza con altro evento denominato “Pilastro di difesa”, che ha provocato oltre 170 vittime nonché migliaia di feriti a Gaza) (cfr. Report of the United Nations High Commissioner for Human Rights on the implementation of Human Rights Council resolutions S-9/1 and S-12/1 https://docs.un.org/en/A/HRC/22/35 A/HRC/22/35/Add.1 nonché Amnesty International, Israele/Gaza: un anno dopo l’operazione ‘Pilastro di difesa’, l’incubo continua, 2013);

c. Il terzo rinnovo ha coinciso con l’operazione effettuata dall’esercito israeliano durante la “Grande marcia del ritorno”, che ha provocato oltre 230 vittime nonché 33.000 feriti. (secondo Assopace del 27 novembre 2020), nonostante tale “Grande marcia del ritorno”, una delle più grandi manifestazioni pacifiste e pacifiche della storia, svoltasi ogni venerdì dal 30 marzo 2018 per 86 settimane, rivendicasse semplicemente il diritto al ritorno dei profughi, in conformità col diritto sancito dalla Risoluzione ONU n. 194 del 1948 (cfr. Report of the independent international commission of inquiry on the protests in the Occupied Palestinian Territory A/HRC/40/74).

*

Seconda incostituzionalità da denunciare sull’applicazione odierna del Memorandum

13. Adesso, il quarto rinnovo del Memorandum rischierebbe di coincidere non più semplicemente con uno stato permanente di incostituzionalità interna, ma addirittura con una palese, deliberata violazione, sistematica e intersezionale, del diritto internazionale generale, del diritto internazionale pattizio e del diritto umanitario.

14. Giova, in merito, formulare alcune precisazioni.

L’occupazione israeliana nel PTO non costituisce soltanto una violazione del diritto internazionale umanitario (ius in bello), ma rappresenta una vera e propria minaccia alla pace, in violazione dello ius ad bellum, sancito dalla Carta delle Nazioni Unite.

Di conseguenza, essa si pone in palese contrasto tanto con il diritto internazionale pattizio, cui l’Italia si subordina ai sensi degli artt. 10 e 117, comma 1, Cost, (per esempio in materia di riconoscimento dei diritti umani per qualsiasi persona in coerenza con gli artt. 2 e 3 Cost.), quanto con il “ripudio” della guerra, di cui all’art. 11 Cost., e con il diritto internazionale generale, di cui all’art. 10 Cost.

15. Inoltre, costituisce fatto notorio il contesto in cui sta operando, da circa due anni, lo Stato di Israele.

16. Si tratta di un contesto di distruzione, morte e costante mortificazione della dignità della persona umana, se solo si constata che per esso si contano già 60.000 vittime accertate (se non addirittura il triplo, stando alle stime elaborate dalla rivista The Lancet in Counting the dead in Gaza: difficult but essential, vol. 404, 2024), di cui 18.000 bambini, nonché 115.000 feriti (con 60.000 bambini a rischio morte per malnutrizione o malattie e 1055 bambini in stato di detenzione o restrizione della libertà personale in Cisgiordania).

17. Siffatto contesto di distruzione, morte e costante mortificazione della dignità della persona umana è stato accertato da diverse Autorità competenti, e inquadrato nelle sue conseguenze di legittimità per il diritto internazionale e non solo per il diritto umanitario.

18. Il diritto umanitario, infatti, regola la condotta dei conflitti, ma non stabilisce se un’occupazione sia legittima né quando debba cessare. La Corte Internazionale di Giustizia (d’ora in poi, CIG) ha chiarito, negli atti citati infra, che quella israeliana non è un’occupazione “ordinaria”, celando – neanche troppo, dopo le ultime dichiarazioni ufficiali dei rappresentanti dello Stato di Israele – un progetto di annessione territoriale tramite l’uso della forza, dunque con un abuso strutturale di strumenti, conoscenze e servizi di varia natura ed entità (militare, di intelligence, di know-how, di impianti e infrastrutture ecc…), finalizzati a perpetuare un fatto illecito e incrementare atti illeciti di aggressione, in violazione pure dello “Statuto di Roma”, al quale l’Italia aderisce.

19. Su tali fonti e Autorità ONU, come sui contenuti di inquadramento giuridico, lo Stato italiano non ha mai formulato alcuna ufficiale dichiarazione o formalizzazione di dissenso, presa di distanza o rettifica di qualificazione dei fatti.

20. Di conseguenza, lo Stato italiano ha prestato acquiescenza sulle determinazioni delle Autorità competenti ONU, quanto meno sui fatti, dalle stesse inquadrati, e sulle qualificazioni giuridiche formulate.

21. Tra l’altro, fatti, inquadramenti e qualificazioni formulate sono pure di notorio dominio pubblico, consistendo nelle seguenti evidenze:

a. Ordinanza, emessa il 26 gennaio 2024 dalla CIG nel procedimento “South Africa v. Israel”, ravvisante, nelle condotte dello Stato di Israele, gli estremi del crimine di genocidio;

b. Ricorso, attivato il 1° marzo 2024 dal Nicaragua contro la Germania sempre dinanzi alla CIG, motivato da presunte gravi violazioni di norme di diritto internazionale, sia convenzionale che consuetudinario, in atto nel PTO, in particolare nella striscia di Gaza;

c. Parere, sempre della CIG, del 19 luglio 2024, dove, nel riconfermare la già accertata (col precedente Parere intitolato “Conseguenze legali della costruzione del muro nei territori palestinesi occupati”) illegittimità di diritto internazionale della c.d. colonizzazione israeliana,  si inquadrano le conseguenze giuridiche, di siffatta illegalità israeliana, per le condotte in buona fede degli altri Stati aderenti all’ONU, chiarendo che «gli obblighi violati da Israele includono taluni obblighi erga omnes … [sicché tutti gli Stati] hanno l’obbligo di non prestare aiuto o assistenza per mantenere la situazione creata dalla presenza illegale di Israele nei Territori Palestinesi Occupati… [e] tutti gli Stati parte della Quarta Convenzione di Ginevra hanno l’obbligo, nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale, di assicurare il rispetto da parte di Israele del diritto internazionale umanitario sancito da tale Convenzione» (traduzione nostra);

d. Risoluzione del 13-19 settembre 2024, con cui l’Assemblea Generale dell’ONU ha fatto proprio il suddetto Parere della CIG, confermando definitivamente l’obbligo di tutti gli Stati di astenersi, per buona fede, dal fornire allo Stato di Israele qualsiasi forma di cooperazione, comportante il consenso esplicito o concorso fattuale all’utilizzo di conoscenze, tecniche, metodi, strumenti, servizi, beni (a partire dalla fornitura di armi), comunque funzionali a perpetuare le illegittimità, accertate dalla CIG, e, per l’effetto, favorire l’offensività delle condotte materiali dello Stato di Israele;

e. Ordine di arresto della Corte penale internazionale, emesso il 21 novembre 2024 nei confronti del Presidente israeliano Netanyahu e del Ministro Gallant, per accertandi crimini di guerra e contro l’umanità.

22. In sintesi, l’anno 2024 rappresenta un punto di svolta nella qualificazione giuridica della condotta illecita permanente dello Stato di Israele, con conseguenze rilevatissime con riguardo agli obblighi costituzionali dello Stato italiano, ai sensi degli artt. 1, 2, 3, 10, 11, 21, 28, 54, 117, comma 1, Cost.

23. In particolare, il punto di svolta è dato:

– dal citato Parere CIG del 19 luglio 2024, relativo alle conseguenze giuridiche derivanti dalle politiche e pratiche di Israele nel PTO, compresa Gerusalemme Est,

– dalle misure provvisorie, impartite dalla CIG nel citato caso “South Africa v. Israel”, ravvisante, come accennato, gli estremi del crimine di genocidio,

– dal procedimento pendente “Nicaragua c. Germania”.

24. Il parere CIG di luglio impone giuridicamente un superamento del precedente approccio ristretto, incentrato su singoli comportamenti israeliani — come l’impatto degli insediamenti — a favore di un’attenzione al problema più ampio dell’illegalità della stessa presenza di Israele nel PTO, considerata una questione generale e grave, implicante crimini internazionali.

25. Infatti, la CIG ha dichiarato che la presenza prolungata di Israele in tutto il territorio palestinese occupato dal 1967, incluso il suo regime coloniale – composto da presenza militare, insediamenti, infrastrutture associate, controllo delle risorse naturali palestinesi – è illegittima nella sua interezza, in quanto fondata su violazioni persistenti di due norme imperative del diritto internazionale: il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese e il divieto di acquisizione di territorio con la forza a fini di annessione (cfr. Report of the Special Rapporteur on the situation of human rights in the Palestinian Territories Occupied since 1967, 1 ottobre 2024). La Corte ha inoltre accertato la violazione della norma inderogabile che proibisce la segregazione razziale e l’apartheid (paragrafi 223-229 del Parere).

26. La constatazione della CIG sulla violazione del divieto dell’uso della forza qualifica l’occupazione, a tutti gli effetti, come atto di aggressione.

27. Di conseguenza, qualsiasi attività che supporti o mantenga l’occupazione e il suo apparato può configurare complicità in un crimine internazionale ai sensi dello Statuto di Roma, all’art. 8-bis.

28. Questo dato di fatto rende inequivocabilmente illegittima l’intera presenza e condotta israeliana nel PTO. In altri termini, sebbene Israele, in quanto potenza occupante di fatto, rimanga vincolata dal diritto internazionale umanitario, l’insieme delle sue attività amministrative e militari in quei territori — dal controllo dei visti, permessi e movimenti, alla detenzione e alla regolazione economica — difetta di qualsiasi base legale secondo il diritto internazionale e deve essere considerato nullo e privo di effetto giuridico.

29. Inoltre, la violazione del diritto all’autodeterminazione compromette anche l’interpretazione di tutti gli altri diritti umani e obblighi giuridici derivanti da esso. Si tratta, infatti, del diritto più fondamentale e costitutivo dell’esistenza di ogni popolo, poiché riguarda la capacità intrinseca di un popolo di esistere e autodeterminarsi in un dato territorio, libero da controllo straniero e occupazione.  Senza questo diritto, un popolo non può esercitare alcun controllo sulla propria vita e sulle proprie risorse, anche se quel territorio è riconosciuto come di sua appartenenza dal diritto internazionale. In tale prospettiva, l’autodeterminazione riflette il diritto umano alla pace sia come comunità di persone sia come singola persona umana, ai sensi dell’art. 28 della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, la quale statuisce che «ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possono essere pienamente realizzati».

30. Nella vicenda del popolo palestinese, tenuto conto della frammentazione e dello smembramento sistematico causato da Israele tramite occupazione e trasferimenti forzati, tale diritto si applica all’insieme del popolo palestinese, di cui quasi sei milioni vivono sotto occupazione israeliana. Il riconoscimento da parte della CIG della negazione dell’autodeterminazione esterna evidenzia un sistema deliberatamente consegnato per negare l’esistenza di un popolo: il che implica, come conseguenza, l’incapacità strutturale di quel sistema di garantire in modo significativo qualsiasi altro diritto umano alle singole persone di quel popolo.

31. Pertanto, è stato stabilito che l’occupazione israeliana deve essere ritirata totalmente e incondizionatamente entro il 17 settembre 2025 (A/RES/ES-10/24 – 18 September 2024 -, paragrafo 2). Fino a quel momento, non deve esservi alcun riconoscimento, assistenza o sostegno, che possa contribuire, anche indirettamente, al mantenimento del fatto illecito e alla prosecuzione degli atti illeciti accertati.

32. È per tale motivo che gli altri Stati sono obbligati a rivedere e astenersi da qualsiasi accordo economico o commerciale, e devono intraprendere misure per impedire relazioni commerciali o d’investimento che contribuiscano al mantenimento della situazione illegale creata da Israele nel PTO (cfr. paragrafo 278 del Parere).

33. Per quanto riguarda, invece, le misure provvisorie, impartite dalla CIG, il 26 gennaio 2024, nel citato caso “South Africa v. Israel”, è da constatare che esse sono state adottate in ragione del “rischio serio” che gli atti commessi a Gaza possano costituire genocidio, imponendo allo Stato israeliano di “prevenire” tali atti genocidari contro i palestinesi (cfr. Application of the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide in the Gaza Strip (South Africa v. Israel), Order, 26 January 2024, I.C.J. Reports 2024, paragrafo 86 (1)).

34. Nel maggio 2024, rilevando che l’effetto cumulativo delle ostilità in corso e della privazione dei servizi essenziali aveva accresciuto il rischio di un “danno irreparabile” al diritto dei palestinesi a non essere sottoposti a genocidio, la CIG ha poi ordinato a Israele di “interrompere immediatamente” le operazioni militari potenzialmente miranti alla distruzione del popolo palestinese (cfr. Application of the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide in the Gaza Strip (South Africa v. Israel), Request for the Modification of the Order of 28 March 2024, Order, 24 May 2024, I.C.J. Reports 2024, paragrafi 29 e 57 (2) (a)).

35. Nel procedimento separato “Nicaragua c. Germania, la CIG ha ribadito gli obblighi internazionali degli Stati, relativi al trasferimento di armi alle parti coinvolte in un conflitto armato, al fine di evitare il rischio del loro utilizzo in violazione del diritto internazionale (Alleged Breaches of Certain International Obligations in Respect of the Occupied Palestinian Territory (Nicaragua v. Germany), Order, 30 April 2024, I.C.J. Reports 2024, paragrafi. 22–24, nonché Legal Consequences Arising from the Policies and Practices of Israel in the Occupied Palestinian Territory, including East Jerusalem, Advisory Opinion, 19 July 2024, I.C.J. Reports 2024, paragrafo 285 (7).

36. Di conseguenza, la buona fede dello Stato, nell’essere coerentemente conseguente con quanto emerso dagli accertamenti fattuali e qualificazioni giuridiche delle Autorità competenti citate, non insorge, come obbligo di condotta materiale, solo ed esclusivamente sul piano internazionale, e delle relative fonti che lo regolano, ma assume precipuo rilievo di diritto costituzionale interno, declinandosi in dovere di fedeltà alla Costituzione, ai sensi dell’art. 54 Cost., e obbligo di buona fede nei rapporti con i cittadini, ai sensi dell’art. 1,  comma 2-bis, della legge n. 241/1990, secondo cui, in conformità con il citato art. 54 Cost., «i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai principi della collaborazione e della buona fede».

37. Di qui, dunque, la manifesta illegittimità costituzionale del rinnovo del Memorandum in questione, per violazione, immediata e diretta, sia delle fonti del diritto internazionale, così come inquadrate dalla CIG e dagli organi internazionali, in nome del diritto umanitario e della pace, sia della Costituzione, nello specifico degli artt. 1, 2, 3, 10, 11, 21, 28, 54, 117, comma 1, Cost., che conferiscono legittimità di diritto interno a quelle fonti internazionali e alle Autorità ONU, in nome del primato della dignità della persona umana e del diritto umano alla pace.

*

Conseguenze delle due illegittimità costituzionali riscontrabili, a seguito del rinnovo del Memorandum, per violazione degli artt. 1, 2, 3, 10, 11, 21, 28, 54, e 117, c. 1, Cost.

38. Non è revocabile in dubbio che la sovranità dello Stato italiano, tanto esterna quanto interna, appartenga al popolo ai sensi dell’art. 1 Cost., sicché spetta al popolo, dunque ai cittadini, esercitarla «nelle forme e nei limiti della Costituzione stessa» e limitata ai sensi dell’art. 11 Cost.

39. Neppure dubitabile è la constatazione che il dovere di agire, nella fedeltà costituzionale richiesta dall’art. 54 Cost., investa tutti gli organi e funzionari (ex art. 28) e cittadini della Repubblica italiana.

40. Ovviamente non è neppure dubitabile che su tutti i soggetti e organi della Repubblica incomba altresì il dovere di informare, nello speculare riconoscimento del diritto a essere informati, ai sensi dell’art. 21 Cost.

41. E non è altrettanto dubitabile che l’art. 28 Cost. si applichi allo Stato ente come anche ai suoi organi e funzionari, nei loro atti e nelle loro condotte materiali.

42. Infine, manifestamente ovvio è che Stato apparato, da un lato e ai sensi dell’54 Cost. e nella responsabilità che gli attribuisce l’art. 28 Cost., e cittadini, dall’altro e ai sensi dell’art 54 Cost. ma nella sovranità che può esercitare «nelle forme e nei limiti della Costituzione stessa» richiesti dall’art. 1 Cost., debbano rispettare qualsiasi persona umana, come richiesto dagli artt. 2 e 3 Cost., e debbano altresì agire nel rispetto delle fonti e della loro gerarchia, disegnata dagli artt. 10, 11 e 117, comma 1, Cost.

43. Da questo quadro costituzionale e internazionale, manifestamente non contestabile, deriva l’inammissibilità e incostituzionalità del rinnovo del Memorandum, ripugnante all’identità costituzionale stessa dell’Italia, che «ripudia la guerra» e la cui sovranità appartiene al popolo, che ha il diritto di essere informato sul suo utilizzo, e non allo Stato, che ha invece l’obbligo di conformarsi alle Autorità ONU, per limitazione ex art. 11 Cost., e di informare sul rispetto del diritto umanitario da parte propria e dello Stato di Israele, in conformità con l’art. 21 Cost. (che non contempla limiti in materia).

44. L’ulteriore rinnovo tacito del Memorandum costituisce atto deliberato di volontaria negazione, da parte gli uffici e degli organi competenti, dell’obbligo di fedeltà alla Costituzione e del conseguente rispetto del suddetto quadro costituzionale e internazionale.

45. La negazione della fedeltà alla Costituzione e del rispetto del quadro costituzionale e internazionale comporta una serie di diversificate responsabilità, ai sensi degli artt. 10, 11, 28 e 117, comma 1, della Costituzione.

46. Sul piano del diritto internazionale e umanitario, l’eventuale rinnovo tacito del Memorandum configurerebbe, a tutti gli effetti, una violazione del principio di buona fede nell’adempimento degli obblighi internazionali e umanitari da parte dello Stato, come indentificati dalla CIG e dall’Assemblea Generale dell’ONU.

47. Inoltre, sempre sul piano del diritto internazionale e umanitario, la prosecuzione della cooperazione con lo Stato di Israele, in costanza di un possibile genocidio sotto accertamento e in pendenza di specifici mandati di arresto, potrebbe configurare ipotesi di concorso o comunque appoggio ai crimini internazionali di uno Stato straniero, appoggio difficilmente giustificabile in nome dei cittadini italiani, cui appartiene per Costituzione la sovranità popolare.

48. E le violazioni del diritto internazionale e umanitario sono giustiziabili in diverse forme e modalità, consentite dalla comunità internazionale.

49. Sul piano, invece, del diritto internazionale convenzionale europeo, il tacito rinnovo del Memorandum consumerebbe una violazione della Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU), anch’essa giustiziabile nelle forme e nei modi consentiti.

50. Nel contesto del diritto unionale della UE, poi, il tacito rinnovo del Memorandum significherebbe sia diretta violazione dei Trattati istitutivi in diverse loro disposizioni, tanto del TFUE quanto del TUE, sia illegittima disapplicazione delle normative derivate di settore, che impongono responsabilità in nome dei principi di leale collaborazione e buona fede.

51. Ovviamente anche la violazione del diritto unionale UE è giustiziabile.

52. Infine, al cospetto della Costituzione e delle leggi dello Stato, il tacito rinnovo del Memorandum comporterebbe diverse violazioni tutte giustiziabili, perché non coperte né da immunità giurisdizionali, in ragione del contenuto umanitario delle ragioni giustificative della denuncia, né da c.d. “atti politici”, trattandosi, viceversa, di adempimenti dovuti e necessari per “rime obbligate” con l’art. 54 Cost., anche perché non attribuibili, in via esclusiva e originaria, ai soli organi di vertice politico, come si desume dalle citate Circolari del MAECI in tema, dunque coinvolgenti plurime imputazioni di responsabilità, nei termini dell’art. 28 Cost.

53. In particolare, il tacito rinnovo del Memorandum provocherebbe persino l’illegittimità costituzionale consequenziale sia della legge di sua ratifica (la cit. n. 94/2005), per correlazione con un contenuto (quello del Memorandum rinnovato) contrastante con la Costituzione e con il diritto internazionale e umanitario, sia dall’art. 1 della legge n. 185/1990, perché non abrogata dalla l. n. 94/2005 (cfr., ex multis, Corte cost. n. 238/2014, Corte di Cass. SS.UU. n. 5044/2004, n. 36373/2021, n. 15601/2023).

54. Inoltre, poiché le disposizioni del Memorandum, attivando la cooperazione nei settori dell’industria della difesa, legittimano l’importazione, esportazione e il transito di materiali militari e di difesa, nonché la formazione e l’addestramento, esse operano comunque in palese violazione del disposto e della ratio dell’art. 1, comma 6, della l. n. 185/1990.

55. Infine, dopo le richiamate novità del 2024, non possono essere sottovalutate neppure le implicazioni penali di un tacito rinnovo del Memorandum. Il rinnovo, infatti, porterebbe a far insorgere, non inverosimilmente in virtù degli artt. 28, 54, 93, 95 e 96 Cost., una condotta concorsuale ex art. 110 c.p., rispetto a diverse fattispecie contemplate dall’ordinamento italiano: da quella dell’art. 1 della l. n. 962/1967 a quella dell’art. 285 c.p., a nulla rilevando il fatto che la condotta materiale tipica si realizzi nel TPO, atteso che quella concorsuale troverebbe comunque consumazione in Italia, né potendosi men che mai invocare la dottrina del c.d. “atto politico”, in quanto non riconducibile né alle ipotesi dell’art. 51 c.p. né alle disposizioni della Costituzione.

*

Tutto ciò premesso, documentato e argomentato, come parte integrante e costitutiva del presente atto,

i sottoscritti

diffidano

il Ministero della Difesa e il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, nelle persone dei loro titolari p.t., nonché i titolari dagli Uffici competenti del MAECI, per come individuati dalla cit. Circolare della Segreteria Generale dello stesso MAECI (n. 1/2025)

– ad attivare il procedimento di denuncia del Memorandum «tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato di Israele in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa», ratificato dalla legge n. 94/2005,

– a informare i sottoscritti dell’avvenuto avvio del procedimento entro sessanta giorni dalla notifica della presente diffida

– a informare i sottoscritti, nello stesso termine di sessanta giorni dalla notifica della presente diffida, sui nominativi dei responsabili dei procedimenti di avvio della denuncia, in conformità con la citata Circolare MAECI n. 1/2025 e le altre disposizioni applicabili,

– in caso contrario, a informare i sottoscritti, nello stesso termine di sessanta giorni dalla notifica della presente diffida, le ragioni di fondamento costituzionale, a giustificazione del riconfermato rinnovo tacito del suddetto Memorandum.

avvertono

che, in caso di silenzio inadempimento, si procederà per le vie legali consentite.

data di invio via PEC

Elenco dei sottoscrittori e documenti allegati

Supportaci

Difendiamo la Costituzione, i diritti e la democrazia, puoi unirti a noi, basta un piccolo contributo

Promuoviamo le ragioni del buon governo, la laicità dello Stato e l’efficacia e la correttezza dell’agire pubblico

Newsletter

Eventi, link e articoli per una cittadinanza attiva e consapevole direttamente nella tua casella di posta.

×